lunedì 17 dicembre 2018

La gestione del gruppo squadra - Corso Allenatori Primo Grado Fipav Pordenone

L'argomento che riguarda la gestione di un gruppo sportivo, che poi deve diventare squadra è spinoso. E, anche se un corso dovrebbe fornire delle nozioni, in questo caso possiamo parlare di “buone pratiche” derivanti dall'esperienza piuttosto che regole ferree e non discutibili.
Crediamo, infatti, sia impossibile definire una strategia precisa valida per tutti i gruppi. Certo, ci sono alcune procedure che, in genere, si rivelano positive e alcuni errori che sicuramente portano ad una difficile gestione del gruppo. Possiamo anche discutere dei vari stili di leadership che un allenatore può assumere.
In questo caso, però, ci interessa fornire una visione personale, basata su una trentina d'anni di frequentazione di palestre pallavolistiche. In quanto tale questa visione, anche se, essendo organica al percorso di formazione dei tecnici Fipav recepisce alcune indicazioni date dal Settore Tecnico della Federazione, è per forza di cose parziale e personale e non vuole avere nessuna pretesa di verità assoluta.
D'altronde ogni persona è differente e le strategie comunicative e di gestione che vanno bene con una possono ottenere risultati opposti con un'altra. Essendo ogni gruppo formato da persone le probabilità di sbagliare l'approccio si moltiplicano.
Siamo dunque destinati al fallimento?
Assolutamente no. E se lo pensiamo faremo meglio a cambiare mestiere, perchè se non siamo fermamente convinti e sinceramente entusiasti del nostro lavoro non riusciremo mai a motivare gli altri.


LA MOTIVAZIONE
Non occorre essere fini latinisti per capire che il termine “motivare” ha una derivazione etimologica che viene diretta da “muovere”. Ed è proprio quello che dovremmo cercare di fare con il nostro gruppo di atleti. Il nostro scopo è quello di portare il gruppo a realizzare un obiettivo (che può essere personale e di squadra). Per far questo sarà necessario definire quanto più precisamente compiti, modalità per raggiungerlo e priorità (possibilmente misurabili). La parte dell'allenamento dovrebbe fornirci gli strumenti per poter raggiungere l'obiettivo (apprendimento) e tramite la necessaria attenzione ci farà ottenere dei miglioramenti nella performance

All'interno del gruppo, però, potrebbero esserci delle motivazioni differenti e sono queste differenze se non chiarite a portare i problemi. Per questo la prima cosa da fare ancora prima di formare il gruppo è quello di chiarire lo SCOPO del GRUPPO e le MODALITA' che verranno utilizzate per raggiungerlo. Per chiarire meglio: NON CI SONO MOTIVAZIONI GIUSTE O SBAGLIATE! Sono ugualmente stimabili sia il gruppo che vuole fare 4 sedute di allenamento a settimana che quello che ama ritrovarsi un paio di volte a settimana per motivazione sociale. Chiaramente quest'ultimo dovrà essere cosciente del fatto che probabilmente otterrà modesti miglioramenti tecnici. Ma ognuno dovrebbe essere libero di FARE LA PROPRIA PALLAVOLO. E' sciocco far fare 2 sedute di allenamento settimanale a chi ne vorrebbe/potrebbe fare di più, ma è altrettanto deleterio costringere gruppi con scarso talento o scarsa propensione ad allenarsi per 4 volte a settimana. L'attività sportiva e la decisione di far parte di un gruppo deve essere PERSONALE e SOPRATTUTTO UNA SCELTA. E talvolta è possibile non forzare troppo chi ha qualche talento, ma non ha ancora la giusta predisposizione al lavoro.

COME SVILUPPARE MOTIVAZIONI COMUNI
La prima cosa da fare è sicuramente quella di creare un senso di appartenenza al gruppo.Per far questo bisogna cercare di valorizzare le capacità di ogni singolo membro e fare in modo che le decisioni abbiano un consenso e non sembrino subite. Intendiamoci: questo non vuol dire che ci sia dell'anarchia, perchè è assolutamente necessario che ci sia una guida.
Appare poi importante mediare i conflitti tutelando gli elementi più deboli. Allo stesso tempo chi ha un carattere più forte non va castrato ma, al contrario aiutato a canalizzare le proprie energie in ruoli di responsabilità (“Ti senti bravo/forte/importante? E' vero. Sii d'esempio e dimostralo a tutti aiutando chi non riesce ancora a giocare come te”). Se questi elementi non accettano di essere responsabilizzati, poco male... Evidentemente non sono destinati a diventare buoni atleti (inteso come educazione sportiva) e quindi se li perdiamo non è un grosso danno.
Se vogliamo essere buoni allenatori dobbiamo FARE FATICA e “PERDER TEMPO” (ovvero investirlo) in questioni gestionali

LA LEADERSHIP
Come già detto la leadership, per essere accettata, deve essere riconosciuta e non calata dall'alto. E' il classico esempio del coach indicato dalla società che non riesce ad entrare in sintonia con i giocatori, che lo sopportano, ma non lo seguono/stimano. L'allenatore dovrebbe essere un riferimento credibile che i giocatori riconoscono come il più adatto per portare avanti nel tempo il programma che li farà giungere agli obiettivi che si sono prefissati. (e se ve lo state domandando: può essere anche che lo ritengano il più adatto a gestire bene un gruppo che vuole solo occupare 2 ore di piatto palestra facendo volare la palla in compagnia in attesa di successiva pizza e birra... Se quello è l'obiettivo del gruppo, tutti sono d'accordo e soddisfatti questo allenatore sta facendo bene il suo lavoro!)
Importante per mantenere la leadership è la COERENZA NEI COMPORTAMENTI. Ma, anche se apparentemente in contraddizione anche la capacità di ADATTARSI AI CAMBIAMENTI. Cambiamento come messa in discussione delle proprie abitudini e sicurezze per progredire e migliorare. Anche perchè la somministrazione di un programma che ha ben funzionato con un gruppo può non essere per niente adatto ad un altro gruppo e allora dobbiamo essere pronti a mettere in discussione, se necessario, anche una metodologia che può aver portato risultati eccellenti. Ovviamente se dovessimo fare cambiamenti importanti dobbiamo coinvolgere (e convincere) tutto il gruppo, lo staff e i dirigenti che necessariamente dovranno SUPPORTARCI.

CARATTERISTICHE DELL'ALLENATORE

Ovviamente la caratteristica principale ed imprescindibile sarà quella della COMPETENZA, ma anche la capacità di TRASMETTERE LE PROPRIE CONOSCENZE (sembra banale ma è meglio chi sa 5 e trasmette 5 piuttosto di chi sa 10 ma arriva a trasmettere 2 ai propri atleti)
Se vogliamo fare al meglio il nostro lavoro dobbiamo mettere in conto di dedicare TEMPO (che non si riduce solo a quello passato in palestra, ma anzi è soprattutto quello dedicato a ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO, AGGIORNAMENTO e GESTIONE)
Quindi è necessario armarsi di DISPONIBILITA' e PAZIENZA

Nel nostro metodo di lavoro dovremo mettere una continua opera di aggiornamento che ci metterà spesso in discussione. Questa non deve essere percepita come insicurezza, ma continua spinta al miglioramento. Dovremo essere bravi ad ADATTARE IL NOSTRO STILE ALLE PERSONE e non viceversa, nell'intento di dare loro degli strumenti tecnici che permettano di essere non dei bravi soldatini ma persone e atleti il più possibili AUTONOME

LE REGOLE & I COMPORTAMENTI

Una buona cosa per mettere subito in chiaro cosa vogliamo in palestra dovrebbe essere quella di fare un colloquio individuale con i nostri atleti (e con i genitori in caso di atleti giovani) per mettere in chiaro quello che ci attendiamo da loro (tipo di impegno, ruolo, spazi di gioco...) cercando di essere precisi e onesti (evitiamo di alzare le aspettative se sappiamo che queste non sono realistiche. Per convincere un giocatore a venire da noi ci vogliono 30 secondi. Basta dire che è il migliore, il più bello, il più simpatico e che giocherà sempre, anche se sappiamo che non è vero. Poi però non è mica facile fare tutto il contrario per i successivi 9 mesi e questo provocherà sicuramente malumori o, peggio, abbandoni.
Si può decidere anche di approvare un regolamento interno che deve essere condiviso da tutti e non deve prevedere deroghe o privilegi particolari (a meno di casi particolari, nel quale vale sempre il buonsenso). Soprattutto l'ALLENATORE DEVE DARE L'ESEMPIO ED ESSERE IL PRIMO A RISPETTARLO SCRUPOLOSAMENTE. Ricordando sempre che alle PAROLE DEVONO SEMPRE SEGUIRE I FATTI

In palestra ci deve essere la STESSA QUANTITA' e QUALITA' COMUNICATIVA con tutti e ognuno deve avere un proprio obiettivo tecnico e agonistico e soprattutto nel giovanile dobbiamo cercare di dare CAMPO A TUTTI. Questa cosa non esclude assolutamente la MERITOCRAZIA e sappiamo tutti che per sua natura la pallavolo può essere complicata ed essere anche frustrante per i neofiti che non hanno ancora strumenti adeguati. Purtroppo non possiamo “mettere un giocatore sulla fascia” o “farlo giocare 10 minuti” (senza che tocchi palla) perchè nel nostro sport non è possibile. Sta quindi a noi trovare strategie (giochi facilitati, secondi campionati) per dare spazio di gioco a tutti i nostri giovani atleti

ERRORI COMUNI
  • Farsi influenzare da simpatie/antipatie (anche dei genitori!)
  • Farsi condizionare dai furbetti o dalla bravura tecnica
  • Non parlare mai di cose per sentito dire e/o usare parole lesive e offensive anche in contesti scherzosi
  • Evitare di considerare la parte fisica come una punizione
  • Non scendere mai sul personale (e/o sentirsi chiamato in causa)
  • Perdere il controllo di voce/calma/lucidità
  • Comportamento superficiale e poco attento (poco entusiasmo e motivazione)
  • Usare linguaggio demotivante, anche per scherzo
  • Partecipare passivamente all'allenamento (stare seduti, parlare al telefono, parlare con altri)
  • Essere umorali – lodare e/o accanirsi sempre con gli stessi
  • Non dare a tutti le stesse opportunità tecniche in allenamento (magari anche solo per una questione di poca attenzione organizzativa)
  • Essere i primi a non rispettare il regolamento
  • Essere “buoni” per apparire più bravi degli altri
  • Mettere in dubbio l'operato di un altro tecnico o dirigente davanti agli atleti
  • Esprimere privatamente la propria contrarietà al regolamento, alle procedure, ad un episodio o un provvedimento
  • Contraddire pubblicamente le scelte societarie
  • Scendere sul personale con tecnici, dirigenti, genitori

PRESUPPOSTI PER LA QUALITA' E GESTIONE DELLE SEDUTE DI ALLENAMENTO

  • Puntualità
  • Avvisare con congruo anticipo ritardi/assenze (meglio telefonicamente)
  • Sembra scontato ma... AVERE TEMPO PER PREPARARE IL PROGRAMMA DI ALLENAMENTO e PRESENTARLO AGLI ATLETI PRIMA DELL'INIZIO
  • SPIEGAZIONI BREVI – CORREZIONI INDIVIDUALI – POCHE SOSTE
  • A fine allenamento comunicazioni e programmi ed eventuali convocazioni ( e con le giovanili anche controllo di palestra/spogliatoi per verificare i comportamenti)

ERRORI DI GESTIONE SEDUTA
  • Esercizi che escludono o limitano sempre gli stessi atleti
  • Esercizi tecnicamente o organizzativamente troppo complessi
  • Allenamenti sempre con la stessa struttura
  • Esercizi senza progressione crescente
  • Provare sempre (o non provare mai) il sestetto titolare
  • Interrompere con frequenza (o non interrompere mai) le esercitazioni

GESTIONE DELLE “RISERVE
  • Specializzarle su un aspetto particolare (battuta, muro, giro dietro)
  • Farle giocare all'inizio di una partita “facile” piuttosto che alla fine di una partita scontatissima (o solo nei momenti di difficoltà)
  • Distribuire i cambi nel corso dei set (soprattutto se partita equilibrata)
  • Evitare di fare blocchi da 2/3 cambi contemporanei quando si è in vantaggio 2-0
  • Anche la riserva deve avere un suo ruolo ben preciso che può e deve cambiare in corso d'opera

GESTIONE DEI GENITORI E RAPPORTO SPORT STUDIO

  • I genitori devono diventare risorsa
  • Organizzare riunione preliminare con tutti i genitori e le atlete spiegando a tutti come si intende organizzare l'attività e ai singoli il loro ruolo nel gruppo squadra
  • Evitare rapporti preferenziali e se possibile che il genitore svolga il ruolo di dirigente accompagnatore nella squadra del figlio
  • Far capire che le pause studio possono essere concesse ma è anche questione di organizzazione
  • Considerare il carico di allenamento anche in funzione del periodo scolastico
  • DEVONO esserci giorni liberi da gare/allenamenti per permettere una corretta vita sociale

DIFFERENZE TRA ATLETA GIOVANE E ATLETA EVOLUTO

Penso che ci siano allenatori più predisposti ad insegnare agli atleti giovani ed altri più a loro agio quando devono tirare fuori il meglio da atleti evoluti e già formati. Questione di preferenze e in questo campo non credo ci sia una divisione così netta. Di sicuro per essere buoni allenatori in entrambi i campi è necessario conoscere le STRATEGIE E METODOLOGIE DI INSEGNAMENTO. Uno dei falsi miti più diffusi è quello che ai giocatori evoluti basti giocare intendendo con questo fare solo 6vs6, magari a punteggio. In realtà anche atleti professionisti evoluti sentono la necessità di riprendere le tecniche con lavoro analitico e sintetico. Ma anche in caso di massiccio utilizzo di metodologia globale non è possibile fare delle correzioni se non si conoscono gli step che portano alla formazione del gesto tecnico. Ovviamente è poi necessario conoscere le METODOLOGIE DI ALLENAMENTO DEI SISTEMI DI SQUADRA e gli ASPETTI ORGANICO MUSCOLARI che hanno diretta influenza sull'esecuzione delle tecniche.
Queste le principali differenze tra atleta senior e atleta in formazione:
SENIOR:
  • Apprendimento mirato, razionale, utilitaristico che deve essere efficace subito
  • Interesse a tradurre lo sforzo in risultato
  • Insicurezze derivano da punti deboli da nascondere
  • Prestazione più stabile ma anche prevedibile
L ALLENATORE DEL GRUPPO SENIOR
  • Deve sintetizzare le caratteristiche di squadra in un sistema di gioco di squadra
  • E' orientato al gruppo e ai risultati

L'ATLETA IN FORMAZIONE

  • Apprende per avere gli strumenti di gioco
  • E' interessato ad acquisire competenze
  • E' insicuro quando non ha mai provato una cosa
  • Prestativamente incostante (POSTILLA → Ma l'errore fa parte del processo di apprendimento e una costante mediocrità non è indice di talento, quanto invece lo sono i PICCHI PRESTATIVI. Purtroppo spesso assistiamo a giovani atleti che imparano precocemente a “gestire” i colpi. Questo ci aiuta a vincere qualche partita del campionato giovanile in più, ma rallenta la crescita dell'atleta)
L'ALLENATORE DEL SETTORE GIOVANILE
  • Dovrebbe essere orientato al singolo piuttosto che alla squadra
  • Deve gestire i processi di apprendimento tecnico, fisico e comportamentale
  • E' capace di cogliere e sviluppare le attitudini individuali
MOTIVAZIONE → si passa da “sono bravo, merito considerazione” a “ho dimostrato di essermelo guadagnato” IMPORTANZA DEL LIVELLO DI CAMPIONATO

L'inserimento di un giovane in un gruppo senior o, vice versa di un elemento esperto in un gruppo giovane deve essere studiato molto bene.
Nel primo caso il giovane deve ESSERE MOTIVATO e la sua presenza nel gruppo deve essere MOTIVO DI CRESCITA (per lui e per il gruppo) e non un semplice TAPPABUCHI. Per far questo bisogna studiare bene un apposit programma di lavoro.
Nel secondo caso l'atleta evoluto DEVE ESSERE FUNZIONALE AL MIGLIORAMENTO TECNICO dei COMPAGNI e SUPPORTARLI DAL LATO AGONISTICO. Per far questo è importante scegliere la PERSONA GIUSTA che sappia interpretare questo difficile ruolo fornendo un esempio positivo (come giocatore e come persona) sia in allenamento che in gara





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