lunedì 5 febbraio 2018

La Terra del Ferro e del Fuoco - Cap VI - Mona Babai Sucol Brombol Basoal

Martin ha un nuovo mantra: termini "tecnici" pordenonesi, indispensabili per mettere a posto ogni situazione. Nel frattempo comincia la lettura del manoscritto di Battirani e riflette sulla perfidia dei clienti che entrano nei negozi in orario di chiusura, con richieste illuminate

Mona Babai Sucol Brombol Basoal

Mona, Babai, Sucol, Brombol, Basoal. Queste le parole che frullavano per la testa di Martin mentre annoiato stava cercando di impilare libri in uno scaffale della sezione esoterismo della libreria dove lavorava.
Certo. Esisteva anche una specifica sezione dedicata all’esoterismo, che accatastava tutta un’ accozzaglia di variegati tomi che si occupavano di magia, alchimia, tarocchi oltre che di tutte le varie discipline e pseudo filosofie di stampo new age.
Come poteva una moderna libreria fare a meno di un reparto così fondamentale e necessario?
Mona, Babai, Sucol, Brombol, Basoal. Non era una frase magica di un rito alchemico o una litania propiziatoria di uno sciamano masai. Neanche una filastrocca di un guru indiano. Semplicemente Martin trovava catartico recitare tutti i termini pordenonesi che gli venivano in mente per indicare una persona con poco sale in zucca.
E quel pesante librone che non ne voleva sapere di ritornare docilmente al proprio posto lo ispirava in questa particolare ricerca di recupero del repertorio linguistico tradizionale.
Insemenio. Squal. Macaco. Bauco. Alla fine questa sequela riportò alla ragione il volume che finì di opporre resistenza e si accomodò nella scansia.
Martin si accomodò soddisfatto sulla sua seggiolina di ordinanza. Poi riflettè attentamente e giunse alla conclusione che ben pochi clienti si sarebbero avventurati in quel reparto quella mattinata di inizio settimana.
Forse era l’occasione propizia per iniziare a leggere il misterioso manoscritto del Professor Battirani. Martin estrasse il bustone giallo dalla sua borsa a tracolla, si diede una stiracchiata preliminare e diede un’aggiustata al monitor del Mac che troneggiava sulla sua scrivania. Appoggiò i fogli dattiloscritti sul tavolo ed assunse un’aria falso – annoiata. Ad un occhio poco attento sarebbe sembrato un impiegato alle prese con un barboso inventario.
Da dove iniziare? Dal titolo ovviamente.
“Scuola e Società – Messaggio di speranza per le generazioni che salgono”
Martin si accigliò. Salgono? Mah… Già immaginava il questurino Marcon che si interrogava su queste generazioni pronte a scalare una vetta pirenaica.
Trasse un sospiro e si immerse in una lettura concentrata.
Occorre prendere atto che da tempo nel nostro paese, si assiste ad un processo di democratizzazione che vede le varie componenti sociali sempre più coprotagoniste in seno alla comunità educativa, di cui la scuola – come spazio aperto ai giovani ma anche al controllo e alla gestione dell’intera comunità sociale – rappresenta un preciso ( anche se non unico ) punto di riferimento, terreno di confronto e condivisione di responsabilità.
Oh oh. Allarme rosso. Il grande capo della libreria si stava avvicinando con sguardo, come al solito, truce. Martin ritenne che forse non avrebbe apprezzato la sua improvvisa passione per la pedagogia in orario di lavoro.
C’era la necessità di un diversivo. Martin partì abilmente all’attacco, che, come noto, era la miglior difesa.
La sua salvezza si chiamava Luisa. Luisa era la figlia del padrone, una viziatella sciroccata che lavorava all’interno del negozio solo perché il padre per disperazione l’aveva assunta, ritenendola assolutamente priva di ogni altra capacità, se non quella di far danni.
La piccola di casa tiranneggiava i poveri dipendenti della libreria con le sue fisime e cattiverie. Se qualcuno non le aggradava faceva di tutto per metterlo in cattiva luce agli occhi del padre, il quale, esasperato, talvolta cedeva ai ricatti della figliola e se la prendeva con gli incolpevoli subalterni.
Ad ogni buon conto Martin era anche grato alla piccola, stupida, fastidiosa, Luisa. Paradossalmente era grazie a lei che lui era stato assunto in pianta stabile all’interno del negozio.
Era fine agosto e Martin, all’epoca ancora studente universitario, tentava di rimpolpare le proprie magre finanze con un lavoro stagionale: si occupava del settore scolastico della libreria.
In sostanza si trattava di spostare quintalate di libri di testo e consegnarli, mano a mano che arrivavano, a studenti, mamme, nonne desiderosi di riceverli prima dell’inizio dell’anno scolastico.
Cosa non solo improbabile, ma scientificamente impossibile.
Martin tentava di tenere a bada questa variegata fauna, con effetti invero apprezzabili.
La cosa più difficile era riuscire a controllare le azioni inutili e dannose di Luisa. Dopo la sua decisione di “mettere a posto” l’archivio del materiale scolastico, ci vollero infatti parecchi giorni per riuscire a ritrovare i libri che interessavano.
Per non parlare delle continue e velenose punzecchiature e perfidie.
Finchè un giorno Martin esplose. Erano le 6 di una mattinata stranamente nebbiosa per essere l’inizio di settembre. Tutti gli impiegati stavano provvedendo a scaricare da alcuni furgoni pesanti scatoloni di libri. Luisa sovrintendeva alle operazione guardandosi bene dall’evitare di parlare o fare futili commenti.
“ Non mi sembri molto reattivo stamattina, Martin”
Silenzio. Martin posò delicatamente lo scatolone a terra. Lo sguardo era quello di un western di Sergio Leone. Mancava l’orchestra di Morricone, ma sicuramente qualcuno dei presenti immaginò nella propria mente anche la colonna sonora appropriata.
“ Reattivo? REATTIVO? Vorrei vedere te signorinella bella… E’ la terza mattina consecutiva che veniamo qui all’alba per scaricare camionate di libri e puntualmente facciamo la levataccia per nulla visto che qualcuna ha sbagliato a spedire gli ordini alle case editrici. Purtroppo la mia reattività è andata via via scemando, grazie alla tua stupidità, stoltezza, insulsaggine. Come vedi l’amico Garzanti è sempre pieno di utili spunti e sono certo che consultando potrei trovarne altri pregnanti ed adeguati per descriverti “
“Martin tu mi tratti male perché sono donna e sei invidioso perché faccio il lavoro che tu sogni da una vita”
“ No, cara. Ti tratto male perché sei STRONZA ed INCAPACE!” Urlò Martin a volume sostenuto, non lesinando sui decibel ed indiscutibilmente in maiuscolo.
Dopo la citata performance Martin venne assunto a furor di popolo, suscitando nascostamente anche l’ammirazione del capo della baracca, che mai in vita sua era riuscito a mettere in riga l’erede.
Fatto sta che Martin continuò a lavorare in libreria, paladino dei poveri impiegati sottomessi, e Luisa continuò a far danni, ma tenendosi a distanza di sicurezza dal nostro eroe.
La fortuna di Martin era che, provvidenzialmente, la fanciulla non perdeva occasione per manifestare giornalmente la propria insipienza. Perché non approfittarne, quindi?
Martin nascose con nonchalance il manoscritto di Battirani, si tirò in piedi e squadrò intensamente il capo.
“ Che ha combinato oggi?”
Martin trasse un profondo sospiro e allargò le braccia, come colpito da un qualcosa di ineluttabile
“ Ha presente quel costoso volume “ Come curarsi in casa da soli con la medicina Ayurvedica”. Beh, ne sono state ordinate 200 copie”.
Il capo impallidì. Pensò rapidamente quali erano le possibilità di vendere quelle pubblicazioni. Giunto alla conclusione che si avvicinavano allo zero, tranne nel caso di alcune improbabili coincidenze, iniziò a sacramentare interiormente.
Quindi con fare Zen , senza lasciar trasparire altre emozioni disse solo “Ah, capisco” e girò i tacchi.
A Martin dispiaceva per quel pover uomo. Lo vedeva consumarsi all’interno del negozio. Con i clienti era sempre affabile oltre che super informato e competente. I dipendenti erano trattati affettuosamente, anche se gli orari erano piuttosto massacranti. Ma il capo era il primo a sottoporsi ad estenuanti tour de force. Martin pensava che rimanesse tanto in libreria per procrastinare il più possibile il rientro tra le mura domestiche. Se la figlia aveva preso dalla madre non lo biasimava.
Fatto stà che per quella giornata il capo non si sarebbe più rivolto a Martin, temendo di ricevere altre tremende e temute notizie come quella appena appresa.
Si poteva, quindi, dedicare con tranquillità alla lettura dell’opera di Battirani.
“ Professore, te m’hai provocato e io me te magno!”
Riprese in mano i fogli ordinatamente riposti e ricominciò a leggere

Ci rendiamo conto che il nostro intento meriterebbe una ben più ampia, organica trattazione; ma le nostre modeste capacità non danno spazio a tali velleità.
E ci perdonino gli stilisti se non rispettiamo, a tratti, i canoni propri del saggio e ancor meno del trattato, senza la preoccupazione, come di solito si fa, di dare uno sviluppo unitario al nostro discorso con il quale riteniamo dire – non senza una punta di provocazione – ciò che pensiamo e che altri hanno già pensato ed espresso molto più competentemente e compiutamente di noi.
A conclusione di questa introduzione – riprendendo il discorso da dove l’avevamo già iniziato – ci preme da ultimo sottolineare che nell’odierna società ( rispetto alla quale abbiamo considerato alcuni aspetti di carattere generale ma anche taluni stili di vita), il compito assegnato alla scuola e alla famiglia richiede un’ opera lunga, paziente ed assidua; ed esige non solo un’ampia misura di “ convergenza morale ed intellettuale” tra scuola e comunità educante, ma anche e prioritariamente una chiara presa dicoscienza del mondo in cui viviamo, fatto di cose ed azioni più che di idee e pensieri; sensazioni più che di sentimenti; di una realtà tecnica più che di arte e contemplazione.
Con questo spirito, secondo le intenzioni espresse – giunti oramai ad una quieta senescenza – si è voluto rendere omaggio alla scuola e a tutti coloro i quali, a vari livelli, “ vecchi e nuovi del mestiere” continuano a prestarvi la loro opera con generosità ed abnegazione, incontrando anche non pochi ostacoli e incomprensioni, ma senza mai perdere la speranza che dalla scuola ci si può ancora attendere un valido contributo per un futuro migliore.

Dunque era la speranza di suggerire un futuro migliore per le prossime generazioni che animava il Professor Battirani. Giusto d’altronde, la scuola la conosceva bene dopo tutti quegli anni di insegnamento. Ma perché rinunciare così improvvisamente ad una brillante carriera accademica per rintanarsi ad insegnare in un paesotto che all’epoca non faceva ancora provincia?
E perché scomparire ora, lasciandosi alle spalle solo un manoscritto e una casa piena di cimeli?
Martin si convinse che se c’era da scoprire qualcosa il manoscritto che aveva tra le mani e la casa del Professore, che non aveva ancora visitato, erano le chiavi per far chiarezza.
Lo stupiva l’argomentare calmo, pacato ed ottimista dello scienziato. Non sembrava lo scrivere nervoso di una persona agitata e pronta ad abbandonare la casa nella quale aveva vissuto per 50 anni, ne quello di uno scrittore insoddisfatto e rancoroso che vedeva rifiutata la propria opera. Che, come tutti gli autori, riteneva fondamentale per il miglioramento delle condizioni intellettuali della razza umana.
Martin aveva sempre cercato di comprendere i meccanismi che regolano i rapporti tra gli esseri umani, capendoci assai poco. L’unica conclusione alla quale era giunto, dopo tanto lambiccarsi era che questi rapporti erano più instabili di una particella di Uranio 235. E la similitudine, data la situazione, gli parve molto appropriata.
“ Vivo una quieta, instabile, insoddisfatta felicità ” Dove aveva letto questo verso? Montale? Ungaretti? No. Ora ricordava. Era un messaggino di Leo. Uno dei più grandi e sottovalutati poeti metropolitani. Peraltro assolutamente inconsapevole di esserlo.
Senza quasi accorgersene nel frattempo Martin stava proseguendo voracemente nella lettura del saggio pedagogico.

Dobbiamo anche riconoscere – continua il Cortellazzo – che su questo punto ci furono delle gravi carenze nell’educazione ricevuta. Ci insegnarono tante cose: a scrivere, leggere, parlare, cantare, amare…;
Forse ci insegnarono persino ad insegnare, ma mai nessuno ci insegnò ad ascoltare, mai nessuno disse che regalare ascolto è un gesto d’amore raffinato, che l’atteggiamento d’ascolto è tanto difficile quanto prezioso, così prezioso che può diventare dono.
Così – seguita – andammo convincendoci che parlare è sempre più urgente che ascoltare, e ciò che abbiamo da dire noi è sempre più istruttivo ed interessante di ciò che hanno da dire gli altri.

In quel momento si udì il fastidioso cicalio del telefono interno della libreria. Diede un’occhiata all’orologio che portava al polso. 19.29. Chi osava seccarlo ad un minuto dalla chiusura? Martin sospirò
“ Coraggio Martin. Impariamo ad ascoltare” e sollevo con abile mossa la cornetta.
Dall’altro capo sentì la voce flebile e stentorea del suo collega Germano. Un uomo mite che a Martin stava simpatico e faceva anche compassione perchè difficilmente riusciva a far valere le proprie ragioni. Per questo solitamente gli capitavano tutti i peggiori turni, ed erano anni che non passava una giornata festiva al di fuori delle quattro mura della libreria. Questa era la situazione e lui francescanamente la subiva. Senza far troppo rumore.
Era ora di dare una sferzata di energia e cercare di far uscire Germano dall’ impasse nella quale era caduto? Martin, in missione speciale, si mise all’ascolto
“ Ciao sono io. Scusa se ti disturbo. Puoi controllare se abbiamo in magazzino una copia del « De Magnalibus urbis Mediolani», di Bonvesin de la Riva?”
Martin chiuse gli occhi. Poteva solo immaginarsi la scena che si era appena svolta nella sala attigua.
Un cliente, probabilmente un vecchio professore o un liceale folgorato sulla via di Damasco della conoscenza, era entrato nel negozio. Germano lo aveva scrutato preoccupato e poi aveva dato una fugace occhiata all’orologio che campeggiava sul muro. Perché i clienti più difficili arrivano sempre in orario di chiusura?
Armatosi di pazienza lo aveva seguito con lo sguardo mentre sfogliava interessato i più disparati volumi. Al fine si era avvicinato al banco dove Germano aveva potuto sfoderare il suo professionale e gentile sorriso
“ Buonasera posso aiutarla?”
A quel punto era stata partorita la sconfortante richiesta
Germano era impallidito ed aveva velocemente girato l’interrogativo al database presente sul suo Mac.
“Mi dispiace – disse con un filo di voce – ma non ce l’abbiamo disponibile”
Il cliente aveva però la faccia di quelli tosti, che non demordono.
Germano, che sentiva una crescente ansia dentro di sé, adottò il tipico Piano B delle librerie: la telefonata al collega della stanza a fianco. Queste chiamate solitamente non portano mai a nessun risultato, ma fanno sembrare estremamente professionali ed attivi i librai.
E il cliente solitamente è assolutamente ignaro del contenuto della reale conversazione.
“ Ovviamente non lo abbiamo. Ma chi cazzo è che viene a comperare e poi in teoria legge, un libro del ‘200 all’ora di cena? Non ha una famiglia o degli amici che lo aspettano a casa? “
“ Capisco – sussurrò Germano – neanche in magazzino è presente” – Martin lo immaginava mentre parlava al telefono e contemporaneamente guardava di sottecchi il cliente.
“ E per sua gentile informazione se se lo vuole procurare dovrà contattare qualche monaco amanuense in qualche abbazia “
“ Il collega ha controllato anche nel catalogo delle case editrici. Sembra che l’opera che cerca sia fuori catalogo “
A questo punto l’imprevisto: il cliente è del genere super espertone e supponente.
“ Come dice? Da una sua ricerca su Internet risulta che l’opera sia stata pubblicata da quella piccola casa editrice? “
“ Si nel 1975. In 200 copie in occasione di un convegno di studi.” – disse Martin – “ Ma perché questo individuo non usa il web per scaricare musica, film porno o organizzare un bel giro del mondo lontano da qua? Proprio da noi deve venire a rompere i coglioni? “
“ Il collega mi fa notare che la Rete offre veramente una fucina di opportunità ed informazioni “ - “ se desidera possiamo attivarci e vedere se riusciamo a recuperarne una copia “
“ Si certo. Sto già organizzando una gita a Milano sulla tomba di Bonvesin, per vedere se si è conservata la copia che hanno sepolto con lui nel sepolcro”
“ Come dice? Pensa di rivolgersi ad un’altra libreria dove è possibile ottenere una copia in tempo più breve? D’accordo. Buona serata. Arrivederci”
Clic.
Rumore della porta che si chiude.
Ore 19.50.
Plastica che sbatte sul vetro. Martin proietta la scritta “Chiuso”.
Chiave che gira nella toppa.
“ V..VV…VVV..”
Martin si alzò preoccupato. Che fosse entrato qualcuno in negozio ed avesse preso in ostaggio Germano?
Girò l’angolo e raggiunse la sala principale della libreria. Germano era in piedi. Aveva lasciato gli occhiali sul tavolo e il suo corpo era scosso da tremiti come fosse un epilettico.
“ V…VV…VVV…”
Su dai coraggio, pensò Martin, ci sei quasi.
“VAFFANCULO!” disse alfine Germano. L’insolito uso di un elevato volume lo aveva squassato e provato fisicamente.
“STRONZO!” – disse con un fiato, appoggiandosi sul bancone che aveva davanti a sé.
Martin sorrise.
“ Grazie Professore, aveva ragione. Non si è più capaci di ascoltare. Sono pochi quelli che lo fanno bene come Germano. Però non è giusto che poi stiano anche così male, suvvia…”
E poi se educare voleva dire tirar fuori qualcosa di personale dai propri allievi, Martin in questa occasione ci era riuscito benissimo.

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