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mercoledì 9 aprile 2025

Donne in bicicletta - Antonella Stelitano

La bicicletta ha davvero contribuito a cambiare i costumi e a favorire l'emancipazione femminile? A porsi la domanda è Antonella Stelitano, giornalista trevigiana molto attiva nel mondo sportivo. Membro della Società Italiana Storia dello Sport e del Comitato Fair Play, è anche stella di bronzo al merito sportivo del CONI. Stelitano ha dato alle stampe per Ediciclo “Donne in bicicletta – Una finestra sulla storia del ciclismo femminile in Italia” che è una piacevole e documentatissima ricognizione sull'evoluzione del ciclismo in rosa dagli albori ai giorni nostri, capace anche di conquistare il Premio Bancarella Sport. Una lettura che unisce l'evoluzione del costume alla parte agonistica, riportando le storie, tramite interviste o i ricordi, delle protagoniste. Un valore aggiunto è quello che a scrivere sia (“Finalmente!” verrebbe da dire) una donna completando una visione che in genere è parecchio “maschiocentrica”, se si accettuano alcune lodevoli eccezioni come Anna Maria Ortese che però per svolgere il suo reportage sul Giro d'Italia del '55 fu costretta a camuffarsi da uomo perchè l'evento era vietato alle donne... Stelitano, dicevamo, traccia la storia del ciclismo femminile in Italia partendo dalla fine del diciannovesimo secolo, quando usare la bicicletta era per le donne una cosa quasi scandalosa, ma fu fondamentale per l'emancipazione del costume. A leggere oggi certi serissimi articoli dei maggiori quotidiani dell'epoca si tende a sorridere per i termini utilizzati, ma ci si rende conto della rivoluzione attuata dalle prime coraggiose “biciclettiste”. Dopo le due guerre mondiali e il boom economico l'immagine della donna su due ruote cambia radicalmente. Pedalare per raggiungere il luogo di lavoro è ben visto e consigliato, ma le gare sportive sono ancora un tabù riservato agli uomini. Ad infrangere tutte le regole ci pensa una coraggiosa romagnola, Alfonsina Strada, che nel 1924 si presenta al Giro D'Italia e lo conclude. Negli anni 50' e 60' iniziano le prime gare dedicate solo alle donne e ci sono le prime cicliste che raggiungono un minimo di notorietà, anche se i budget non sono a livello delle squadre maschili e nelle cronache vengono sempre nominate con la qualifica relativa al loro lavoro (“La mamma volante”, “La sarta bergamasca”). Ad entrare come un ciclone nel mondo dei media ci pensò una ex sciatrice di fondo, Maria Canins, che nell' 81 a 32 anni decise di dedicarsi al ciclismo e vinse due Tour De France ('85 e '86) e la prima edizione del Giro D'Italia Donne ('88). A seguirla la ciclista più vincente di sempre, Fabiana Luperini che ha in bacheca 5 Giri D'Italia e 3 Tour de France, senza dimenticare gli ori olimpici in pista di Antonella Bellutti e nella mountain bike di Paola Pezzo. Ma nonostante un movimento in crescita il ciclismo femminile non riesce ad ottenere attenzione mediatica e neanche compensi minimamente comparabili ai colleghi maschi. Il '97 è stato un anno d'oro con Luperini, Bellutti, Pezzo e Cappellotto sul tetto del mondo, ma il ciclismo femminile fatica a trovare sponsor da allora. Nonostante tutto le due ruote sembrano essere sempre il mezzo ideale per lottare per la parità di genere e l'estensione dei diritti

1 commento:

  1. Grazie per questa recensione. Sono passati 5 anni dalla pubblicazione e leggere che a qualcuno il libro è piaciuto fa sempre piacere. Ringrazio a nome di tutte le donne di cui ho raccontato le storie. Raccoglierle non è stato facile, ma non raccontarle sarebbe significato dimenticarle per sempre. Perchè è questo quello che succede spesso nello sport femminile. Grazie dunque a nome di tutte le donne del libro

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