Lo confesso. Nei primi anni '90 ero tra quelli che quando aveva tra le mani un librogame di "Lupo Solitario" tendeva biecamente ad imbrogliare e scegliere la più conveniente delle opzioni invece di affidarsi all'abilità e al fato. A differenza di Mio, 11enne protagonista del bel romanzo di Paolo Valentino "Ritratto di famiglia con errore", che nel 1991 passa le sue giornate tra letture, videogiochi e la compagnia dei suoi amici più stretti, Simona e Michele. La ludoteca del signor Marra è il loro punto di ritrovo prediletto e, d'altronde, a Pozzochiaro, paesotto dell'hinterland milanese nel quale ci si conosce tutti, le occasioni non sono molte altre
A sconvolgere l'esistenza di Mio interviene un fatto traumatico: la scomparsa improvisa del fratello Nicholas. Per Mio un'esperienza forte che lo farà passare dalla spensieratezza della vita da bambino a quella degli adulti. Una vita popolata da personaggi strani come il meccanico Baldi, le sorelle Addams e un passato/presente familiare nel quale niente è come sembra. "Ritratto di famiglia con errore" è un piccolo affresco familiare scritto con piglio fluido ed intrigante. E' difficile definirlo: è un romanzo di formazione ma nel contempo anche una perfetta descrizione della vita quotidiana di un undicenne degli anni '90. Sa essere nostalgico e poetico senza risultare stucchevole. Allo stesso tempo il ritmo è incalzante e il lettore è invogliato a scoprire quali misteri si celino nella vita della famiglia Poletti e, più in generale, nelle esistenze degli abitanti di Pozzochiaro, unici ed inimitabili nella loro normalità.
La figura di Mio è interessante: un giovane adulto che entra nel mondo dei "grandi". Ne è contemporaneamente attratto e disgustato ma, per risolvere gli "enigmi" che l'esistenza gli pone davanti decide di fare un passo indietro e ritorna un po' bambino (e infatti sulla sovracoperta campeggia il claim "Solo un bambino può salvare un bambino") . Gli adulti in questa situazione restano ai margini, incapaci di ragionare in maniera diversa e non stereotipata, ormai appiattiti nei loro doveri. Nella scrittura di Valentino mi pare di percepire un grande affetto per il periodo dell'infanzia. Un periodo nel quale ci si può ancora appassionare alle storie che ci vengono raccontate e che possiamo rendere nostre migliorandole o approfondendole grazie alla nostra fantasia. Un periodo che rivive in queste pagine ispirate e al quale, probabilmente, Valentino deve la sua vocazione di scrittore
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