La rilettura di Andre Gide e del suo “I sotterranei del Vaticano” riserva più di una
soddisfazione. Scritto nel 1914 mentre il mondo scivolava verso la Grande
Guerra è un libro pungente, caustico e che l’autore stesso definisce una sorta
di farsa.
La vicenda si articola intorno a due nuclei principali: da un lato la truffa architettata da una banda di imbroglioni — i “Millipiedi” — che mira ad estorcere denaro a famiglie borghesi convincendole che il papa reale sia stato rapito e rimpiazzato con un sosia; dall’altro il microcosmo delle famiglie Fleurissoire / Armand-Dubois e dei loro legami sentimentali e intellettuali, che si muovono tra Parigi e Roma. Tra tutti questi gigantesca il giovane Lafcadio, figura centrale del romanzo. Un personaggio complesso, dalla biografia personale complicata, ma affascinante, impulsivo, capace di atti eroici ma anche di imprese prive di motivazione apparente.
La vicenda si articola intorno a due nuclei principali: da un lato la truffa architettata da una banda di imbroglioni — i “Millipiedi” — che mira ad estorcere denaro a famiglie borghesi convincendole che il papa reale sia stato rapito e rimpiazzato con un sosia; dall’altro il microcosmo delle famiglie Fleurissoire / Armand-Dubois e dei loro legami sentimentali e intellettuali, che si muovono tra Parigi e Roma. Tra tutti questi gigantesca il giovane Lafcadio, figura centrale del romanzo. Un personaggio complesso, dalla biografia personale complicata, ma affascinante, impulsivo, capace di atti eroici ma anche di imprese prive di motivazione apparente.