In tempi nei quali le capre vengono
ricordate per gli ululati sgarbiani e le conseguenti ridicole denunce
da parte di sedicenti associazioni animaliste, la visione de “Le
quattro volte” delicato film del 2010 di Michelangelo Frammartino,
rimette tutto nella giusta dimensione dimostrando che in effetti il
critico d'arte ferrarese non ha tutti i torti quando afferma che
“molti uomini sono molto inferiori alle capre”
Il film è impervio come le salite dei
paesini delle Serre calabresi nelle quali è ambientato. Non ci si
deve attendere un ritmo serrato, ma il quieto scorrere di un tempo
ormai (quasi ) perduto. Un'ora e mezza di pure immagini, senza
dialoghi e con i semplici suoni della natura a fare da colonna
sonora.
Incuriosito dal titolo (e non essendo
così perspicace da aver capito a cosa si riferisse dopo la visione
del film) ho ripescato un'intervista al regista che così lo spiega
“Mi è capitata poi fra le mani una frase attribuita a Pitagora o
comunque alla tradizione pitagorica. Secondo questa dottrina, per
cogliere e comprendere pienamente la sua essenza, l’uomo deve
conoscersi quattro volte: come minerale, in quanto il suo scheletro è
composto di sali, come vegetale, in quanto il suo sangue è fatto di
linfa, come animale perché ha una motilità e una conoscenza del
mondo esterno simile a quella degli animali e come essere umano, in
quanto è dotato di volontà e di ragione. E così che si sono venuti
a cristallizzare questi quattro regni: l’umano, l’animale, il
vegetale e il minerale”.
Un anziano pastore legato alla terra,
al lavoro e alle antiche tradizioni e superstizioni. Le capre
scoprono il mondo che le circonda emozionandosi (si, emozionandosi)
per i piccoli prodigi che il tempo atmosferico riserva loro ( e il
piccolo agnellino che perde le tracce del gruppo è “bravissimo”
e straziante). Anche un albero diventa protagonista, involontario
testimone dello scorrere delle stagioni. Con il suo “sacrificio”
permette lo svolgersi della sagra paesana (una sorta di palo della
cuccagna) e infine viene trasformato in carbone, permettendo così al
ciclo di ricomporsi.
Consigliato a chi ricerca un cinema
ricercato, non scontato ed intriso di poesia
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