Mona Babai Sucol Brombol Basoal
Mona,
Babai, Sucol, Brombol, Basoal. Queste
le parole che frullavano per la testa di Martin mentre annoiato stava
cercando di impilare libri in uno scaffale della sezione esoterismo
della libreria dove lavorava.
Certo.
Esisteva anche una specifica sezione dedicata all’esoterismo, che
accatastava tutta un’ accozzaglia di variegati tomi che si
occupavano di magia, alchimia, tarocchi oltre che di tutte le varie
discipline e pseudo filosofie di stampo new age.
Come
poteva una moderna libreria fare a meno di un reparto così
fondamentale e necessario?
Mona,
Babai, Sucol, Brombol, Basoal.
Non era una frase magica di un rito alchemico o una litania
propiziatoria di uno sciamano masai. Neanche una filastrocca di un
guru indiano. Semplicemente Martin trovava catartico recitare tutti i
termini pordenonesi che gli venivano in mente per indicare una
persona con poco sale in zucca.
E
quel pesante librone che non ne voleva sapere di ritornare docilmente
al proprio posto lo ispirava in questa particolare ricerca di
recupero del repertorio linguistico tradizionale.
Insemenio.
Squal. Macaco.
Bauco. Alla fine
questa sequela riportò alla ragione il volume che finì di opporre
resistenza e si accomodò nella scansia.
Martin
si accomodò soddisfatto sulla sua seggiolina di ordinanza. Poi
riflettè attentamente e giunse alla conclusione che ben pochi
clienti si sarebbero avventurati in quel reparto quella mattinata di
inizio settimana.
Forse
era l’occasione propizia per iniziare a leggere il misterioso
manoscritto del Professor Battirani. Martin estrasse il bustone
giallo dalla sua borsa a tracolla, si diede una stiracchiata
preliminare e diede un’aggiustata al monitor del Mac che
troneggiava sulla sua scrivania. Appoggiò i fogli dattiloscritti sul
tavolo ed assunse un’aria falso – annoiata. Ad un occhio poco
attento sarebbe sembrato un impiegato alle prese con un barboso
inventario.
Da
dove iniziare? Dal titolo ovviamente.
“Scuola
e Società – Messaggio di speranza per le generazioni che salgono”
Martin
si accigliò. Salgono? Mah… Già immaginava il questurino Marcon
che si interrogava su queste generazioni pronte a scalare una vetta
pirenaica.
Trasse
un sospiro e si immerse in una lettura concentrata.
Occorre
prendere atto che da tempo nel nostro paese, si assiste ad un
processo di democratizzazione che vede le varie componenti sociali
sempre più coprotagoniste in seno alla comunità educativa, di cui
la scuola – come spazio aperto ai giovani ma anche al controllo e
alla gestione dell’intera comunità sociale – rappresenta un
preciso ( anche se non unico ) punto di riferimento, terreno di
confronto e condivisione di responsabilità.
Oh
oh. Allarme rosso. Il grande capo della libreria si stava avvicinando
con sguardo, come al solito, truce. Martin ritenne che forse non
avrebbe apprezzato la sua improvvisa passione per la pedagogia in
orario di lavoro.
C’era
la necessità di un diversivo. Martin partì abilmente all’attacco,
che, come noto, era la miglior difesa.
La
sua salvezza si chiamava Luisa. Luisa era la figlia del padrone, una
viziatella sciroccata che lavorava all’interno del negozio solo
perché il padre per disperazione l’aveva assunta, ritenendola
assolutamente priva di ogni altra capacità, se non quella di far
danni.
La
piccola di casa tiranneggiava i poveri dipendenti della libreria con
le sue fisime e cattiverie. Se qualcuno non le aggradava faceva di
tutto per metterlo in cattiva luce agli occhi del padre, il quale,
esasperato, talvolta cedeva ai ricatti della figliola e se la
prendeva con gli incolpevoli subalterni.
Ad
ogni buon conto Martin era anche grato alla piccola, stupida,
fastidiosa, Luisa. Paradossalmente era grazie a lei che lui era stato
assunto in pianta stabile all’interno del negozio.
Era
fine agosto e Martin, all’epoca ancora studente universitario,
tentava di rimpolpare le proprie magre finanze con un lavoro
stagionale: si occupava del settore scolastico della libreria.
In
sostanza si trattava di spostare quintalate di libri di testo e
consegnarli, mano a mano che arrivavano, a studenti, mamme, nonne
desiderosi di riceverli prima dell’inizio dell’anno scolastico.
Cosa
non solo improbabile, ma scientificamente impossibile.
Martin
tentava di tenere a bada questa variegata fauna, con effetti invero
apprezzabili.
La
cosa più difficile era riuscire a controllare le azioni inutili e
dannose di Luisa. Dopo la sua decisione di “mettere a posto”
l’archivio del materiale scolastico, ci vollero infatti parecchi
giorni per riuscire a ritrovare i libri che interessavano.
Per
non parlare delle continue e velenose punzecchiature e perfidie.
Finchè
un giorno Martin esplose. Erano le 6 di una mattinata stranamente
nebbiosa per essere l’inizio di settembre. Tutti gli impiegati
stavano provvedendo a scaricare da alcuni furgoni pesanti scatoloni
di libri. Luisa sovrintendeva alle operazione guardandosi bene
dall’evitare di parlare o fare futili commenti.
“
Non mi sembri molto reattivo
stamattina, Martin”
Silenzio.
Martin posò delicatamente lo scatolone a terra. Lo sguardo era
quello di un western di Sergio Leone. Mancava l’orchestra di
Morricone, ma sicuramente qualcuno dei presenti immaginò nella
propria mente anche la colonna sonora appropriata.
“
Reattivo? REATTIVO? Vorrei
vedere te signorinella bella… E’ la terza mattina consecutiva che
veniamo qui all’alba per scaricare camionate di libri e
puntualmente facciamo la levataccia per nulla visto che qualcuna ha
sbagliato a spedire gli ordini alle case editrici. Purtroppo la mia
reattività è andata via via scemando, grazie alla tua stupidità,
stoltezza, insulsaggine. Come vedi l’amico Garzanti è sempre pieno
di utili spunti e sono certo che consultando potrei trovarne altri
pregnanti ed adeguati per descriverti “
“Martin
tu mi tratti male perché sono donna e sei invidioso perché faccio
il lavoro che tu sogni da una vita”
“
No, cara. Ti tratto male
perché sei STRONZA ed INCAPACE!” Urlò Martin a volume sostenuto,
non lesinando sui decibel ed indiscutibilmente in maiuscolo.
Dopo
la citata performance Martin venne assunto a furor di popolo,
suscitando nascostamente anche l’ammirazione del capo della
baracca, che mai in vita sua era riuscito a mettere in riga l’erede.
Fatto
sta che Martin continuò a lavorare in libreria, paladino dei poveri
impiegati sottomessi, e Luisa continuò a far danni, ma tenendosi a
distanza di sicurezza dal nostro eroe.
La
fortuna di Martin era che, provvidenzialmente, la fanciulla non
perdeva occasione per manifestare giornalmente la propria insipienza.
Perché non approfittarne, quindi?
Martin
nascose con nonchalance il manoscritto di Battirani, si tirò in
piedi e squadrò intensamente il capo.
“
Che ha combinato oggi?”
Martin
trasse un profondo sospiro e allargò le braccia, come colpito da un
qualcosa di ineluttabile
“ Ha
presente quel costoso volume “ Come curarsi in casa da soli con la
medicina Ayurvedica”. Beh, ne sono state ordinate 200 copie”.
Il
capo impallidì. Pensò rapidamente quali erano le possibilità di
vendere quelle pubblicazioni. Giunto alla conclusione che si
avvicinavano allo zero, tranne nel caso di alcune improbabili
coincidenze, iniziò a sacramentare interiormente.
Quindi
con fare Zen , senza lasciar trasparire altre emozioni disse solo
“Ah, capisco” e girò i tacchi.
A
Martin dispiaceva per quel pover uomo. Lo vedeva consumarsi
all’interno del negozio. Con i clienti era sempre affabile oltre
che super informato e competente. I dipendenti erano trattati
affettuosamente, anche se gli orari erano piuttosto massacranti. Ma
il capo era il primo a sottoporsi ad estenuanti tour de force. Martin
pensava che rimanesse tanto in libreria per procrastinare il più
possibile il rientro tra le mura domestiche. Se la figlia aveva preso
dalla madre non lo biasimava.
Fatto
stà che per quella giornata il capo non si sarebbe più rivolto a
Martin, temendo di ricevere altre tremende e temute notizie come
quella appena appresa.
Si
poteva, quindi, dedicare con tranquillità alla lettura dell’opera
di Battirani.
“
Professore, te m’hai
provocato e io me te magno!”
Riprese
in mano i fogli ordinatamente riposti e ricominciò a leggere
Ci
rendiamo conto che il nostro intento meriterebbe una ben più ampia,
organica trattazione; ma le nostre modeste capacità non danno spazio
a tali velleità.
E
ci perdonino gli stilisti se non rispettiamo, a tratti, i canoni
propri del saggio e ancor meno del trattato, senza la preoccupazione,
come di solito si fa, di dare uno sviluppo unitario al nostro
discorso con il quale riteniamo dire – non senza una punta di
provocazione – ciò che pensiamo e che altri hanno già pensato ed
espresso molto più competentemente e compiutamente di noi.
A
conclusione di questa introduzione – riprendendo il discorso da
dove l’avevamo già iniziato – ci preme da ultimo sottolineare
che nell’odierna società ( rispetto alla quale abbiamo considerato
alcuni aspetti di carattere generale ma anche taluni stili di vita),
il compito assegnato alla scuola e alla famiglia richiede un’ opera
lunga, paziente ed assidua; ed esige non solo un’ampia misura di “
convergenza morale ed intellettuale” tra scuola e comunità
educante, ma anche e prioritariamente una chiara presa dicoscienza
del mondo in cui viviamo, fatto di cose ed azioni più che di idee e
pensieri; sensazioni più che di sentimenti; di una realtà tecnica
più che di arte e contemplazione.
Con
questo spirito, secondo le intenzioni espresse – giunti oramai ad
una quieta senescenza – si è voluto rendere omaggio alla scuola e
a tutti coloro i quali, a vari livelli, “ vecchi e nuovi del
mestiere” continuano a prestarvi la loro opera con generosità ed
abnegazione, incontrando anche non pochi ostacoli e incomprensioni,
ma senza mai perdere la speranza che dalla scuola ci si può ancora
attendere un valido contributo per un futuro migliore.
Dunque
era la speranza di suggerire un futuro migliore per le prossime
generazioni che animava il Professor Battirani. Giusto d’altronde,
la scuola la conosceva bene dopo tutti quegli anni di insegnamento.
Ma perché rinunciare così improvvisamente ad una brillante carriera
accademica per rintanarsi ad insegnare in un paesotto che all’epoca
non faceva ancora provincia?
E
perché scomparire ora, lasciandosi alle spalle solo un manoscritto e
una casa piena di cimeli?
Martin
si convinse che se c’era da scoprire qualcosa il manoscritto che
aveva tra le mani e la casa del Professore, che non aveva ancora
visitato, erano le chiavi per far chiarezza.
Lo
stupiva l’argomentare calmo, pacato ed ottimista dello scienziato.
Non sembrava lo scrivere nervoso di una persona agitata e pronta ad
abbandonare la casa nella quale aveva vissuto per 50 anni, ne quello
di uno scrittore insoddisfatto e rancoroso che vedeva rifiutata la
propria opera. Che, come tutti gli autori, riteneva fondamentale per
il miglioramento delle condizioni intellettuali della razza umana.
Martin
aveva sempre cercato di comprendere i meccanismi che regolano i
rapporti tra gli esseri umani, capendoci assai poco. L’unica
conclusione alla quale era giunto, dopo tanto lambiccarsi era che
questi rapporti erano più instabili di una particella di Uranio 235.
E la similitudine, data la situazione, gli parve molto appropriata.
“
Vivo una quieta, instabile,
insoddisfatta felicità ” Dove aveva letto questo verso? Montale?
Ungaretti? No. Ora ricordava. Era un messaggino di Leo. Uno dei più
grandi e sottovalutati poeti metropolitani. Peraltro assolutamente
inconsapevole di esserlo.
Senza
quasi accorgersene nel frattempo Martin stava proseguendo voracemente
nella lettura del saggio pedagogico.
Dobbiamo
anche riconoscere – continua il Cortellazzo – che su questo punto
ci furono delle gravi carenze nell’educazione ricevuta. Ci
insegnarono tante cose: a scrivere, leggere, parlare, cantare,
amare…;
Forse
ci insegnarono persino ad insegnare, ma mai nessuno ci insegnò ad
ascoltare, mai nessuno disse che regalare ascolto è un gesto d’amore
raffinato, che l’atteggiamento d’ascolto è tanto difficile
quanto prezioso, così prezioso che può diventare dono.
Così
– seguita – andammo convincendoci che parlare è sempre più
urgente che ascoltare, e ciò che abbiamo da dire noi è sempre più
istruttivo ed interessante di ciò che hanno da dire gli altri.
In
quel momento si udì il fastidioso cicalio del telefono interno della
libreria. Diede un’occhiata all’orologio che portava al polso.
19.29. Chi osava seccarlo ad un minuto dalla chiusura? Martin sospirò
“
Coraggio Martin. Impariamo ad
ascoltare” e sollevo con abile mossa la cornetta.
Dall’altro
capo sentì la voce flebile e stentorea del suo collega Germano. Un
uomo mite che a Martin stava simpatico e faceva anche compassione
perchè difficilmente riusciva a far valere le proprie ragioni. Per
questo solitamente gli capitavano tutti i peggiori turni, ed erano
anni che non passava una giornata festiva al di fuori delle quattro
mura della libreria. Questa era la situazione e lui francescanamente
la subiva. Senza far troppo rumore.
Era
ora di dare una sferzata di energia e cercare di far uscire Germano
dall’ impasse nella quale era caduto? Martin, in missione speciale,
si mise all’ascolto
“
Ciao sono io. Scusa se ti
disturbo. Puoi controllare se abbiamo in magazzino una copia del «
De Magnalibus urbis Mediolani», di Bonvesin de la Riva?”
Martin
chiuse gli occhi. Poteva solo immaginarsi la scena che si era appena
svolta nella sala attigua.
Un
cliente, probabilmente un vecchio professore o un liceale folgorato
sulla via di Damasco della conoscenza, era entrato nel negozio.
Germano lo aveva scrutato preoccupato e poi aveva dato una fugace
occhiata all’orologio che campeggiava sul muro. Perché i clienti
più difficili arrivano sempre in orario di chiusura?
Armatosi
di pazienza lo aveva seguito con lo sguardo mentre sfogliava
interessato i più disparati volumi. Al fine si era avvicinato al
banco dove Germano aveva potuto sfoderare il suo professionale e
gentile sorriso
“
Buonasera posso aiutarla?”
A
quel punto era stata partorita la sconfortante richiesta
Germano
era impallidito ed aveva velocemente girato l’interrogativo al
database presente sul suo Mac.
“Mi
dispiace – disse con un filo di voce – ma non ce l’abbiamo
disponibile”
Il
cliente aveva però la faccia di quelli tosti, che non demordono.
Germano,
che sentiva una crescente ansia dentro di sé, adottò il tipico
Piano B delle librerie: la telefonata al collega della stanza a
fianco. Queste chiamate solitamente non portano mai a nessun
risultato, ma fanno sembrare estremamente professionali ed attivi i
librai.
E
il cliente solitamente è assolutamente ignaro del contenuto della
reale conversazione.
“
Ovviamente non lo abbiamo. Ma
chi cazzo è che viene a comperare e poi in teoria legge, un libro
del ‘200 all’ora di cena? Non ha una famiglia o degli amici che
lo aspettano a casa? “
“
Capisco – sussurrò Germano
– neanche in magazzino è presente” – Martin lo immaginava
mentre parlava al telefono e contemporaneamente guardava di sottecchi
il cliente.
“ E
per sua gentile informazione se se lo vuole procurare dovrà
contattare qualche monaco amanuense in qualche abbazia “
“ Il
collega ha controllato anche nel catalogo delle case editrici. Sembra
che l’opera che cerca sia fuori catalogo “
A
questo punto l’imprevisto: il cliente è del genere super espertone
e supponente.
“
Come dice? Da una sua ricerca
su Internet risulta che l’opera sia stata pubblicata da quella
piccola casa editrice? “
“ Si
nel 1975. In 200 copie in occasione di un convegno di studi.” –
disse Martin – “ Ma perché questo individuo non usa il web per
scaricare musica, film porno o organizzare un bel giro del mondo
lontano da qua? Proprio da noi deve venire a rompere i coglioni? “
“ Il
collega mi fa notare che la Rete offre veramente una fucina di
opportunità ed informazioni “ - “ se desidera possiamo
attivarci e vedere se riusciamo a recuperarne una copia “
“ Si
certo. Sto già organizzando una gita a Milano sulla tomba di
Bonvesin, per vedere se si è conservata la copia che hanno sepolto
con lui nel sepolcro”
“
Come dice? Pensa di
rivolgersi ad un’altra libreria dove è possibile ottenere una
copia in tempo più breve? D’accordo. Buona serata. Arrivederci”
Clic.
Rumore
della porta che si chiude.
Ore
19.50.
Plastica
che sbatte sul vetro. Martin proietta la scritta “Chiuso”.
Chiave
che gira nella toppa.
“
V..VV…VVV..”
Martin
si alzò preoccupato. Che fosse entrato qualcuno in negozio ed avesse
preso in ostaggio Germano?
Girò
l’angolo e raggiunse la sala principale della libreria. Germano era
in piedi. Aveva lasciato gli occhiali sul tavolo e il suo corpo era
scosso da tremiti come fosse un epilettico.
“
V…VV…VVV…”
Su
dai coraggio, pensò Martin, ci sei quasi.
“VAFFANCULO!”
disse alfine Germano. L’insolito uso di un elevato volume lo aveva
squassato e provato fisicamente.
“STRONZO!”
– disse con un fiato, appoggiandosi sul bancone che aveva davanti a
sé.
Martin
sorrise.
“
Grazie Professore, aveva
ragione. Non si è più capaci di ascoltare. Sono pochi quelli che lo
fanno bene come Germano. Però non è giusto che poi stiano anche
così male, suvvia…”
E
poi se educare voleva dire tirar fuori qualcosa di personale dai
propri allievi, Martin in questa occasione ci era riuscito benissimo.
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