Ecco qua il secondo capitolo, nel quale avrete l'occasione di fare un bel ripassone di Storia Medievale (ehi! Non scappate!), essere introdotti nei misteri culinari della "Frasca Da Ciccio" e conoscere un po' meglio Martin!
Il declino della romanità
Il
declino della romanità. L'impero romano era stato un impero di
cittadini più che di militari ed il suo fondamento era dato dalle
città. All' unita politica si accompagnavano larghe autonomie e
soprattutto Pace.
Risorsa principale era l'agricoltura.
Elementi
di crisi:
- Anarchia militare (III° Sec.) per accapparrarsi il potere con devastazioni belliche
- Crisi Economica
- Crisi Monetaria, con rialzo dei prezzi e miseria per le masse popolari.
- Spopolamento dell' Impero.
Così
ragionava il bacato cervello di Martin, mentre chiudeva la serranda
della libreria al termine di una faticosa giornata di lavoro.
Era
una serata di inizio giugno, ovviamente piovosa. La pioggia gli
riportava alla mente le levatacce che aveva dovuto fare durante il
periodo universitario. Nelle giornate d'esame, per raggiungere la
sede della gloriosa Università Ca' Foscari di Venezia in tempo utile
per l'appello, doveva uscire di casa ad orari assurdi e poi
percorrere circa 3 chilometri per raggiungere la stazione
ferroviaria. Ovviamente a piedi dato che i mezzi pubblici si
rifiutavano di attivarsi ad un' ora così ridicola e visto che non
possedeva un' auto. In quelle occasioni, puntualmente onorate da
precipitazioni parecchio violente, Martin camminava per la città
deserta declamando nella propria mente i propri personali appunti
riguardanti la materia d'esame.
Per
non perdere l'abitudine, anche a distanza di parecchi anni, Martin
continuava a ripetere gli argomenti studiati ad ogni occasione
propizia.
Quella
serata di inizio giugno gli sembrò favorevole per un bel ripassone
generale di Storia Medievale.
Percorse
velocemente lo spazio aperto del caratteristico vicoletto nel quale
si trovava la libreria e si pose in salvo sotto un accogliente
portico.
Si
guardò attorno. Nonostante fossero solo le otto di sera non c'era
anima viva. La pioggia aveva fatto rintanare tutti nelle proprie
abitazioni. Il deserto. Un'altra condizione ideale per il ripasso
mentale. Si ricordò che nelle mattinate in cui l'attraversava
deserta e silenziosa la città gli era apparsa più bella che mai.
Ovattata. Rassicurante. Addirittura poetica. Anche gli operatori che
raccoglievano la monnezza nella malfamata Piazza Risorgimento gli
parevano ammantati da un' aura quasi carducciana. Ovviamente nel
tragitto incontrava anche personaggi dal sapore più pasoliniano come
fornai e giornalai che aprivano le loro attività o puttane e papponi
che viceversa si ritiravano verso un giusto riposo. Quando poi
raggiungeva Piazza XX Settembre veniva colto, ogni volta, da un
fanciullesco stupore per l'effetto che avevano su di lui quei palazzi
illuminati. A volte gli sembrava di attraversare cattedrali dorate.
Altre volte si sentiva come un bambino imprigionato in un quadro
metafisico di De Chirico.
Ad
essere pignoli si poteva obbiettare che gran parte dei palazzi della
Piazza potrebbero venire catalogati come orridi esemplari di
architettura razionalista anni '60.
Ma
a Martin delle classificazioni architettoniche non fregava nulla. A
lui la piazza piaceva così.
Di
notte.
Illuminata.
Silenziosa.
Deserta.
Il
fato avrebbe benissimo potuto catapultarlo in un posto con spiagge,
fenicotteri, ragazze formose in costume da bagno, poliziotti che
viaggiano con Ferrari Testarossa Bianca (Mai visto Miami Vice ?). Al
contrario aveva deciso di fargli trascorrere la prima parte della sua
esistenza nel lembo più piovoso del Nord-Est italiano. Dove PIOVE la
mattina quando ti svegli, PIOVE quando hai appena lavato la macchina
(e, a quanto pare, qui la lavavano tutti spesso…), PIOVE anche
dentro il magazzino della libreria, perché qualche geniale
architetto ha deciso di costruire delle grondaie interne. Martin con
buona pace di D'Annunzio, non ci trovava nulla di molto poetico in
tutta quest'acqua, ma se l'oscuro disegno del destino aveva così
deciso, vi si sarebbe assoggettato di buon grado. D'altronde prendere
delle decisioni non era mai stato il suo forte.
In
realtà aveva talvolta desiderato di poter vivere come il Commissario
Montalbano. Nascostamente immerso nella lettura dei romanzi di
Camilleri durante l'orario lavorativo, aveva spesso invidiato all'
affascinante poliziotto, nell' ordine:
- La magnetica capacità di far cadere ai propri piedi le donne
- La proprietà di una villa sul mare
- La possibilità di fare ogni mattina una nuotata nel medesimo, appena alzati
- Un aiutante surreale come Catarella
- La cammarera Adelina e le sue specialità.
- La trattoria San Calogero
Si
accorse di essersi fermato, imbambolato, davanti ad un palazzo, di
recente restaurato della Contrada Maggiore. La facciata decorata con
motivi geometrici rossi affrescati, lo aveva ipnotizzato.
Un
brontoliò sospetto proveniente dalle sue cavità gastriche lo
riportò a pensieri più terreni e meno filosofici.
Martin
sapeva che i segnali subliminali non andavano sottovalutati.
"
Calogero? Montalbano sei un dilettante… "
Felice
e impaziente girò sui tacchi percorse a ritroso tutto Corso Vittorio
Emanuele scalpicciando allegramente con le scarpe tra le pozzanghere.
Fece
una reverenza alla nobile Loggia del Municipio ed entrò nel suo
vetusto automezzo, parcheggiato pochi metri più avanti.
Partì
facendo un tentativo di sgommata.
Destinazione?
La
Frasca Da Ciccio.
***
L'
incauto viaggiatore che volesse avventurarsi verso la Frasca Da
Ciccio dovrebbe invero affrontare un periglioso cammino lungo
l'argine del minaccioso torrente Brentella. Seguendo l'andamento del
suddetto corso d'acqua giungerà in un loco ameno, dominato da un
grigio fabbricone e da un continuo viavai di camion provenienti da
tutte le parti del mondo.
L'unico
segno di attività non industriale della zona era rappresentato
appunto dalla Frasca del buon Ciccio.
Ma
non si aspetti il nostro viaggiatore di trovare cartelli o
indicazioni che indichino la retta via. La Frasca era un luogo da
iniziati, alla quale si poteva venir ammessi solo per conoscenza
diretta col capo del locale o tramite amici.
Le
condizioni per l'ammissione erano essenzialmente due: non rivelarsi
"malati " (ovvero astemi) e riuscire ad ingurgitare le
monumentali porzioni servite, senza dare segni di cedimento.
Martin
si era sempre dimostrato molto ferrato nelle materie gastronomiche ed
era stato ammesso senza difficoltà nel club, diventandone in breve
tempo uno dei più assidui frequentatori.
Appena
giunto sul luogo aveva fatto scorrere, non senza fatica, l'arcigno e
sferragliante cancello verde che immetteva sul giardinetto del
locale.
Come
di consueto, con l'approssimarsi della bella stagione Ciccio aveva
approntato l' ala estiva del ristorante.
Gli
avventori si potevano sistemare all'aperto, sotto un ampio gazebo
circondato da caratteristici filari di vite. I tavolini erano
decorati da addobbi floreali, mentre la comodità dei nobili
fondoschiena era garantita da panchine in ferro battuto, simili a
quelle che si trovano comunemente nei parchi pubblici, ammorbidite da
soffici sedute ingentilite da una fantasia a righe verticali blu-nere
che a Martin ricordavano stranamente i costumi da bagno in voga all'
inizio del Novecento.
Giove
Pluvio aveva deciso che per quella giornata aveva scaricato una dose
sufficiente di acqua nel pordenonese e quindi Martin potè dirigersi
tranquillamente e senza l'ausilio del suo pittoresco ombrello verso
quello che egli riteneva il SUO posto. Si trattava di un tavolinetto
appartato dal quale riusciva a vedere tutti gli altri clienti del
locale e quindi dedicarsi ad uno dei suoi hobby preferiti. Martin si
divertiva enormemente a scrutare gli altri individui che popolavano
con lui il globo terracqueo e a cercare contemporaneamente di
intuirne i pensieri, le preoccupazioni e le vicende private. Talvolta
si sorprendeva ad inventare storie mirabolanti che avevano come
ignari protagonisti i suoi vicini di tavolo. Divorzi, viaggi
avventurosi, amanti segreti, desideri inconfessati: Martin faceva
vivere delle vite eccitanti ed intricatissime a queste persone che
diventavano delle sorta di marionette che si animavano tra i suoi
disordinati neuroni. Allarmata la solita vocina interna gli
sussurrava che questo gioco fosse dettato dal fatto che la sua
esistenza scorreva, invece, piatta, monotona e senza sussulti. Martin
per una volta si ritrovò d'accordo con questo subdolo Grillo
Parlante personale. La stillettata che gli giungeva dal suo
subconscio profondo era indiscutibilmente e tristemente vera.
Martin
aveva da un pezzo cessato di credere a Leibniz. Non viveva nel
migliore dei mondi possibili (neanche nel peggiore, doveva
ammetterlo), ma doveva piegarsi alla realtà dei fatti. Anche se
questo non gli impediva di continuare, per la maggior parte della
giornata, a sognare ad occhi aperti.
"
Per cosa vale la pena vivere, se non per tentare ogni giorno di
realizzare i nostri sogni ?" - si chiedeva il filosofo Martin
quando venne interrotto dalla mastodontica apparizione di Ciccio.
"
Buonasera Martin. Il tavolo è quello consueto. E, a quanto pare
anche le preoccupazioni…"
"
Ormai questa panca ha preso la forma del mio sedere, Ciccio" -
disse Martin tentando di far ritornare correttamente in funzione il
proprio organismo, provato da voli troppo alti e filosofici - "
Non sono preoccupato. Stavo solo riflettendo. Secondo te Ciccio
viviamo nel migliore dei mondi possibili? "
"
Dai Martin. Per fare filosofia è troppo presto e hai bevuto ancora
troppo poco. Per riparare a questa tua gravissima mancanza ho pensato
di portarti l'aperitivo della casa per preparare il tuo stomaco alla
battaglia che dovrà affrontare stasera".
Appoggiò
un voluminoso bicchierone da mezzo litro sul tavolo e se ne ritornò
sornione verso la cucina.
Martin
si guardò attorno. Il locale era pressochè deserto. Gli unici altri
clienti erano due signori sulla cinquantina che non si erano mai
scambiati una parola da quando Martin era entrato nel locale.
"Che
triste. Perché rimanere insieme quando non si ha niente da dirsi? "
pensava Martin in versione consulente matrimoniale. La coppia aveva
un' espressione così triste che Martin non riusciva neanche a
favoleggiare su di loro.
Deluso
come un bambino al quale è stato sottratto il giocattolo preferito,
decise di affrontare l'aperitivo della casa.
La
composizione, come nelle migliori tradizioni era segreta, ma gli
ingredienti più facilmente identificabili erano il ghiaccio, il
Pernod e la Coca Cola. Il beverone aveva anche la simpatica
caratteristica di sembrare leggero e scivolare tranquillamente lungo
gli esofagi degli incauti bevitori. Che però venivano in seguito
colti da allegria alcolica nel prosieguo della serata.
Nell'
esatto momento in cui le bollicine del cocktail iniziarono a
solleticare felicemente le papille gustative della lingua di Martin,
Ciccio decise che era ora di mettere in funzione il monumentale
maxischermo, che aveva comprato in occasione degli ultimi mondiali di
calcio.
Stava
per iniziare il telegiornale della sera nella più rinomata ( e unica
) tivù locale. Come di consueto era condotto dal più famoso
anchorman cittadino, Toni De Luigi, del quale Ciccio era un franco ed
entusiasta ammiratore.
Era
uno spettacolo vedere Ciccio mentre guardava, anche se sarebbe stato
più giusto dire, viveva, il telegiornale. Era tutta una sequela di
pugni battuti sul bancone e di " Ben Detto! " , "
Giusto!" , " I
politici i magna tutti!
" e altre espressioni colorite sui più svariati argomenti che
andavano dall'immigrazione alla ristrutturazione dei tombini di Viale
Dante.
Attorno
all'amico giornalista si affollavano svariati e pittoreschi
personaggi: dal politico locale, all'industrialotto, dal presidente
della squadra di calcio al coltivatore diretto che organizzava
l'immancabile sagra nello sperduto paesetto. Ognuno di loro aveva la
democratica possibilità di esprimere le proprie idee in due pseudo
warholiani minuti di celebrità. E non si contavano le volte in cui
era capitato che due ospiti si trovassero in disaccordo e si
insultassero, rigorosamente in dialetto.
Per
dar spazio a tutti gli ospiti a volte il programma raggiungeva durate
bibliche. Era l'unico tiggì che Martin conoscesse, che riusciva ad
occupare quotidianamente circa tre ore di palinsesto per ogni
edizione.
La
popolazione naoniana era divisa nella valutazione della qualità del
programma. C'era chi riteneva De Luigi un illuminato che non le
mandava certo a dire e che se si fosse candidato come Presidente del
Consiglio lo avrebbe incondizionatamente votato.
D'altro
canto c'era chi esprimeva dissenso nei suoi confronti. Non era
infrequente sentirlo nominato col gentile appellativo di "Tonimona"
, ovviamente pronunciato tutto d' un fiato. Il fonema non si riferiva
ovviamente ad una fantomatica isoletta polinesiana, ma metteva in
evidenza le presunte scarse facoltà intellettuali di De Luigi.
Di
sicuro non era un discepolo di Michael Moore e non doveva aver
recepito gli ammonimenti contenuti in Last
Bowling in Columbine
e Fahrenheit 9/11
sui danni prodotti dall' allarmismo nei programmi televisivi.
Martin
guardava quasi in trance il tubo catodico. Il gusto di anice e Coca
gli riempiva piacevolmente il palato. Sullo schermo l' apertura del
telegiornale:
Immagini
di clandestini.
Sottofondo
musicale: "Fin che la barca va" (Orietta Berti).
Immagini
di prostitute lungo un vialone (Di certo non pordenonese)
Poliziotti
che procedono ad arresti.
L'intuitivo
ed eizensteiniano montaggio mirava a mettere in guardia gli inermi
cittadini locali sui pericoli collegati all'immigrazione.
L'unico
allarme che scattò in Martin era quello lanciato dal suo fegato,
preoccupato di non venire innaffiato in maniera troppo pesante da
materiale alcolico.
I
centri del pensiero di Martin erano invece impegnati in altre e più
gravi riflessioni
"
Chissà quale fantastica acconciatura sfoggerà stasera De Luigi? "
"Maledetto
Pernod "- commentò la solita vocina.
A
risollevare le miserie dei discorsi interiori di Martin ci pensò
Ciccio, servendogli una porzione da reggimento di una delle sue
specialità: la pasta ai formaggi. Inutile domandarsi di quali
formaggi si trattasse. Ciccio non avrebbe svelato la ricetta neanche
sotto tortura. Martin non intendeva indagare a riguardo. A lui
bastava raggiungere le vette paradisiache del gusto facendosi
trasportare da quel Caronte friulano che in più lo traghetto su un
Acheronte di vino rosso casalingo.
Tra
un boccone e l'altro Martin captava frammenti sonori di notiziario
"
Ospitiamo ora il Presidente della Provincia…. "
"
Ebbene cari telespettatori "
"
…. nani, ballerine e quant'altro, amici miei. E quant'altro…"
La
pasta di Ciccio era così buona che a Martin sembrava sempre finisse
troppo presto, nonostante con un semplice calcolo si potesse dedurre
che ne aveva ingurgitati svariati etti.
Ma
l'oste non lo deluse. Appena gli mise sotto il naso il fegato alla
Veneziana con polenta che aveva preparato come secondo gli occhi di
Martin iniziarono a brillare di gratitudine.
Fedele
al ritornello che recitava "Se
i mari fossi tocio e le montagne polenta"
Martin iniziò un suo personale giro turistico.
Sapeva
che il soffritto di cipolla che copriva abbondantemente il piatto lo
avrebbe reso inavvicinabile per qualche ora, ma procedette
meticolosamente e scrupolosamente all'occultamento delle prove.
Stava
battagliando contro un fegatino che non si voleva piegare al volere
della sua mascella quando, quasi a tradimento, la sua attenzione
venne calamitata dal televisore.
"
Il mondo della
scuola è in subbuglio e si sta misteriosamente interrogando"
Martin
fece segno a Ciccio di alzare il volume.
"
Da alcuni giorni lo
stimato Professore Bruno Battirani, maestro di intere generazioni di
pordenonesi, non da più notizie di sé.
"
Il
cellulare di Martin iniziò a vibrare. Era la sua fidanzata che lo
cercava. Anche se sapeva che così si sarebbe imbufalita, Martin non
esitò un secondo a premere il tasto rosso e a chiudere il telefono.
Si trincerò dietro la simpatica vocina registrata che avrebbe
informato la sua interlocutrice che c'era la concreta possibilità
che l'utente da lei chiamato avesse il telefono spento o non
raggiungibile.
"
Ad accorgersi della
scomparsa del Battirani è stata Agata, la domestica del Professore.
Non vedendo ritornare a casa il padrone, l'anziana signora si è
allarmata e ha allertato gli organi di polizia. Attualmente gli
investigatori stanno setacciando le carte del professore alla ricerca
di utili indizi. Non si esclude nessuna ipotesi, nemmeno quella
tragica di un suicidio
"
"
Positivo come al solito " - pensò Martin.
"
Pare infatti che il
Professor Battirani, da parecchi anni ritiratosi in pensione,
attraversasse un periodo di depressione, causato apparentemente dal
rifiuto di vari editori di pubblicare una sua opera saggistico -
letteraria. Noi, personalmente confidiamo nel ritrovamento del
Professore, anche nel caso si sia compiuto un destino tragico ed
avverso. Nei prossimi giorni vi terremo costantemente informati sugli
sviluppi della vicenda.
"
Seguiva
poi una tirata sulle tristi condizioni degli anziani che vivono in
solitudine, maltrattati ed abbandonati dalla crudele e spietata
società contemporanea.
Martin
solleticato dalla storia appena udita non ascoltò il predicozzo
conclusivo di De Luigi. I suoi fertili e curiosi ingranaggi cerebrali
avevano iniziato a fantasticare sulla vita, sicuramente affascinante,
del Professor Battirani.
"
Avrà trascorso un'ordinaria vita da professorino ? Chissà quali
persone hanno vissuto attorno a lui? Magari ci ha lasciato un
testamento spirituale nella sua opera letteraria. Mi piacerebbe
proprio leggere quel libro. " - L'adrenalina scorreva nelle sue
vene, sollecitata anche dal glucosio somministratogli da Ciccio sotto
forma di Tiramisù, farcito da pregevoli tocchi di cioccolata
fondente extralusso.
Martin
segnò un appunto nella sua agenda mentale. All'indomani al risveglio
avrebbe telefonato al suo amico Leo Merlo, attivo agente della
Squadra Mobile, che si sarebbe sicuramente occupato della scomparsa
del Professore. Voleva assolutamente leggere quel libro. Ormai si era
incaponito che quello scritto contenesse rivelazioni fondamentali.
Per dimostrare la sua ostinazione ingurgitò tutto d'un fiato il
digestivo che silenziosamente aveva fatto la comparsa sul tavolo.
Bruciore.
Stordimento. Adrenalina che va e viene. Martin raggiunse barcollante
la sua auto dopo aver debitamente salutato e ringraziato Ciccio.
Seduto
al posto di guida tentò di riprendersi dalla battaglia
enogastronomica. Pensò che quello sarebbe stato il momento ideale
per rifugiarsi nel rassicurante abbraccio di Jamila, la sua
fidanzata. Poi venne colpitò da una scheggia di memoria che gli
riportò alla mente il fatto che non più tardi di un' ora prima le
aveva brutalmente sbattuto il telefono in faccia.
Tutta
la stanchezza della giornata lavorativa si riversò improvvisamente
sulle membra di Martin.
E
fece capolino un maestoso, terrificante, stordente mal di testa.
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