Martin si inerpica, con fatica e un discreto fiatone, lungo la strada che passa per la Ru, piccolo ruscello caraltino che può vantare anche delle piccole cascatelle. A far strada il Professor Battirani che ci racconta qualcosa di più della sua avventurosa esistenza
" Silenzio il nemico ti
ascolta ! "
"
Silenzio il nemico ti ascolta ! ". Questa frase rimbombava nelle
tempie di Martin mentre si inerpicava per l'erta e ghiaiosa salita.
Era
la frase che suo nonno gli ripeteva sempre quando camminavano per i
sentieri montani, nei panni di arditi soldati. Un modo gentile per
farlo tacere. Ora stava letteralmente inseguendo il Professor
Battirani, che, a dispetto dell'età, scarpinava agile come uno
stambecco. Avevano appena attaccato la strada che passava per il Rù,
un ruscello caratterizzato da piccole cascatelle dove turisti e
locali si fermavano per fare un bagno d'estate. A dirla tutta la
strada era adatta anche al passeggio di vegliardi anzianotti, ma il
fisico di Martin era tutt'altro che allenato e il fiatone si faceva
già sentire. Ma Battirani non sembrava intenzionato a fermarsi ed
anzi aveva deciso di iniziare la salita verso il rifugio di Cima
Montagna.
"
A cosa sta pensando giovanotto?"
"
Forse le sembrerà strano, o la farà sorridere: seguendola mi è
sembrato di rivivere le passeggiate che facevo quando ero piccolo con
mio nonno. Sa, mi raccontava sempre storie di guerra e così ci
trasformavamo in valorosi soldati inviati a compiere pericolose
missioni. Talvolta si trattava di far provvista di legno, altre di
riempire la cambusa con funghi o nocciole. Nei casi più arditi si
doveva andare ad esplorare un sito nemico potenzialmente pericoloso
come una cascata o una mangiatoia. Durante il tragitto incontravamo
sempre misteriosi nemici ai quali potevamo liberamente tirare delle
micidiali pigne-granata. In ogni caso sapevamo che una volta tornati
alla base la nonna-maresciallo ci avrebbe fatto trovare il meritato
ed abbondante rancio!
Grazie
a tutte queste peripezie ho imparato a conoscere, rispettare ed
amare la montagna"
"
Io ringrazierò sempre la montagna, - disse Battirani - la serenità
ed il senso di protezione che sa trasmettere. In alcune occasioni è
terribile e può far paura, ma ti insegna il rispetto, la conquista
delle piccole cose. Inoltre le persone che ci abitano sono dure come
la roccia, discrete, ma ti sanno anche scaldare come il sole che
sorge alla mattina sulle valli. O emozionare, come la visione di un
prodigio della natura."
"
Sembra molto legato a questi luoghi. Non vorrei sembrare indiscreto,
ma posso chiedergliene la ragione? È nato da queste parti?"
"
Giovane amico, so per certo che avrà letto i miei dati biografici,
quindi dovrebbe ricordarsi che sono nato a Roma, qualche anno fa."
"È
vero - disse Martin arrossendo. Gli parve di essere uno scolaretto
che non aveva ripassato bene la lezione ed era stato colto in fallo
da un severo insegnante - Ma allora com' è che conosce così bene
questi luoghi. Se non sbagllio dal '47 in poi si è trasferito
stabilmente a Pordenone. Per caso ci veniva in villeggiatura
d'estate?"
"
Se la mette in questi termini potremo definirla una villeggiatura
forzata" - disse amaramente il professore. Nei suoi occhi si
leggeva chiaramente la commozione, ma anche la rabbia che i ricordi
gli riportavano alla mente. " Lei sa cosa successe nel 1938? Per
essere precisi il 6 Ottobre…"
Martin
iniziò a riflettere. Stava estraendo dal suo archivio mentale il
file relativo a quegli anni. Fortunatamente aveva da poco colto
l'occasione per un classico ripasso mentale della storia di quel
periodo.
Si
illuminò una serie di led che componevano la scritta "Dichiarazione
della razza"
"
Le leggi razziali " - sussurrò Martin.
"
Esatto "
"
Lei è ebreo? "
"No.
Nell' ottobre del 1938 la vita mi sorrideva. Mi ero laureato da
qualche mese in fisica e in settembre ero convolato a nozze con una
meravigliosa ragazza, Sara.
Ero
felice. Facevo un lavoro che mi entusiasmava e gratificava e a casa
mi aspettava ogni giorno un angelo. All' epoca ero troppo impegnato
nel mio mondo di ricerche e di ideali per capire quello che stava
succedendo in Italia e nel mondo.
Ma
improvvisamente dovetti risvegliarmi da questo sogno. E in maniera
piuttosto brusca, purtroppo. "
"
Cosa successe? "
"
Al giorno d'oggi direbbero che ero vittima di un tipico caso di
mobbing in ambiente lavorativo. Mi sottoponevano quotidianamente a
pressioni, intimidazioni ed umiliazioni che avrebbero potuto cessare
in un'unica maniera: ripudiando mia moglie, che era ebrea.
Mi
prospettarono una brillante carriera nel settore scientifico e un
ricco tenore di vita. D'altronde il mio ambito di ricerca li
interessava, e non poco.
Avrei
potuto avere tutto ciò che avrei voluto, almeno così dicevano, se
solo avessi rinunciato alla mia relazione con quella donna dal codice
genetico impuro. Non farlo, viceversa, mi avrebbe precluso qualsiasi
possibilità di far carriera, di continuare le mie sperimentazioni e
mi avrebbe bandito dalla cosiddetta società civile. "
Si
vedeva chiaramente che la rievocazione dei fatti lo faceva star male.
Dopo oltre sessant'anni la ferita non si era ancora rimarginata.
"
Non ebbi un attimo di esitazione. Amavo troppo Sara, e non sarebbe
stata certo l'illusione di una vita dorata a farmi dividere da lei.
Avrei cominciato una vita diversa, lontana dai grandiosi sogni e
progetti inseguiti durante gli anni dell' università. "
"
Vedo che l'amava profondamente. Penso però che non sia stato tanto
facile rinunciare a tutto quello che aveva pazientemente costruito.
Mi sembra che ancora non abbia digerito completamente quel
sacrificio. "
"
Si sbaglia giovanotto. Pur di rimanere accanto a Sara sarei stato
disposto ad accettare le peggiori privazioni e i lavori più umili.
Quello che ancor oggi, a distanza di così tanto tempo, mi rode
dentro e mi fa star male, è stata l'indifferenza e l'abbandono di
tante persone che ritenevo amici. Amici veri. Quelli di una vita, ai
quali hai confidato tutte le tue gioie,esperienze o paure. Ora tento
di giustificarli appigliandomi alle difficoltà dovute alla
particolare situazione storica ed ambientale o all'educazione
ricevuta. Tento di mettermi nei loro panni e immagino a cosa avrei
fatto io al loro posto in un periodo dominato dalla tensione, dalla
paura, dall'odio. Tento di convincermi che non mi hanno fatto del
male consapevolmente, ma non riesco a perdonarli.
Da
un giorno all'altro ho visto il mio mondo crollare. Persone di cui mi
fidavo mi voltavano improvvisamente le spalle. Dovunque andassi mi
sentivo addosso sguardi gelidi, inquisitori o compassionevoli.
Lei
non ha idea di quanto sgradevole sia la sensazione che si prova. È
come sentirsi stranieri e prigionieri in casa propria, senza nessun
conforto, neanche da parte dei propri parenti. Si diventa un fenomeno
da baraccone di quelli che una volta si esponevano nelle fiere o nei
circhi. "
Si
erano seduti su di uno strano masso dalla forma ergonomica. Un sedile
naturale messo a disposizione dal paesaggio per i camminatori che
desideravano riposare per qualche secondo.
Martin
osservava il suo interlocutore. Gli era sempre apparso molto più
giovane di quanto non fosse in realtà, probabilmente per la
sicurezza che dimostrava, per la cura che distingueva la sua persona
e per quel suo incedere fiero e regale.
Dopo
aver condiviso le proprie esperienze sembrava provato, fragile, quasi
curvo sotto il peso degli anni e di esperienze che segnano
indelebilmente una persona.
Martin
provo una gran compassione e nello stesso tempo una forte ammirazione
per l'uomo che aveva di fronte. Decise perciò di fare la sua parte e
confidarsi con lui, come forse non aveva mai fatto con nessun altro
prima
"
Sa io la capisco. "
Battirani
alzò il sopracciglio, diffidente. Come poteva quel ragazzotto
imberbe anche solo immaginare le sofferenze che aveva vissuto lui?
Martin
intuì i pensieri che si stavano affacciando nella mente del
professore.
"
Non si preoccupi. Non mi è successo niente di neanche lontanamente
paragonabile a ciò che è capitato a lei. Quindi eviterò ogni sorta
di paragone ".
Battirani
dentro di sé tirò un sospiro di sollievo. Il ragazzino non era così
sprovveduto. Forse avrebbe potuto fidarsi.
"
Il fatto è che " - riprese Martin - " anch'io ho una
fidanzata".
Battirani
stava quasi per ricredersi. Che razza di rivelazione era mai questa?
"
Il particolare " - concluse Martin, con aria un po' teatrale - "
sta nel fatto che è araba, caratteristica che non va propriamente
per la maggiore nell' evoluto, progressista e tollerante Nordest,
specie di questi tempi. Mi creda, conosco perfettamente la sensazione
che descrive: il sentirsi gli occhi puntati addosso, i discorsi e i
pettegolezzi a mezza voce. La donna della tua vita che viene
marchiata come un soggetto pericoloso e criminale senza ragione
alcuna. Fortunatamente, nel mio caso, gli amici veri sono al mio
fianco ed ho imparato tranquillamente a farmi scivolare di dosso le
malvagità piovute dalle altre persone. I primi tempi ci stavo
veramente male, quasi che amare una persona fosse una colpa
terribile. Ora ho imparato a fregarmene e le assicuro che vivo
benissimo".
Battirani
sorrise.
"
Sentire queste parole mi apre veramente il cuore. Penso che questa
empatia faciliterà le comunicazioni tra di noi."
La
frase risultò criptica per Martin che già aveva esercitato un
grosso sforzo lirico per riuscire a descrivere adeguatamente i
sentimenti e le emozioni che albergavano nel suo animo.
Era
poi profondamente curioso di venire a conoscenza degli eventi che
avevano visto protagonista il Professore durante gli anni di guerra.
C'era da colmare un gap di una decina d'anni. Martin si era
interrogato più volte, e come al solito, aveva fantasticato, sulla
vita di Battirani in quegli anni. Una ridda di ipotesi, spesso
francamente assurde, aveva affollato i centri del suo pensiero ed ora
aspettava come il discepolo di un santone, la Rivelazione.
Il
vecchio doveva aver intuito questa sorta di conflitto intellettuale
che sconvolgeva la mente di Martin e se la rideva divertito.
"
Immagino che lei ora voglia sapere cosa mi ha trascinato fin qui e
quello che è successo in seguito "
Potere
dell' empatia. Proprio la domanda che avrebbe voluto formulare
Martin. Purtoppo la cosa non gli riusci molto bene a causa di una
certa agitazione che lo coglieva quando si trattava di esprimersi nei
momenti decisivi.
Fortunatamente
il professore lo cavò di impiccio e proseguì il proprio racconto.
"
La situazione a Roma si fece sempre più insostenibile e le pressioni
continue. Nel dicembre del '38, decisi di approfittare delle vacanze
natalizie per abbandonare Roma. Partimmo di notte, come i peggiori
criminali, portando con noi solo pochi bagagli. Soprattutto ricordi
di quella che sarebbe stata la nostra vita passata".
Martin
ascoltava attento e rapito.
"Grazie
all'aiuto di uno dei pochi amici rimasti fedeli, riuscimmo a
raggiungere il Cadore, dopo un viaggio che non esiterei a definire
allucinante. Le risparmio i particolari, ma le assicuro che mi
vengono ancora i brividi quando ci ripenso".
***
Brividi.
Pelle d'oca. Disgusto. Disgusto estremo. Come si poteva decidere
consapevolmente di assassinare le proprie cellule epatiche con un
liquido tanto ripugnante?
Appollaiato
su una delle (invero scomode) sedie plastificate presenti sulla
verandina del Rododendro, Martin squadrava con sguardo rassegnato il
bicchiere di liquido prodotto per la prima volta a Lynchburg nel
Tenessee dallo Stimato Jack Daniel.
"Non
poteva, quel maledetto, continuare a giocare con i tappi di sughero
delle botti?"
"Non
potevi prendere un'acqua minerale?" - gli suggerì la solita
insopportabile vocina interna.
Nel
frattempo una schiera di giovani mocciosi giocavano con lo scassato
calcetto lì presente e si guardavano bene dall'inserire ogni volta
le monetine necessarie.
Il
trucco era semplice: bastava tenere sempre aperta l'uscita delle
palline, bloccando la manopola con uno stecco. Martin da bimbo lo
aveva fatto un sacco di volte.
Sorrise
ripensandoci e gettò uno sguardo al professore che si stava
dedicando con profitto a svuotare la bottiglia dell'ambrato liquore.
"
Le piacciono i bambini?" - buttò lì Battirani, che si era
accorto delle occhiate che gli stava lanciando Martin.
"
In che senso " domandò Martin con espressione inebetita
"
Oh che tempi!"- fece il Professore in preda ad un accesso
ciceroniano - " Anche la domanda più innocente può venire
equivocata! Amico mio, volevo solo chiederle se ama osservare i
bambini che giocano oppure li detesta in quanto portatori di
confusione, stress e cattivi odori…"
"Si,
beh, mi piacciono…" bofonchiò imbarazzato Martin.
"
Quando vivevo qua mi sedevo sempre a questo tavolo ad osservare la
nuova generazione che giocava. Teneri ed inconsapevoli delle cose più
grandi di loro che stavano accadendo nel mondo"
Fece
una pausa ed inghiotti un largo sorso di whisky, quasi a scacciare il
groppo che aveva in gola.
"
Non era tempo quello per mettere al mondo nuove creature. Almeno non
per me. Che microcosmo laido e vuoto avrebbe conosciuto e quali
privazioni avrebbe dovuto sopportare"
Battirani
era sull'orlo delle lacrime e Martin, con abile mossa strategica
tentò di deviare il corso della conversazione
"
Come avete fatto lei e sua moglie a sopravvivere in questo paesetto
per tutti quegli anni?"
Non
era proprio il massimo, si disse Martin, ma almeno era un tentativo.
"Come
le ho detto prima la gente di montagna sa essere molto ospitale, ma
anche riservata. Io e Sara siamo vissuti all'interno di un tabià,
una di quelle particolari costruzioni di legno che vede disseminate
lungo le stradine del paese. Sono una via di mezzo tra un granaio ed
una stalla, ma sono stati la nostra casa. Per quasi tre anni."
"
Per tre anni? Pensavo foste rimasti qua fino alla fine della guerra"
"
Pensava male. Per quasi tre anni io e mia moglie siamo stati parte di
questa comunità. Aiutavamo gli abitanti nelle loro occupazioni
quotidiane e i loro figli con quelle che al giorno d'oggi si
sarebbero chiamate ripetizioni"
"Non
avete mai avuto problemi con i fascisti del luogo? Intendo dire, mai
nessun timore di venire scoperti?"
"No.
Il podestà più vicino era ad una trentina di chilometri e veniva
raramente fin quassù. E poi la gente non faceva troppe domande.
Penso che molti di loro non sapessero neanche chi fossimo.
Probabilmente apparivamo come due persone affidabili. E tanto
bastava"
"
E poi cosa accadde?" domandò Martin, incuriosito.
"Forse
lei non ci ha fatto caso, ma, questo paesetto è sempre squassato da
impetuose folate di vento"
Beh
si, certo. Ci aveva fatto caso. Ma cosa c'entrava col discorso?
Martin ipotizzava già terribili catastrofi naturali.
"
Qui, quando cessa il vento succede sempre qualcosa"
Martin
era sulle spine. Forse per una volta aveva azzeccato le previsioni
"
Di solito piove, o peggio, grandina. Ma quella mattina dell' Ottobre
1942 successe qualcosa di imprevisto "
Ovvero?
Perché doveva essere così maledettamente difficile portare a
termine un discorso. Martin si torturava i palmi delle mani,
impaziente di sapere
"
Mi ricordo ancora la scena " - fece con aria teatrale Battirani
- " Stavo seduto sugli scalini del tabià. Davanti a me c'eraun
enorme spiazzo di erba mal curata e ghiaino. Assenza assoluta di
vento. Non una foglia che si muovesse. Il cielo era scuro, carico,
minaccioso. Seduta al mio fianco Sara mi teneva la mano e nel
frattempo leggeva. Un libro interessante, sa? "L'idiota"
di Dostoevskij. L'ha mai letto?"
Ma
era possibile? Uno spot per la letteratura russa nel bel mezzo del
racconto… Martin che aveva sempre odiato le interruzioni
pubblicitarie si trattenne a fatica.
"
In ogni caso, improvvisamente, si creò una sorta di vento
artificiale. Io e Sara alzammo simultaneamente gli occhi al cielo e
ci accorgemmo che si trattava…"
"…
di alieni!" concluse trionfante Martin.
"
Ah ma allora è proprio un vizio di voi pordenonesi. Alieni, ma mi
faccia il piacere"
Martin
desiderò profondamente di venir fagocitato all'istante dal terreno
sottostante.
"
Si trattava semplicemente di un elicottero. E l'equipaggio cercava
proprio noi. Salimmo a bordo"
"
E la destinazione? "
"Allora non la
conoscevamo. Salimmo a bordo e ci abbracciammo"
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