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martedì 29 aprile 2025

A dispetto della dittatura fascista - Gian Luigi Bettoli

Gian Luigi Bettoli, presidente di Legacoopsociali del Friuli Venezia Giulia e storico, si occupa da anni di indagare le dinamiche che hanno portato a formare il movimento operaio nella nostra regione oltre alle esperienze di cooperazione sociale che ne sono scaturite. Non fa eccezione il suo ultimo lavoro “A dispetto della dittatura fascista” (Olmis) che costituisce una sorta di trilogia con i precedenti “Una terra amara” e “Il volto nascosto dello sviluppo”. Il sottotitolo dell' opera (“La lunga resistenza di un movimento operaio di frontiera: il Friuli dal primo al secondo dopoguerra) chiarisce meglio qual è l'orizzonte di ricerca di Bettoli che si avvale di due padri nobili: Teresina Degan, che già dagli anni '50 indagò, essendone testimone diretta, il movimento operaio novecentesco pordenonese, con speciale attenzione per il settore tessile e il Prof. Roberto Barraco che nel '73 pubblicò uno studio pionieristico sul socialismo pordenonese negli anni Venti titolato “La roccaforte del socialismo”.Cosa aggiunge, quindi, questa nuova opera di Bettoli a quanto già precedentemente pubblicato? Innanzitutto una gran mole di materiale d'archivio ma, soprattutto, un piccolo microcosmo di storie e vite personali, con dovizia di particolari e testimonianze, che rendono ancora più vivo il quadro e che ci permettono con una locuzione al dire il vero ogni tanto abusata, di ricostruire la grande storia (con la S maiuscola, composta da vicende che hanno fatto epoca) attraverso un reticolo di piccole storie personali, indispensabili per comporre il mosaico generale.

Nel caso specifico Bettoli inizia ad indagare quale fosse la situazione economica, sociale e culturale friulana dopo la prima guerra mondiale e l'avvento del Fascismo. Si vede un movimento operaio forte e coagulato attorno ai cotonifici di Torre, Rorai e Borgomeduna. Già all'inizio del secolo questo movimento e i nascenti circoli comunisti e socialisti venivano posti sotto stretta attenzione da parte delle forze dell'ordine. Con l'inizio del fascismo l'opera di repressione divenne sistematica, come risulta dai casellari giudiziari e dai rapporti dell' OVRA (Opera Vigilanza Repressione Antifascismo). Si innalzano figure importanti come l'avvocato Guido Rosso, sindaco socialista di Pordenone nel 1920 e il primo parlamentare socialista pordenonese Giuseppe Ellero. Oppure Pietro Sartor, “nato” sotto l'ala protettrice del celebre Don Lozer e poi allontanatosi dal suo primo mentore per abbracciare l'ideologia comunista. Sartor guidò nel 1921 le “barricate di Torre” contro gli squadristi. Venne condotto in carcere e durante la sua detenzione la sua abitazione venne devastata. Appena uscito di prigione fu vittima di un attentato nel quale morì Tranquillo Moras. Capita la situazione Sartor riparò dapprima in Francia e poi in Belgio dove morì in circostanze misteriose in un incidente in bicicletta. D'altronde quello della sciagura a due ruote era un motivo ricorrente per giustificare le morti degli antifascisti durante il loro esilio: si pensi a quello occors al campionissimo di ciclismo Ottavio Bottecchia, primo italiano a vincere il Tour De France nel 1924 che morì tre anni dopo in un misterioso incidente durante una seduta di allenamento a Gemona.

Bettoli indaga su tutto lo spettro dell'antifascismo, raccontandoci le storie di tutto il movimento. Non solo scocialisti e comunisti ma anche cooperatori, anarchici, popolari, cattolici e semplici persone che, pur non avendo una fede politica definita lottarono semplicemente per i loro diritti e la loro libertà. Molti, soprattutto i più deboli subirono terribili sopprusi e in vece dell'esilio vennero rinchiusi nei manicomi.

Alla fine delle oltre 400 pagine ci si ritrova più ricchi portando con sé le storie, talvolta minime di un folto gruppo di persone che ha lottato, ognuna con diverse motivazioni e modalità. La sensazione è quella che i grandi movimenti popolari sorti nel primo dopoguerra siano stati sconfitti dal Fascismo, ma non eliminati e che il dissenso fosse più ampio anche in quegli anni che De Felice chiamò “del consenso”. E molti dei protagonisti delle lotte di inizio secolo come ad esempio già citati Masutti, Rosso ed Ellero lo furono anche del movimento partigiano. In sostanza Bettoli racchiude le molteplici storie di chi, con coraggio, non ha abbassato la testa nei momenti più bui. Ma cosa è successo ai protagonisti di queste vicende dopo la sconfitta del loro nemico e la creazione della repubblica nata dalla Resistenza? Quali sono state le nuove dinamiche, i sogni e le aspettative del movimento operaio in Friuli negli anni successivi al secondo dopoguerra? Dopo la nascita di un sindacato unitario, frutto dei movimenti che contribuirono assieme alla Resistenza, i rappresentanti dei lavoratori si frammentarono in diverse sigle e correnti. Particolari e significativi furono i cosiddetti “scioperi a rovescio”, organizzati dapprima da Federmezzadri per iniziativa del suo dirigente Angelo Galante e poi anche dalla CGIL tramite il cosiddetto “Piano del Lavoro”. In sostanza le agitazioni portarono gruppi di disoccupati ad eseguire lavori di pubblica utilità autogestiti. Si realizzarono così opere di bonifica, la strada che da Sarone porta al Cansiglio e tutta la strada Pedemontana occidentale compresa quella tuttora utilizzata per salire da Budoia al Piancavallo. Tutte queste attività dapprima vennero represse ed osteggiate dalle autorità e soprattutto dal reparto celere ma poi, grazie anche al sostegno popolare, portarono a centinaia di assunzioni. Bettoli suggerisce che indagare in questo terreno fertile possa portare alla luce altre storie ordinarie di straordinario valore. E quindi non resta che aspettare che lui o qualche altro studioso si prenda la briga di riscoprirle e raccontarcele.

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