Il mercato del mercoledì è tradizionalmente il momento nel quale si scoprono le questioni importanti. Quindi, tra un pettegolezzo e l'altro, una partita di carte e un commento sulla situazione sportiva del Pordenone Calcio, possiamo anche saperne di più sulla scomparsa del Professor Battirani
I migliori clienti erano quelli
del Mercoledì mattina
I
migliori clienti erano quelli del Mercoledì mattina. Il Mercoledì
mattina il centro storico di Pordenone veniva gioiosamente invaso
dalle multicolori bancarelle del mercato.
Si
vedevano convivere serenamente venditori cinesi di borsette low cost,
senegalesi che proponevano prodotti artigianali e al loro fianco
autentiche vecchiette carniche che reclamizzavano gli scuffons,
tipiche calzature friulane, confezionate con le loro mani.
Le
donne tra una pezza di formaggio ( " El
me daghi quel bon, Gino, me racomando
" ) e la ricerca della frutta e verdura al costo più
conveniente, riuscivano a scambiarsi informazioni essenziali sui
fatti della vita. In pole position c'erano gli eventi luttuosi:
"
Hatu sentio dela Rosina? Puareta. La gera ancora zovene. La gaveva
sol che ottantasinque ani…."
Non
c'era da stupirsi. Storicamente la prima pagina del quotidiano che
veniva letta dalle massaie pordenonesi era quella dei necrologi. Solo
dopo aver scoperto che tra le macabre figurine non c'era il volto di
qualche conoscente o parente, potevano dedicarsi allo svolgimento
delle faccende domestiche.
Seguivano
a ruota i torbidi intrighi sentimentali ( " Gò
sempre dita mi che so mario gera un disgrassià….. " ),
le gravidanze, specie se inaspettate ( " Savevitu
che la fia de Bepi l'è restada piena ?
" ) e i lamenti per i rincari degli alimentari ( " Mi
no so eh ! Te parelo possibile che pago un melon tutti 'sti schei?
" glissando sul fatto che a Novembre il melone non sia proprio
un frutto che va alla maggiore tra le coltivazioni ).
In
mezzo a questo microcosmo sguazzavano abitualmente i reporter dei
quotidiani locali, sempre pronti ad intervistare e a sbattere in
prima pagina sotto forma di santino, una ventina di personaggi
abilmente reclutati tra questo esercito di informatori, che avrebbero
fatto impallidire anche i sofisticati mezzi di Echelon.
I
titoloni che ne conseguivano erano in genere apocalittici. Ogni
giorno sembrava che Pordenone stesse scivolando a gran velocità
verso la rovina economica. Quotidianamente si leggevano sfilze di
percentuali in ribasso se si trattava di dati sulla produzione
industriale. Viceversa le percentuali erano tutte in mostruoso rialzo
quando si parlava di prezzi al consumo, senza escludere nessun
settore merceologico dalle auto di lusso alla piccola utensileria.
Se
per caso un alieno fosse atterrato a Pordenone e avesse letto uno dei
suddetti giornali, si sarebbe allarmato e poi, impietosito per la
sorte dei miseri abitanti del luogo, avrebbe avuto la tentazione di
inviare vagonate di aiuti umanitari dal proprio pianeta, per
alleviarne le sofferenze.
Mentre
le consorti si dedicavano alle compere e ai pettegolezzi gli uomini
affollavano le varie osterie o le più raffinate enoteche. Tra un
ombra
e un cicheto
discutevano di politica, ma soprattutto di calcio. Oltre agli sfottò
abituali tra tifosi di squadre di serie A, si era soliti parlare
della triste sorte del Pordenone Calcio che dopo un passato pseudo
glorioso era scivolato per problemi finanziari nelle secche dei
campionati regionali.
Come
da antico costume pordenonese più che a celebrare i propri eroi si
tendeva a demonizzarli e a svilirli. Anche le attività che
sembravano funzionare bene dovevano venir criticate, grazie alla
convinzione, che alberga nel cuore di ogni vero naoniano, secondo la
quale l'unica cosa fatta bene è quella che viene fatta di persona.
Anche
i calciatori non venivano risparmiati, sia che si trattasse del
terzino sinistro ( "L'è
un broc! ") o
del costosissimo centravanti, il cui acquisto non veniva visto di
buon occhio dalla tifoseria ( " I
gà ciapà un mus per un caval!
" ).
Coloro
che non si interessavano di avvenimenti sportivi si dedicavano ai
giochi di carte.
Molti
di questi individui erano allenati da anni di gioco nelle bettole. Lo
svolgersi delle disfide a briscola, scopone o tresette era tutto un
susseguirsi di aggrottar di ciglia, ammiccare, tossicchiare: tutti
segni convenzionali che dovevano indicare al compagno quale fosse la
carta migliore da giocare. A volte le comunicazioni non erano così
fluide e quindi le giocate non andavano a buon fine.
Seguiva
uno scambio di accuse da parte dei due, ormai ex, amici che si
rimpallavano le responsabilità della vergognosa sconfitta. Nel
migliore dei casi il colpevole poteva venire additato come insemenio
, ma in caso di
colpa grave veniva bollato in presunto italiano come un inguaribile
collione.
Ovviamente non riferiamo in questa sede la particolare e fantasiosa
colonna sonora che accompagnava i giochi di carte. Basti sapere che
era composta da svariate invocazioni teologiche che comparavano le
divinità alle creature che abitano normalmente uno zoo,
probabilmente per un'operazione di recupero delle usanze dell' Antico
Egitto.
Comunque
sia chi si macchiava del delitto di lesa maestà del giuoco delle
carte, lasciava scornato la bettola e si trovava costretto ad
inventarsi una nuova occupazione per il resto della mattinata. Visto
che l'ipotesi di ricongiungersi con la dolce metà non era
contemplata, l'individuo passeggiava tristemente guardando le vetrine
dei negozi.
Finchè
non giungeva nel noto vicoletto e, attratto dalle copertine
multicolori dei libri e dal viso rassicurante di Martin, decideva di
entrare in libreria.
Martin
doveva ancora riprendersi dalla serata precedente. Dopo essere
rincasato, si era rigirato a lungo nel letto, tentando vanamente di
riuscire a prendere sonno. Era agitato. Si sentiva in colpa per
essere stato sgarbato con la sua dolce metà. Aveva tentato per tutta
la mattinata di telefonarle, ma senza successo. Conoscendo l'elevato
grado di permalosità della ragazza, il riavvicinamento non sarebbe
stato semplice. In più, durante la nottata gli era apparso in sogno
il Professor Battirani con il suo maledettissimo manoscritto.
Per
finire in gloria aveva deciso di affrontare un viaggio interstellare
strettamente abbracciato all' astronavicella Ideal Standard dentro la
quale aveva espulso le proprie frustrazioni, l'anima e anche tutte le
delizie assunte in serata da Ciccio.
Aveva
quindi tentato di lasciarsi alle spalle la sua condizione di straccio
e riacquistare la parvenza di un essere umano, concedendosi una
lunghissima doccia.
Rinfrancato
si era diretto al lavoro, pronto ad affrontare gli strambi clienti
del mercoledì mattina.
"
Eccone uno ". - pensò scrutando il buffo ometto dalla faccia
afflitta che lo guardava speranzoso dall' altro lato della vetrina.
Il
vecchietto entrò con aria timorosa, quasi si sentisse a disagio in
quel presunto tempio della cultura. Aveva i capelli scompigliati, la
cravatta allentata attorno al collo. Da una tasca della giacca
spuntava una copia del quotidiano locale. I pantaloni erano corti:
arrivavano abbondantemente sopra la caviglia lasciando intravvedere
un elegante calzino bordeaux in filo di scozia che faceva
vezzosamente pendant con la cravatta.
In
mano reggeva saldamente l'immancabile borsello
"
Vecchietto con borsello. Potenzialmente una calamità " - si
sorprese a meditare Martin.
Per
vincere l'imbarazzo di chi si sente irrimediabilmente fuori posto il
cliente aveva iniziato a sfogliare con sguardo attento ed interessato
una copia commentata de La
differenza fra il sistema fichtiano e il sistema schellinghiano,
oscura opera minore di Hegel.
"Buongiorno,
posso aiutarla " - intervennè Martin tentando di sbloccare la
grottesca situazione di impasse.
"
Buongiorno "
Lieve
balbuzie. Sudorazione. Agitazione crescente
"
Sa, mi voria un
libro. "
Sollievo.
La frase fatale era stata partorita.
"
Certamente. Che genere di libro può interessarle? " - disse
Martin, sollevato dal fatto che almeno non gli fossero stati
richiesti degli attrezzi da officina.
"
Ma no so. Un libro
da leser… "
***
La
pausa di metà mattina era un' istituzione alla quale anche gli
operosi abitanti di quel margine orientale d'Italia, difficilmente
rinunciavano.
Martin
curava da anni con perizia quel singolare momento della giornata. Era
stato introdotto a quella nobile arte dalla buonanima di suo nonno
che fin da piccolo lo aveva portato con sé nelle sue peregrinazioni
mattutine.
Per
il piccolo Martin era inconcepibile che ogni singola passeggiata non
si concludesse all' interno di un locale con l'attribuzione di un
tramezzino ed una bibita come giusto premio per aver chiacchierato e
camminato obbedientemente a lato del nonno.
In
cambio Martin si era tacitamente impegnato a mentire spudoratamente
alla nonna quando questa lo interrogava sulla quantità di ombre
assunte dal marito nell'arco della mattinata.
Nel
corso di queste camminate mattutine Martin aveva acquisito un occhio
clinico ed era in grado di distinguere all'istante la qualità e i
costi di caffè, aperitivi, cichetti
e quant' altro,
alll'interno di ogni singolo locale.
La
Contrada Maggiore era tutto un pullulare di piccoli bar e localini
graziosi che avevano fatto dell'aperitivo o del caffè di metà
mattina un'arte ricercata.
Martin
adorava bighellonare per i Corsi senza avere mete precise. Si sarebbe
quindi seduto dove lo spingeva l'istinto. Ogni bar aveva le proprie
specialità. Martin doveva solamente decidere se voleva dedicarsi al
dolce o al salato. Questa era probabilmente l'unica decisione che era
capace di prendere quotidianamente senza crearsi complessi o dubbi.
Quella
mattina decise di accomodarsi mollemente sulle sedie en plen air di
un minuscolo bar di Corso Vittorio Emanuele. Nessun motivo
enogastronomico. Semplicemente la padrona era sempre gentile e
premurosa e non lesinava sorrisi e consigli discreti.
Martin
si sedette stando ben attento a posizionarsi in maniera da avere una
visione completa degli indaffarati esseri che trafficavano lungo il
corso. In quel momento oltre alle vecchiette che procedevano
lentamente, oberate dal peso delle spese, passavano veloci liberi
professionisti vestiti di tutto punto e muniti di valigetta
d'ordinanza, professori con l'ora buca, operai che scaricavano merci
nei negozi e fannulloni in genere. Quasi ipnotizzato da questo
continuo flusso Martin si rilassò e chiuse gli occhi ben deciso a
calamitare sul proprio volto lo splendido sole di inizio giugno che
lo metteva in un'ottima disposizione d'animo.
"
Ciao Martin. sempre attivo eh? "
A
riscuoterlo era stata la voce baritonale e profonda del suo amico
questurino Leo Merlo.
"Ciao
Leo. Siediti " - disse meccanicamente Martin
"
Già fatto"
Era
vero. Martin accalappiò la giunonica padrona del locale e le ordinò
uno spritz con l'Aperol mentre Leo optò per il folcloristico
macchiatone, sorta di caffè macchiato potenziato che assumeva toni
grotteschi quando veniva pronunciato con le classiche vocali aperte
dai pordenonesi doc.
Lo
spritz di Martin arrivò provvidenzialmente accompagnato da crostini
con lardo e una buona dose di patatine da sgranocchiare.
Ora
si poteva cominciare a discutere seriamente.
"
Raccontami della scomparsa del Professor Battirani. "
"
Ieri mattina abbiamo ricevuto la telefonata da parte della sua
domestica. Era allarmata dal fatto che il padrone non fosse rincasato
la sera e non l'avesse avvertita. Solitamente lo faceva nelle rare
occasioni nelle quali non dormiva a casa. "
"
Avete già contattato i parenti ? "
"
Non ci risulta ne abbia. Almeno non in vita. Era vedovo e non aveva
figli. La domestica ci ha detto che il professore era molto
riservato. Non le ha mai parlato dei propri parenti negli oltre
vent'anni nei quali ha prestato servizio presso di lui. È triste il
destino dei nostri vecchi in una società così disattenta come la
nostra "
"
Ti prego, Leo. Mi sono già bastate le acute osservazioni in merito
di De Luigi, ieri sera ".
"
Hai ragione, scusa. Il fatto è che non riesco a capacitarmi di come
una persona così stimata possa scomparire di punto in bianco senza
nessun motivo apparente".
"
De Luigi nel suo servizio menzionava un manoscritto. Un'opera
letteraria o un saggio. Di cosa si tratta precisamente ? ".
"
Sapevo che me lo avresti chiesto " - disse Leo con un sorriso
complice e divertito - " Se n' è impadronito il mio collega
Marcon che ha coraggiosamente deciso di leggerselo nella nottata.
Dopo una attenta disamina ha deciso di bollarlo come un cumulo di
farneticazioni psico - filo - pedagogiche. Da quel che so io l'
ultimo libro che ha letto Marcon è stata una raccolta di Tex, quindi
ho deciso di richiedere una consulenza ad un perito del settore "
Così
dicendo fece scivolare sul tavolo un bustone giallo ocra. Martin
aveva gli occhi che brillavano di riconoscenza nei confronti dell'
amico. Elettrizzato, agguantò il contenitore e lo aprì con foga.
All'
interno si trovava un voluminoso documento battuto con una vecchia
macchina da scrivere, forse un Olivetti Lettera 22.
La
carta usata era di qualità elevata, molto spessa.
Martin
ficcò il naso all'interno del bustone e trasse un profondo respiro.
Aveva questa strana e singolare consuetudine: che si trattasse di un
piatto di pasta o di un bullone arrugginito, doveva far indagare
anche le sue narici.
La
profonda sniffata gli fece percepire sentori di tabacco e un delicato
e floreale profumo di acqua di colonia, forse un dopobarba.
Nella
sua mente la figura di Battirani si stava delineando: era quella
classica del professore distinto, curato e carismatico, tipica dei
romanzi.
Martin
non lesse neanche il frontespizio del manoscrito. Leggere le nuove
opere era un rito che andava santificato con una liturgia precisa. Il
sacro rispetto di Martin gli imponeva di dedicare la massima
attenzione all'operazione. Una volta rientrato a casa avrebbe
dedicato a ciò tutto il tempo e la concentrazione necessarie.
"
Battirani era un pedagogista, un maestro? " - chiese a Merlo che
nel frattempo stava guardando interdetto l'amico.
"
No. Ti sembrerà strano, ma era un fisico. "
"Un
fisico ? " Martin era decisamente sconcertato. Non che fosse
favorevole alle nette distinzioni tra cultura umanistica e
scientifica, agli insegnamenti per compartimenti stagni, ma gli
sembrava perlomeno inusuale che uno scienziato si dedicasse alla
diffusione della pedagogia.
"
Si. In realtà non siamo riusciti a ricostruire per intero la sua
biografia. Sappiamo che è nato a Roma nel 1917 e qui si è laureato
a pieni voti nel '38 presso l' Istituto di Fisica con una tesi sul
bombardamento dei nuclei atomici per mezzo di neutroni lenti. Le
notizie sul periodo della seconda guerra mondiale sono scarse e
nebulose. Dal '47 si è stabilito con la moglie a Pordenone e qui ha
svolto un' onorata carriera di professore in alcuni istituti
superiori. I suoi ex studenti lo descrivono come una persona di
grande forza morale, severo ed inflessibile quando necessario, ma
anche dotato di grande umanità e simpatia. Da alcuni anni è vedovo.
Sono quasi sessant'anni che abita nella stessa casa, nel quartiere di
Torre. Sembra abbia sempre condotto una vita morigerata ed
irreprensibile, quindi non ti posso stupire con aneddoti o episodi
particolari. Questo è quanto. "
"
Non ti pare strano che un fisico, come tu dici, così importante si
sia rintanato nella nostra cittadina abbandonando ogni velleità di
ricerca per dedicarsi all' insegnamento ? "
"
Non più di tanto. Devi pensare che la situazione economica dopo la
guerra non era così rosea. Magari aveva solo bisogno di
tranquillità. e quale posto migliore di una anonima cittadina di
provincia dove non succede mai nulla ? "
"
Anche questo è vero. Però non riesco a capacitarmi del perché uno
scienziato di quel genere abbia dedicato tempo ed energie per
scrivere e promuovere un libro così lontano dal suo campo di studi.
È strano…"
"
Benvenuto nel mondo, caro Martin. Al giorno d'oggi non bisogna più
stupirsi di nulla " - Leo stava infilandosi nel pericoloso
tunnel delle frasi fatte, nel quale, talvolta, sguazzava beato. - "
Dovresti vedere che casa particolare ha il nostro amico Battirani !
Sembra il museo delle scienze. A dirti la verità mi mette parecchio
a disagio, anche perché non riesco a comprendere l'utilizzo e il
significato della maggior parte degli strumenti e dei libri che la
affollano. Se ti fa piacere puoi venire con me a fare un sopralluogo.
Come stai messo a conoscenze scientifiche ? "
"
Sinceramente " - rispose Martin, che in gioventù era stato
ribatezzato dalla nonna come « nemico dei numeri » - " l'
unica cosa che mi ricordo della fisica che ho studiato alle Superiori
è la Legge di Gay - Lussac. Grazie al mio professore di Storia dell'
Arte. "
"
Storia dell' Arte ? " - ripete stupefatto Leo.
"
Si ce ne aveva insegnata una versione, diciamo così, un po'
particolare… "
Martin
da bravo scolaretto la declamò e Leo, dopo essere arrossito come una
pudibonda verginella, scoppiò in una grassa, omerica risata.
Nessun commento:
Posta un commento