We are such stuff as dreams are
made on
“We
are such stuff as dreams are made on”. Siamo
della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. E anche Prospero era
sistemato. “All world’s a stage”. Si, Martin lo sapeva bene e
infatti anche nelle sue elucubrazioni uomini e donne erano solo
attori con le loro entrate e le loro uscite. E anche As
you like it era
accomodato.
Martin
stava sbuffando per rimettere in ordine la sezione teatrale del suo
posto di lavoro. Per un motivo ignoto era finita stritolata tra il
corposo settore poesia e la parte new age – filosofica, quasi a
significare che le belle opere teatrali potevano attraverso la
poesia, portare il fruitore ad un cambiamento e ad una riflessione
sul mondo circostante.
I
testi shakespeariani che stava maneggiando non erano delicati come il
celeberrimo in-folio del 1623, ma alcune edizioni erano comunque di
un certo pregio.
Come
di consueto Martin approfittava di ogni momento di calma apparente
per immergersi nella lettura delle opere che doveva riordinare. Il
teatro lo affascinava perché tutte quelle affabulazioni lo
trasportavano in un mondo parallelo fatto di suoni, colori e sapori
che si formavano liberamente e a suo piacimento nella sua corteccia
cerebrale, permettendogli di fantasticare e di farsi trasportare in
una dimensione altra.
Cosa
che non sarebbe certamente stata gradita dal capo, se scoperta. In
ogni caso il boss aveva già i suoi grattacapi per badare troppo alle
stranezze di Martin, che, dal canto suo, teneva la libreria
decisamente più in ordine della propria abitazione.
Così
dopo una rapida scorsa alle opere del Bardo, aveva dato una letta al
polveroso e un po’ anacronistico Dialoghi
di Profughi di
Bertolt Brecht, imprimendo nella sua mente qualche perla di saggezza
dell’ intellettuale Ziffel e dell’operaio Kalle sulla triste
situazione europea prima della Seconda Guerra Mondiale.
Assonnato,
e stranamente non disturbato da nessun cliente, si era dedicato alle
tragedie classiche rileggendosi per intero Le
Troiane di
Euripide.
La
sventurata sorte delle donne Troiane consegnate ai Greci vincitori
come schiave, la triste sorte del piccolo Astianatte e la tragica
fine della città in fiamme lo avevano coinvolto e commosso, tanto
che avrebbe personalmente pagato per poter insultare almeno un
pochino i capi achei Agamennone e Menelao, un po’ come facevano le
nonne con i cattivi delle soap opera.
Martin
decise quindi che dopo quella scorpacciata di cultura teatrale la sua
giornata lavorativa si poteva ritenere conclusa. Salutò i colleghi,
indossò il suo giubottino nero d’ordinanaza (la cui ingombrante e
calorosa presenza veniva in seguito maledetta una volta scoperto che
la temperatura esterna sfiorava i venticinque gradi) e si diresse
verso il baretto galeotto per un gradito aperitivo serale.
Mentre
sgranocchiava quattro bagigi
accompagnati da un
prosecco si ritrovò a scorrere i programmi dei cinema su un giornale
locale.
Escluse
categoricamente tutti i multisala, un po’ per snobismo
intellettuale e un po’ perché effettivamente non c’era nulla che
lo attraeva particolarmente. Il suo dito indagatore si fermò sulla
programmazione del più noto cinema d’essai cittadino.
“
Una rettrospettiva
Shakespeariana!” – si ritrovò ad esclamare, anche se nessuno nei
paraggi sembrò entusiasta della scoperta.
Gli
parve un ottimo modo per concludere una giornata all’insegna
dell’arte del palcoscenico.
Martin
andò a rapire l’inconsapevole Jamila, promettendole una
sfavillante serata, smadonnò animatamente per trovare parcheggio più
o meno nei pressi del cinematografo e quindi si ritrovò tutto
entusiasta davanti all’annoiata cassiera.
Il
film veniva proiettato nella piccola saletta destinata alle
retrospettive. Di solito, data l’esiguità dei posti occorreva
prenotare quelle visioni per cinefili, ma essendo una calda serata
estiva, gli amanti del cinema preferivano gli spettacolo all’aperto.
Martin
potè quindi scegliere una delle numerose e vuote poltrone rosse.
Sprofondò nel caldo abbraccio di una di quelle centrali e si preparò
alla proiezione.
Il
film che stava per iniziare era il Riccardo III di Richard Loncraine,
con un magistrale Ian Mckellen nei panni del protagonista, un
Riccardo claudicante ed intenso, dominatore di un regime simil
nazista.
La
particolare fotografia incantò Martin che venne totalmente assorbito
dalla pellicola e si riscosse solo al termine.
Quindi
decise che dopo la visione sarebbe stata l’ora di un intenso e
fantozziano cineforum con la sua gentile consorte. Non riusciva
infatti ad evitare di assillarla con questi dibattiti post film, nei
quali, doveva ammetterlo, lei spesse volte lo sovrastava per
l’acutezza delle sue osservazioni.
Il
cervello di Martin però non poteva funzionare adeguatamente se
disturbato da inquietanti segnali gastrici che ne indicavano
l’inadeguato nutrimento.
Prese
quindi la sua lussuosa automobile e si diresse verso una delle sue
pizzerie preferite. Non che la pizza fosse particolarmente squisita,
anche se abbondante, ma Martin amava ritrovarsi in quella particolare
ambientazione eccessivamente partenopea, quasi kitsch.
Non
è dato sapere quali fossero le reali opinioni di Jamila sul luogo,
fattostà che assecondava una delle manie del proprio moroso.
Lo
sgangherato e sferragliante automezzo raggiunse il proprio obiettivo:
la pizzeria Marechiaro.
Subito
all’entrata si veniva accolti da un gigantesco Pulcinella che
reggeva la lavagnetta col menù. Le pizze avevano tutte dei nomi
fantasiosi, ma in quasi tutte c’era un fantomatico ingrediente: le
“melenzane”.
Si
veniva quindi ricevuti dal padrone che faceva gli onori di casa. Al
suo fianco c’era un cane cocker. Martin la prima volta che lo aveva
visto era rimasto stupefatto: cane e padrone, come se fosse un’
opera di Thomas Mann, avevano esattamente la stessa espressione.
Stesso taglio degli occhi, stessa mascella cascante. Peccato che il
pizzaiolo non avesse le orecchie lunghe e cascanti altrimenti la
somiglianza sarebbe stata perfetta. D’altronde anche il cane non
sembrava abbaiare con accento napoletano. Anzi, non sembrava abbaiare
proprio.
Si
accomodarono ad un tavolinetto appartato e videro passare parecchie
volte il folkloristico cameriere che ad ogni consegna esclamava “Ecco
un’ottima pizza” come un venditore televisivo di tappeti. Martin
fu particolarmente colpito dall’apparizione di una sottospecie di
lenzuolo posato su un piatto che corrispondeva al nome di “4
formaggi battuta con salamino e patate fritte”. L’indigesta
pietanza venne consegnata ad un avventore con occhiali e pizzetto che
pareva in gran confidenza con i padroni del locale e che stava
raccontando le proprie traversie amorose ad uno smagrito amico.
Non
che Martin fosse andato sul dietetico: d’altronde in quel locale
era pressochè impossibile.
La
serata passò serena, tra commenti sul film appena visto, racconti
degli ultimi accadimenti occorsi a Jamila e un mare di barzellette e
puttanate che Martin, quando era in serata, era in grado di produrre
a getto continuo e con apprezzabili risultati, a quanto pareva.
Dopo
l’immancabile limoncello, alquanto velenoso, offerto gentilmente
dalla casa e un altrettanto immancabile prezzo politico di Euro 8 per
quanto consumato, Martin e Jamila si diressero allegri anche se non
propriamente rettilinei alla macchina.
Martin
guidò sportivamente nella calma notte estiva pordenonese. La strada
era praticamente deserta e il nostro eroe poteva viaggiare con il
finestrino completamente abbassato e il braccio appoggiato di fuori
come un bullo degli anni ’60.
In
realtà il potente automezzo era dotato anche di aria condizionata,
ma il suo utilizzo trasformava l’auto in un veicolo che aveva la
stessa velocità di un Ciao e la stessa ripresa di una betoniera.
Giunsero
sotto casa di Jamila e salirono rapidamente le scale. Martin aprì
con fare cerimonioso la porta e fece accomodare la ragazza come se
fosse stato lui il padrone di casa.
Si
distesero, anche se sarebbe stato più corretto dire si tuffarono
pesantemente, sul divano, ridendo come due deficienti, anche senza un
motivo apparentemente valido.
In
quell’intreccio di tessuti, profumi, corpi e lingue che si
intersecavano Martin diede, o almeno cercò di dare, prova della sua
arte polipesca ed amatoria, ma sul
pì bel de l’oselada,
scoprì che quel giorno c’era semaforo rosso che bloccava il
regolare svolgimento delle operazioni, causa avvento di problemi
mensili femminili.
Martin
declinò la gentile proposta di Jamila di fornire prestazioni
alternative e così rimaserò abbracciati a scambiarsi tenere
effusioni come due adolescenti.
Chissà
perché a Martin venne in mente un episodio accaduto parecchi anni
prima. Sembra che nel periodo liceale, durante una delle frequenti
occupazioni, il giovane Martin, sotto l’effetto dell’amico THC,
si fosse intrattenuto con una simpatica fanciulla nei bagni della
scuola. Le cronache, alquanto malevole, raccontano che mentre la
fanciulla estraeva da una striminzita maglietta le sue abbondanti
grazie e tentava di infilargli la lingua in bocca, lui la stesse
intrattenendo con una profonda discussione sull’ importanza
artistica dei primi album dei CCCP – Fedeli alla linea.
La
cosa gli era stata scherzosamente rinfacciata più volte dagli amici,
ma Martin completamente rintronato dal principio attivo non ricordava
praticamente nulla.
Gli
sfuggì comunque un sorriso.
“
Che c’è ?“ – gli
domandò Jamila
“
Niente, amore. Stavo solo
pensando a quanto sto bene qui insieme a te” – disse dolcemente.
Quale
miglior battuta per uscire di scena?
“
Riposati, ora ”
Martin
si alzò faticosamente.
Bacio
Bacio
Era
di nuovo all’aperto. Una notte stellata anche se terribilmente
umida. La pizza del Marechiaro e quest’afa non avrebbero reso per
niente semplice il sonno.
Ritornato
alla sua magione, Martin si preparò un Brancamenta ghiacciato e si
schiantò sulla sua poltrona di pelle preferita. Il vecchio
ventilatore che era installato nel salotto viaggiava a tutto regime.
Meccanicamente
accese il televisore ed iniziò a guardare, senza quasi rendersene
conto, un documentario sui fatti del G8 a Genova. Alla terza ondata
di Black Bloc si era già appisolato svariate volte e quindi decise
di trasferire le sue membra in un luogo più consono.
Magicamente
appena raggiunse il letto il sonno gli passò in un istante. Iniziò
quindi a girarsi e rigirarsi nel letto, zuppo di sudore.
Spesse
volte la magica pizza del Marechiaro aveva avuto questo effetto
devastante, più potente di un fungo allucinogeno e più rivelatrice
di una fialetta di Pentothal, ma molto più economica, naturale e
salutare.
Come
in un film hollywoodiano si sentì una poderosa voce fuori campo:
impostata, dalla dizione pure troppo corretta:
“
Alla città accatastata
giunse mostruosa nel sogno la voce di basso del cannone
sghignazzante, assordante, cupo, mentre da occidente cadeva rossa
neve in brandelli succosi di carne umana. E lunghi funerali
lentamente sfilano dentro l’anima senza tamburi ne musica: vinta la
Speranza piange e l’ atroce Angoscia sul mio cranio pianta,
despota, il suo vessillo nero. “
A
Martin parve che la stanza si colorasse di rosso. E poi, dove le
aveva già sentite quelle parole?
Con
suo grande stupore comparve Ian McKellen in tenuta ed andatura
claudicante di Riccardo Terzo. Martin in realtà sapeva, non si
capisce bene come, che l’attore inglese impersonava l’ Agamennone
delle Troiane.
Si
preparò a vivere una rappresentazione che si svolgeva solo ed
esclusivamente per uno spettatore: lui.
AGAMENNONE:
Che dura giornata! E che bevuta! Ma mi son ben divertito! Che tonto
di fratello mi è capitato! Ha continuato a lamentarsi e a
piagnucolare per tutta la serata. Ha compassione per i nemici.
Poverino, è un animo sensibile, lui.
Non
doveva fare il soldato. Lo dice anche il proverbio: “ Soldato
dall’animo delicato, già morto ammazzato” Ma non pensiamoci più
e facciamo una bella dormita. Già pregusto il meraviglioso sogno che
farò questa notte: Troia che arde! La cosa divertente è che è
verò! Assolutamente vero !
Agamennone
sghignazzò e si coricò nel letto a fianco di Martin, che, anche se
moderatamente preoccupato, continuò a guardare la performance con
crescente curiosità.
Entrarono
delle ombre che circondarono il letto.
I^
OMBRA: Sveglia!
AGAMENNONE:
Ulisse! Che diavolo…
I°:
Taci miserabile
AGAMENNONE:
Ulisse… Hai imparato molto bene come si fa ad essere autoritario,
figliolo, ma ora basta porta rispetto al tuo re.
I°:
Io non sono Ulisse e, soprattutto, non ho re
LE
ALTRE OMBRE: Non ho re!
II°:
Io sono signora e padrona!
III°:
Anche su di te
AGAMENNONE:
(Spaurito e confuso) Cosa dici… Dove sei….
LE
OMBRE: (Da diversi punti) Sono qua!
AGAMENNONE:
Chi sei?
IV°:
Adesso sei grande perché non mi conosci ancora bene. Adesso vedi per
te solo onori e gloria, ma verrà una notte quando non vedrai né
onori, ne gloria e nessuno si prostrerà ai tuoi piedi, intimorito.
Diventa più vecchio e allora saprai chi sono io: io sono la morte.
Dopodomani e per mille anni ancora ci saranno qua il mare, le colline
e i monti che tu tenti di conquistare, ma tu non ci sarai.
III°:
E adesso muori che non sei più uomo, ma bestia sanguinaria
AGAMENNONE:
Ma io sono troppo grande, troppo ricco, troppo singolare, perciò non
posso morire.
III°:
Ma anche chi non può morire, muore. Vedo che taci. Ti manca la voce.
Non atterrirti, uomo, per quanto potente tu possa essere, dovrai
andartene…
LE
ALTRE OMBRE: Andartene… Andartene… Morire… Svanire nel nulla….
Vuoto … Cenere fra la cenere…. E non tornare mai più, mai più…
In
effetti Agamennone sparì dal letto di Martin, ma fece la sua
comparsa un nuovo, singolare, personaggio. Martin stentava a
prenderlo sul serio in quanto, sebbene con colori più sobri, gli
ricordava Gene Wilder in Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato. In
ogni caso iniziò a parlare con fare pacato:
“ Io
non credo che possa finire. Ora che ho visto che cos’è la guerra,
so che tutti dovrebbero chiedersi: - E dei caduti cosa facciamo?
Perché sono morti? – Io non saprei rispondere. Ne mi pare che gli
altri lo sappiano. Forse lo sanno solo i morti. Unicamente per loro
la guerra è finita, davvero.”
Detto
questo scomparve in un’autentica nuvola di fumo e polvere. Martin
cercò di racapezzarsi, ma venne solo investito da un coacervo di
suoni e rumori difficilmente comprensibili.
Solo
una voce si elevò dalle altre. Era quella di un poliziotto diventata
celebre in tutto il mondo durante gli scontri avvenuti a Genova
durante il G8 del
Diceva:
“
L’hai ucciso tu! Con il tuo
sasso! “
A
Martin si risvegliò qualcosa dentro. Sulle prime non capiva cosa
poteva essere quella sensazione. Poi gli passò davanti agli occhi
un’ immagine che aveva visto nella casa del Professor Battirani. Si
limitò semplicemente a guardarla e a leggere.
Possibile
che la soluzione fosse stata così semplice?
Preso
da una crescente eccitazione scese dal letto e scalpicciando sul
pavimento a piedi nudi cerco di dirigersi verso il suo PC.
Andò
a sbattere sullo stipite della porta e smadonnò silenziosamente.
Finalmente
raggiunse il portatile e smadonnò nuovamente per la lentezza con la
quale si apriva e si collegava alla Rete.
Andò
su un motore di ricerca e freneticamente compose quello che aveva
appena letto.
La
risposta non tardò ad arrivare, ma a Martin quei nanosecondi parvero
delle ore.
Alla
fine comparve la schermata desiderata.
Bingo.
Martin
si stiracchiò sulla sedia, spossato dalla notte appena trascorsa, ma
estremamente felice e soddisfatto.
Ora
sapeva dove poteva trovare il Professor Battirani.
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