venerdì 27 aprile 2018

La Terra del Ferro e del Fuoco - Cap. X - We are such stuff as dreams are made on

Shakespeare, Euripide, Brecht, i CCCP, il Cinemazero e una pizza più potente delle sostanze psicotrope e più rivelatrice del Pentothal. Se dopo questa premessa avete ancora voglia di leggere, procedete pure


We are such stuff as dreams are made on


We are such stuff as dreams are made on”. Siamo della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. E anche Prospero era sistemato. “All world’s a stage”. Si, Martin lo sapeva bene e infatti anche nelle sue elucubrazioni uomini e donne erano solo attori con le loro entrate e le loro uscite. E anche As you like it era accomodato.
Martin stava sbuffando per rimettere in ordine la sezione teatrale del suo posto di lavoro. Per un motivo ignoto era finita stritolata tra il corposo settore poesia e la parte new age – filosofica, quasi a significare che le belle opere teatrali potevano attraverso la poesia, portare il fruitore ad un cambiamento e ad una riflessione sul mondo circostante.
I testi shakespeariani che stava maneggiando non erano delicati come il celeberrimo in-folio del 1623, ma alcune edizioni erano comunque di un certo pregio.
Come di consueto Martin approfittava di ogni momento di calma apparente per immergersi nella lettura delle opere che doveva riordinare. Il teatro lo affascinava perché tutte quelle affabulazioni lo trasportavano in un mondo parallelo fatto di suoni, colori e sapori che si formavano liberamente e a suo piacimento nella sua corteccia cerebrale, permettendogli di fantasticare e di farsi trasportare in una dimensione altra.
Cosa che non sarebbe certamente stata gradita dal capo, se scoperta. In ogni caso il boss aveva già i suoi grattacapi per badare troppo alle stranezze di Martin, che, dal canto suo, teneva la libreria decisamente più in ordine della propria abitazione.
Così dopo una rapida scorsa alle opere del Bardo, aveva dato una letta al polveroso e un po’ anacronistico Dialoghi di Profughi di Bertolt Brecht, imprimendo nella sua mente qualche perla di saggezza dell’ intellettuale Ziffel e dell’operaio Kalle sulla triste situazione europea prima della Seconda Guerra Mondiale.
Assonnato, e stranamente non disturbato da nessun cliente, si era dedicato alle tragedie classiche rileggendosi per intero Le Troiane di Euripide.
La sventurata sorte delle donne Troiane consegnate ai Greci vincitori come schiave, la triste sorte del piccolo Astianatte e la tragica fine della città in fiamme lo avevano coinvolto e commosso, tanto che avrebbe personalmente pagato per poter insultare almeno un pochino i capi achei Agamennone e Menelao, un po’ come facevano le nonne con i cattivi delle soap opera.
Martin decise quindi che dopo quella scorpacciata di cultura teatrale la sua giornata lavorativa si poteva ritenere conclusa. Salutò i colleghi, indossò il suo giubottino nero d’ordinanaza (la cui ingombrante e calorosa presenza veniva in seguito maledetta una volta scoperto che la temperatura esterna sfiorava i venticinque gradi) e si diresse verso il baretto galeotto per un gradito aperitivo serale.
Mentre sgranocchiava quattro bagigi accompagnati da un prosecco si ritrovò a scorrere i programmi dei cinema su un giornale locale.
Escluse categoricamente tutti i multisala, un po’ per snobismo intellettuale e un po’ perché effettivamente non c’era nulla che lo attraeva particolarmente. Il suo dito indagatore si fermò sulla programmazione del più noto cinema d’essai cittadino.
“ Una rettrospettiva Shakespeariana!” – si ritrovò ad esclamare, anche se nessuno nei paraggi sembrò entusiasta della scoperta.
Gli parve un ottimo modo per concludere una giornata all’insegna dell’arte del palcoscenico.
Martin andò a rapire l’inconsapevole Jamila, promettendole una sfavillante serata, smadonnò animatamente per trovare parcheggio più o meno nei pressi del cinematografo e quindi si ritrovò tutto entusiasta davanti all’annoiata cassiera.
Il film veniva proiettato nella piccola saletta destinata alle retrospettive. Di solito, data l’esiguità dei posti occorreva prenotare quelle visioni per cinefili, ma essendo una calda serata estiva, gli amanti del cinema preferivano gli spettacolo all’aperto.
Martin potè quindi scegliere una delle numerose e vuote poltrone rosse. Sprofondò nel caldo abbraccio di una di quelle centrali e si preparò alla proiezione.
Il film che stava per iniziare era il Riccardo III di Richard Loncraine, con un magistrale Ian Mckellen nei panni del protagonista, un Riccardo claudicante ed intenso, dominatore di un regime simil nazista.
La particolare fotografia incantò Martin che venne totalmente assorbito dalla pellicola e si riscosse solo al termine.
Quindi decise che dopo la visione sarebbe stata l’ora di un intenso e fantozziano cineforum con la sua gentile consorte. Non riusciva infatti ad evitare di assillarla con questi dibattiti post film, nei quali, doveva ammetterlo, lei spesse volte lo sovrastava per l’acutezza delle sue osservazioni.
Il cervello di Martin però non poteva funzionare adeguatamente se disturbato da inquietanti segnali gastrici che ne indicavano l’inadeguato nutrimento.
Prese quindi la sua lussuosa automobile e si diresse verso una delle sue pizzerie preferite. Non che la pizza fosse particolarmente squisita, anche se abbondante, ma Martin amava ritrovarsi in quella particolare ambientazione eccessivamente partenopea, quasi kitsch.
Non è dato sapere quali fossero le reali opinioni di Jamila sul luogo, fattostà che assecondava una delle manie del proprio moroso.
Lo sgangherato e sferragliante automezzo raggiunse il proprio obiettivo: la pizzeria Marechiaro.
Subito all’entrata si veniva accolti da un gigantesco Pulcinella che reggeva la lavagnetta col menù. Le pizze avevano tutte dei nomi fantasiosi, ma in quasi tutte c’era un fantomatico ingrediente: le “melenzane”.
Si veniva quindi ricevuti dal padrone che faceva gli onori di casa. Al suo fianco c’era un cane cocker. Martin la prima volta che lo aveva visto era rimasto stupefatto: cane e padrone, come se fosse un’ opera di Thomas Mann, avevano esattamente la stessa espressione. Stesso taglio degli occhi, stessa mascella cascante. Peccato che il pizzaiolo non avesse le orecchie lunghe e cascanti altrimenti la somiglianza sarebbe stata perfetta. D’altronde anche il cane non sembrava abbaiare con accento napoletano. Anzi, non sembrava abbaiare proprio.
Si accomodarono ad un tavolinetto appartato e videro passare parecchie volte il folkloristico cameriere che ad ogni consegna esclamava “Ecco un’ottima pizza” come un venditore televisivo di tappeti. Martin fu particolarmente colpito dall’apparizione di una sottospecie di lenzuolo posato su un piatto che corrispondeva al nome di “4 formaggi battuta con salamino e patate fritte”. L’indigesta pietanza venne consegnata ad un avventore con occhiali e pizzetto che pareva in gran confidenza con i padroni del locale e che stava raccontando le proprie traversie amorose ad uno smagrito amico.
Non che Martin fosse andato sul dietetico: d’altronde in quel locale era pressochè impossibile.
La serata passò serena, tra commenti sul film appena visto, racconti degli ultimi accadimenti occorsi a Jamila e un mare di barzellette e puttanate che Martin, quando era in serata, era in grado di produrre a getto continuo e con apprezzabili risultati, a quanto pareva.
Dopo l’immancabile limoncello, alquanto velenoso, offerto gentilmente dalla casa e un altrettanto immancabile prezzo politico di Euro 8 per quanto consumato, Martin e Jamila si diressero allegri anche se non propriamente rettilinei alla macchina.
Martin guidò sportivamente nella calma notte estiva pordenonese. La strada era praticamente deserta e il nostro eroe poteva viaggiare con il finestrino completamente abbassato e il braccio appoggiato di fuori come un bullo degli anni ’60.
In realtà il potente automezzo era dotato anche di aria condizionata, ma il suo utilizzo trasformava l’auto in un veicolo che aveva la stessa velocità di un Ciao e la stessa ripresa di una betoniera.
Giunsero sotto casa di Jamila e salirono rapidamente le scale. Martin aprì con fare cerimonioso la porta e fece accomodare la ragazza come se fosse stato lui il padrone di casa.
Si distesero, anche se sarebbe stato più corretto dire si tuffarono pesantemente, sul divano, ridendo come due deficienti, anche senza un motivo apparentemente valido.
In quell’intreccio di tessuti, profumi, corpi e lingue che si intersecavano Martin diede, o almeno cercò di dare, prova della sua arte polipesca ed amatoria, ma sul pì bel de l’oselada, scoprì che quel giorno c’era semaforo rosso che bloccava il regolare svolgimento delle operazioni, causa avvento di problemi mensili femminili.
Martin declinò la gentile proposta di Jamila di fornire prestazioni alternative e così rimaserò abbracciati a scambiarsi tenere effusioni come due adolescenti.
Chissà perché a Martin venne in mente un episodio accaduto parecchi anni prima. Sembra che nel periodo liceale, durante una delle frequenti occupazioni, il giovane Martin, sotto l’effetto dell’amico THC, si fosse intrattenuto con una simpatica fanciulla nei bagni della scuola. Le cronache, alquanto malevole, raccontano che mentre la fanciulla estraeva da una striminzita maglietta le sue abbondanti grazie e tentava di infilargli la lingua in bocca, lui la stesse intrattenendo con una profonda discussione sull’ importanza artistica dei primi album dei CCCP – Fedeli alla linea.
La cosa gli era stata scherzosamente rinfacciata più volte dagli amici, ma Martin completamente rintronato dal principio attivo non ricordava praticamente nulla.
Gli sfuggì comunque un sorriso.
“ Che c’è ?“ – gli domandò Jamila
“ Niente, amore. Stavo solo pensando a quanto sto bene qui insieme a te” – disse dolcemente.
Quale miglior battuta per uscire di scena?
“ Riposati, ora ”
Martin si alzò faticosamente.
Bacio
Bacio
Era di nuovo all’aperto. Una notte stellata anche se terribilmente umida. La pizza del Marechiaro e quest’afa non avrebbero reso per niente semplice il sonno.
Ritornato alla sua magione, Martin si preparò un Brancamenta ghiacciato e si schiantò sulla sua poltrona di pelle preferita. Il vecchio ventilatore che era installato nel salotto viaggiava a tutto regime.
Meccanicamente accese il televisore ed iniziò a guardare, senza quasi rendersene conto, un documentario sui fatti del G8 a Genova. Alla terza ondata di Black Bloc si era già appisolato svariate volte e quindi decise di trasferire le sue membra in un luogo più consono.
Magicamente appena raggiunse il letto il sonno gli passò in un istante. Iniziò quindi a girarsi e rigirarsi nel letto, zuppo di sudore.
Spesse volte la magica pizza del Marechiaro aveva avuto questo effetto devastante, più potente di un fungo allucinogeno e più rivelatrice di una fialetta di Pentothal, ma molto più economica, naturale e salutare.
Come in un film hollywoodiano si sentì una poderosa voce fuori campo: impostata, dalla dizione pure troppo corretta:
“ Alla città accatastata giunse mostruosa nel sogno la voce di basso del cannone sghignazzante, assordante, cupo, mentre da occidente cadeva rossa neve in brandelli succosi di carne umana. E lunghi funerali lentamente sfilano dentro l’anima senza tamburi ne musica: vinta la Speranza piange e l’ atroce Angoscia sul mio cranio pianta, despota, il suo vessillo nero. “
A Martin parve che la stanza si colorasse di rosso. E poi, dove le aveva già sentite quelle parole?
Con suo grande stupore comparve Ian McKellen in tenuta ed andatura claudicante di Riccardo Terzo. Martin in realtà sapeva, non si capisce bene come, che l’attore inglese impersonava l’ Agamennone delle Troiane.
Si preparò a vivere una rappresentazione che si svolgeva solo ed esclusivamente per uno spettatore: lui.
AGAMENNONE: Che dura giornata! E che bevuta! Ma mi son ben divertito! Che tonto di fratello mi è capitato! Ha continuato a lamentarsi e a piagnucolare per tutta la serata. Ha compassione per i nemici. Poverino, è un animo sensibile, lui.
Non doveva fare il soldato. Lo dice anche il proverbio: “ Soldato dall’animo delicato, già morto ammazzato” Ma non pensiamoci più e facciamo una bella dormita. Già pregusto il meraviglioso sogno che farò questa notte: Troia che arde! La cosa divertente è che è verò! Assolutamente vero !

Agamennone sghignazzò e si coricò nel letto a fianco di Martin, che, anche se moderatamente preoccupato, continuò a guardare la performance con crescente curiosità.
Entrarono delle ombre che circondarono il letto.
I^ OMBRA: Sveglia!
AGAMENNONE: Ulisse! Che diavolo…
I°: Taci miserabile
AGAMENNONE: Ulisse… Hai imparato molto bene come si fa ad essere autoritario, figliolo, ma ora basta porta rispetto al tuo re.
I°: Io non sono Ulisse e, soprattutto, non ho re
LE ALTRE OMBRE: Non ho re!
II°: Io sono signora e padrona!
III°: Anche su di te
AGAMENNONE: (Spaurito e confuso) Cosa dici… Dove sei….
LE OMBRE: (Da diversi punti) Sono qua!
AGAMENNONE: Chi sei?
IV°: Adesso sei grande perché non mi conosci ancora bene. Adesso vedi per te solo onori e gloria, ma verrà una notte quando non vedrai né onori, ne gloria e nessuno si prostrerà ai tuoi piedi, intimorito. Diventa più vecchio e allora saprai chi sono io: io sono la morte. Dopodomani e per mille anni ancora ci saranno qua il mare, le colline e i monti che tu tenti di conquistare, ma tu non ci sarai.
III°: E adesso muori che non sei più uomo, ma bestia sanguinaria
AGAMENNONE: Ma io sono troppo grande, troppo ricco, troppo singolare, perciò non posso morire.
III°: Ma anche chi non può morire, muore. Vedo che taci. Ti manca la voce. Non atterrirti, uomo, per quanto potente tu possa essere, dovrai andartene…
LE ALTRE OMBRE: Andartene… Andartene… Morire… Svanire nel nulla…. Vuoto … Cenere fra la cenere…. E non tornare mai più, mai più…

In effetti Agamennone sparì dal letto di Martin, ma fece la sua comparsa un nuovo, singolare, personaggio. Martin stentava a prenderlo sul serio in quanto, sebbene con colori più sobri, gli ricordava Gene Wilder in Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato. In ogni caso iniziò a parlare con fare pacato:

“ Io non credo che possa finire. Ora che ho visto che cos’è la guerra, so che tutti dovrebbero chiedersi: - E dei caduti cosa facciamo? Perché sono morti? – Io non saprei rispondere. Ne mi pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno solo i morti. Unicamente per loro la guerra è finita, davvero.”

Detto questo scomparve in un’autentica nuvola di fumo e polvere. Martin cercò di racapezzarsi, ma venne solo investito da un coacervo di suoni e rumori difficilmente comprensibili.
Solo una voce si elevò dalle altre. Era quella di un poliziotto diventata celebre in tutto il mondo durante gli scontri avvenuti a Genova durante il G8 del
Diceva:
“ L’hai ucciso tu! Con il tuo sasso! “
A Martin si risvegliò qualcosa dentro. Sulle prime non capiva cosa poteva essere quella sensazione. Poi gli passò davanti agli occhi un’ immagine che aveva visto nella casa del Professor Battirani. Si limitò semplicemente a guardarla e a leggere.
Possibile che la soluzione fosse stata così semplice?
Preso da una crescente eccitazione scese dal letto e scalpicciando sul pavimento a piedi nudi cerco di dirigersi verso il suo PC.
Andò a sbattere sullo stipite della porta e smadonnò silenziosamente.
Finalmente raggiunse il portatile e smadonnò nuovamente per la lentezza con la quale si apriva e si collegava alla Rete.
Andò su un motore di ricerca e freneticamente compose quello che aveva appena letto.
La risposta non tardò ad arrivare, ma a Martin quei nanosecondi parvero delle ore.
Alla fine comparve la schermata desiderata.
Bingo.
Martin si stiracchiò sulla sedia, spossato dalla notte appena trascorsa, ma estremamente felice e soddisfatto.
Ora sapeva dove poteva trovare il Professor Battirani.

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