“Scusi Signor Cionci, ma lei non sarà
mica stato un agente segreto?” “Forse giovanotto è meglio che
venga a trovarmi a casa. Ho un sacco di cose interessanti da
raccontarle e farle vedere” Inizia così la genesi del libro
“L'ultimo Testimone”, presentato lunedì presso la Biblioteca
Civica di Pordenone e scritto dal giornalista goriziano della Rai
Andrea Romoli. Un punto di vista differente che mi ha affascinato per l'analisi del periodo storico (anche se non vuol essere un saggio storiografico) scevra da visioni troppo politicizzate e lontana dalle polemiche che hanno visto nelle scorse settimana, ma sostanzialmente negli ultimi cinquant'anni, dividersi in due diverse ortodossie. Un manicheismo fastidioso che quest'opera cerca di superare, dando dignità alle persone e cercando di superare e ricomporre i contrasti, senza negare crimini e nefandezze delle parti in causa
Il libro ripercorre la vicenda umana dell'agente
segreto Sergio Cionci nei primi anni della Guerra Fredda. Un incontro
casuale in occasione della Giornata del Ricordo di un paio di anni fa si tramuta in valida testimonianza per capire le complesse
dinamiche del confine orientale, tra amicizie, storie personali e
repentini mutamenti di clima politico che confondono non solo le acque ma anche nemici e amici. Cionci è un polesano di origini italiane.
Durante la guerra disprezza la condotta italiana in Istria e quando
la scelta si riduce tra supportare i tedeschi o seguire i partigiani,
non ha esitazioni. Vivendo però tra quest'ultimi intuisce quale sarà
la sorte degli italo-istriani una volta finito il conflitto. A fine
guerra viene contattato dai servizi segreti italiani e, da persona
fidata, si occuperà di gestire una vera e propria rete di spie, che
carpiranno importanti segreti al regime di Tito. Come in un romanzo conosciamo le coraggiose donne che fungevano da corriere, l'ex squadrista scapestrato che funge da reclutatore di fonti, il coraggioso contadino umaghese, desideroso di rendere un servizio a quella che ritiene la sua madrepatria. Tipologie di persone diverse mosse dai più diversi moventi, non ultimo quello economico.L'opera in questione
non è un saggio storico, ma è realizzata con l'intento di rivelare
uno spaccato di esistenza non ancora scritto, attraverso le vite di
protagonisti minimi, ma importanti. Gli italo istriani non sono gente
sconfitta dalla vita, ma persone che provano una via differente.
Cionci sostiene che “per capire l'altro non lo puoi odiare”. E
per Romoli l'urgenza di scrivere il libro è data non solo come
testimonianza, ma come occasione di avere se non una storia
condivisa, almeno una memoria accettata, che metta tutte le parti in
gioco davanti ai reciproci errori. D'altronde lo stesso Romoli
Ufficiale dell' esercito Italiano, con alle spalle missioni ONU nei
principali teatri operativi mondiali, testimonia che ex nemici di
quel periodo come Italiani, Croati, Sloveni e Ungheresi sono ora
compagni d'arme sotto le insegne delle Nazioni Unite.
Un messaggio, che al di là del facile buonismo, mi pare soprattutto di buon senso. Una terza via che riporta al centro le persone, ammettendo storture e massacri italiani in Istria, comportamenti poco limpidi da parte dei Partigiani (di cui, giova ricordarlo, Cionci faceva parte) e della dittatura Titina.
Una terza via dopo quella "emozionale" del Magazzino 18 di Simone Cristicchi e quella delle storiche Kersevan e Cernigoi per le quali Foibe, esodo e deportazioni sarebbero fatti marginali, mistificazioni e strumentalizzazioni politiche: qualche migliaio di morti non son nulla confronto a quanto fatto dalla parte avversa. Un'operazione discutibile, come se fosse possibile fare una "contabilità della morte" dividendo sulla colonna "entrate/uscite" morti e deportati buoni e cattivi.
Un messaggio di speranza donatoci da un arzillo novantenne
Chi Andrea Romoli? Quello che ha mandato un video tratto da un videogioco spacciandolo come verità nella "operazione militare" in Ucraina? E i seri ricercatori storici Alessandra Kersevan e Claudia Cernigoi vengono messe in cattiva luce nel vostro commento dopo serie ricerche sulle Foibe. Come direbbe Toto "ma fatemi il piacere". Stefano
RispondiElimina