mercoledì 6 gennaio 2016

Le quattro volte


In tempi nei quali le capre vengono ricordate per gli ululati sgarbiani e le conseguenti ridicole denunce da parte di sedicenti associazioni animaliste, la visione de “Le quattro volte” delicato film del 2010 di Michelangelo Frammartino, rimette tutto nella giusta dimensione dimostrando che in effetti il critico d'arte ferrarese non ha tutti i torti quando afferma che “molti uomini sono molto inferiori alle capre”

Il film è impervio come le salite dei paesini delle Serre calabresi nelle quali è ambientato. Non ci si deve attendere un ritmo serrato, ma il quieto scorrere di un tempo ormai (quasi ) perduto. Un'ora e mezza di pure immagini, senza dialoghi e con i semplici suoni della natura a fare da colonna sonora.
Incuriosito dal titolo (e non essendo così perspicace da aver capito a cosa si riferisse dopo la visione del film) ho ripescato un'intervista al regista che così lo spiega “Mi è capitata poi fra le mani una frase attribuita a Pitagora o comunque alla tradizione pitagorica. Secondo questa dottrina, per cogliere e comprendere pienamente la sua essenza, l’uomo deve conoscersi quattro volte: come minerale, in quanto il suo scheletro è composto di sali, come vegetale, in quanto il suo sangue è fatto di linfa, come animale perché ha una motilità e una conoscenza del mondo esterno simile a quella degli animali e come essere umano, in quanto è dotato di volontà e di ragione. E così che si sono venuti a cristallizzare questi quattro regni: l’umano, l’animale, il vegetale e il minerale”.
Un anziano pastore legato alla terra, al lavoro e alle antiche tradizioni e superstizioni. Le capre scoprono il mondo che le circonda emozionandosi (si, emozionandosi) per i piccoli prodigi che il tempo atmosferico riserva loro ( e il piccolo agnellino che perde le tracce del gruppo è “bravissimo” e straziante). Anche un albero diventa protagonista, involontario testimone dello scorrere delle stagioni. Con il suo “sacrificio” permette lo svolgersi della sagra paesana (una sorta di palo della cuccagna) e infine viene trasformato in carbone, permettendo così al ciclo di ricomporsi.
Consigliato a chi ricerca un cinema ricercato, non scontato ed intriso di poesia

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