L’Isola delle Anime
(Rizzoli) è il terzo capitolo della Serie I Canti del Male di Piergiorgio
Pulixi. Si abbandona la Milano dell’Ispettore Vito Strega per conoscere due
investigatrici nuove di zecca ovvero la cagliaritana Mara Rais e la milanese
Eva Croce. Una strana ed improbabile coppia che deve cercare di annullare le
proprie evidentissime differenze caratteriali per risolvere un caso spinoso,
intricato e delicatissimo dal lato umano.
Le due, punite e mobbizzate per diversi motivi, vengono relegate in un
sottoscala e formalmente compongono la neo costituita squadra che si occupa di
delitti irrisolti per la Questura di Cagliari. Un loro vecchio collega, Moreno
Barrali, malato terminale e ormai in quiescenza, non riesce a togliersi di
mente alcuni casi di morte violenta e rituale di giovani donne dei quali cerca
di venire a capo da una vita. C’è un formale passaggio di consegne e anche la
preoccupazione che una giovane scomparsa, Dolores Murgia, possa essere la
prossima vittima di questo genere di delitti.
Rais e Croce vengono risucchiate in una Sardegna diversa da quella marittima da
cartolina: una Sardegna interna, aspra e pregna di rituali arcaici e
paganeggianti che servivano per propiziare la benevolenza delle divinità in
caso di carestie o siccità. E in questo senso diventa emblematica e
significativa l’esistenza della famiglia barbaricina dei Ladu.
Il romanzo è in pieno stile Pulixi: ritmo incalzante, capitoli brevi, colpi di
scena e bella caratterizzazione dei personaggi. Mara ed Eva sono lo Yin e lo
Yang. La prima è ricercata nel vestire e diretta al limite dell’essere burbera.
Eva, rossa grazie alla mamma irlandese, si veste in maniera trasandata e cerca
di essere più riflessiva. Assieme, però, sono complementari e pian pianino
inizieranno a capirsi e, in fin dei conti a volersi bene. La Sardegna rurale,
con i suoi silenzi e i suoi codici non scritti, si sovrappone al paesaggio
emotivo dei protagonisti, rivelando un’umanità che oscilla tra fatalismo e
violenza. Il passato ritorna non come semplice enigma, ma come eredità: un debito non pagato, una memoria
collettiva distorta, una colpa che riguarda l’intera comunità. Il lettore viene
immerso in una ritualità ancestrale, magica, pagana che nella società
barbaricina influenza ancora la contemporaneità.
In tutto questo ci sono le sette che si approfittano della credulità popolare,
ma anche coloro che sono genuinamente coinvolti in questi riti ancestrali. Ma
il romanzo è anche una riflessione sulla capacità femminile di essere resilienti
e forti nonostante le difficoltà imposte dall’alto e soprattutto un passato
familiare cupo, tragico e difficile che non riesce a passare, ma con il quale
bisogna, quotidianamente fare i conti. E il lettore dovrà fare anche i conti
con la voglia di visitare tutte quelle zone di Sardegna che vi vengono
descritte, dalle tombe dei giganti al Mari Pintau di Cagliari.

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