lunedì 22 gennaio 2018

La Terra del Ferro e del Fuoco - Cap. 4 "Silenzio! Il nemico ti ascolta"

Martin si inerpica, con fatica e un discreto fiatone, lungo la strada che passa per la Ru, piccolo ruscello caraltino che può vantare anche delle piccole cascatelle. A far strada il Professor Battirani che ci racconta qualcosa di più della sua avventurosa esistenza

" Silenzio il nemico ti ascolta ! "


" Silenzio il nemico ti ascolta ! ". Questa frase rimbombava nelle tempie di Martin mentre si inerpicava per l'erta e ghiaiosa salita.
Era la frase che suo nonno gli ripeteva sempre quando camminavano per i sentieri montani, nei panni di arditi soldati. Un modo gentile per farlo tacere. Ora stava letteralmente inseguendo il Professor Battirani, che, a dispetto dell'età, scarpinava agile come uno stambecco. Avevano appena attaccato la strada che passava per il Rù, un ruscello caratterizzato da piccole cascatelle dove turisti e locali si fermavano per fare un bagno d'estate. A dirla tutta la strada era adatta anche al passeggio di vegliardi anzianotti, ma il fisico di Martin era tutt'altro che allenato e il fiatone si faceva già sentire. Ma Battirani non sembrava intenzionato a fermarsi ed anzi aveva deciso di iniziare la salita verso il rifugio di Cima Montagna.
" A cosa sta pensando giovanotto?"
" Forse le sembrerà strano, o la farà sorridere: seguendola mi è sembrato di rivivere le passeggiate che facevo quando ero piccolo con mio nonno. Sa, mi raccontava sempre storie di guerra e così ci trasformavamo in valorosi soldati inviati a compiere pericolose missioni. Talvolta si trattava di far provvista di legno, altre di riempire la cambusa con funghi o nocciole. Nei casi più arditi si doveva andare ad esplorare un sito nemico potenzialmente pericoloso come una cascata o una mangiatoia. Durante il tragitto incontravamo sempre misteriosi nemici ai quali potevamo liberamente tirare delle micidiali pigne-granata. In ogni caso sapevamo che una volta tornati alla base la nonna-maresciallo ci avrebbe fatto trovare il meritato ed abbondante rancio!
Grazie a tutte queste peripezie ho imparato a conoscere, rispettare ed amare la montagna"
" Io ringrazierò sempre la montagna, - disse Battirani - la serenità ed il senso di protezione che sa trasmettere. In alcune occasioni è terribile e può far paura, ma ti insegna il rispetto, la conquista delle piccole cose. Inoltre le persone che ci abitano sono dure come la roccia, discrete, ma ti sanno anche scaldare come il sole che sorge alla mattina sulle valli. O emozionare, come la visione di un prodigio della natura."
" Sembra molto legato a questi luoghi. Non vorrei sembrare indiscreto, ma posso chiedergliene la ragione? È nato da queste parti?"
" Giovane amico, so per certo che avrà letto i miei dati biografici, quindi dovrebbe ricordarsi che sono nato a Roma, qualche anno fa."
"È vero - disse Martin arrossendo. Gli parve di essere uno scolaretto che non aveva ripassato bene la lezione ed era stato colto in fallo da un severo insegnante - Ma allora com' è che conosce così bene questi luoghi. Se non sbagllio dal '47 in poi si è trasferito stabilmente a Pordenone. Per caso ci veniva in villeggiatura d'estate?"
" Se la mette in questi termini potremo definirla una villeggiatura forzata" - disse amaramente il professore. Nei suoi occhi si leggeva chiaramente la commozione, ma anche la rabbia che i ricordi gli riportavano alla mente. " Lei sa cosa successe nel 1938? Per essere precisi il 6 Ottobre…"
Martin iniziò a riflettere. Stava estraendo dal suo archivio mentale il file relativo a quegli anni. Fortunatamente aveva da poco colto l'occasione per un classico ripasso mentale della storia di quel periodo.
Si illuminò una serie di led che componevano la scritta "Dichiarazione della razza"
" Le leggi razziali " - sussurrò Martin.
" Esatto "
" Lei è ebreo? "
"No. Nell' ottobre del 1938 la vita mi sorrideva. Mi ero laureato da qualche mese in fisica e in settembre ero convolato a nozze con una meravigliosa ragazza, Sara.
Ero felice. Facevo un lavoro che mi entusiasmava e gratificava e a casa mi aspettava ogni giorno un angelo. All' epoca ero troppo impegnato nel mio mondo di ricerche e di ideali per capire quello che stava succedendo in Italia e nel mondo.
Ma improvvisamente dovetti risvegliarmi da questo sogno. E in maniera piuttosto brusca, purtroppo. "
" Cosa successe? "
" Al giorno d'oggi direbbero che ero vittima di un tipico caso di mobbing in ambiente lavorativo. Mi sottoponevano quotidianamente a pressioni, intimidazioni ed umiliazioni che avrebbero potuto cessare in un'unica maniera: ripudiando mia moglie, che era ebrea.
Mi prospettarono una brillante carriera nel settore scientifico e un ricco tenore di vita. D'altronde il mio ambito di ricerca li interessava, e non poco.
Avrei potuto avere tutto ciò che avrei voluto, almeno così dicevano, se solo avessi rinunciato alla mia relazione con quella donna dal codice genetico impuro. Non farlo, viceversa, mi avrebbe precluso qualsiasi possibilità di far carriera, di continuare le mie sperimentazioni e mi avrebbe bandito dalla cosiddetta società civile. "
Si vedeva chiaramente che la rievocazione dei fatti lo faceva star male. Dopo oltre sessant'anni la ferita non si era ancora rimarginata.
" Non ebbi un attimo di esitazione. Amavo troppo Sara, e non sarebbe stata certo l'illusione di una vita dorata a farmi dividere da lei. Avrei cominciato una vita diversa, lontana dai grandiosi sogni e progetti inseguiti durante gli anni dell' università. "
" Vedo che l'amava profondamente. Penso però che non sia stato tanto facile rinunciare a tutto quello che aveva pazientemente costruito. Mi sembra che ancora non abbia digerito completamente quel sacrificio. "
" Si sbaglia giovanotto. Pur di rimanere accanto a Sara sarei stato disposto ad accettare le peggiori privazioni e i lavori più umili. Quello che ancor oggi, a distanza di così tanto tempo, mi rode dentro e mi fa star male, è stata l'indifferenza e l'abbandono di tante persone che ritenevo amici. Amici veri. Quelli di una vita, ai quali hai confidato tutte le tue gioie,esperienze o paure. Ora tento di giustificarli appigliandomi alle difficoltà dovute alla particolare situazione storica ed ambientale o all'educazione ricevuta. Tento di mettermi nei loro panni e immagino a cosa avrei fatto io al loro posto in un periodo dominato dalla tensione, dalla paura, dall'odio. Tento di convincermi che non mi hanno fatto del male consapevolmente, ma non riesco a perdonarli.
Da un giorno all'altro ho visto il mio mondo crollare. Persone di cui mi fidavo mi voltavano improvvisamente le spalle. Dovunque andassi mi sentivo addosso sguardi gelidi, inquisitori o compassionevoli.
Lei non ha idea di quanto sgradevole sia la sensazione che si prova. È come sentirsi stranieri e prigionieri in casa propria, senza nessun conforto, neanche da parte dei propri parenti. Si diventa un fenomeno da baraccone di quelli che una volta si esponevano nelle fiere o nei circhi. "
Si erano seduti su di uno strano masso dalla forma ergonomica. Un sedile naturale messo a disposizione dal paesaggio per i camminatori che desideravano riposare per qualche secondo.
Martin osservava il suo interlocutore. Gli era sempre apparso molto più giovane di quanto non fosse in realtà, probabilmente per la sicurezza che dimostrava, per la cura che distingueva la sua persona e per quel suo incedere fiero e regale.
Dopo aver condiviso le proprie esperienze sembrava provato, fragile, quasi curvo sotto il peso degli anni e di esperienze che segnano indelebilmente una persona.
Martin provo una gran compassione e nello stesso tempo una forte ammirazione per l'uomo che aveva di fronte. Decise perciò di fare la sua parte e confidarsi con lui, come forse non aveva mai fatto con nessun altro prima
" Sa io la capisco. "
Battirani alzò il sopracciglio, diffidente. Come poteva quel ragazzotto imberbe anche solo immaginare le sofferenze che aveva vissuto lui?
Martin intuì i pensieri che si stavano affacciando nella mente del professore.
" Non si preoccupi. Non mi è successo niente di neanche lontanamente paragonabile a ciò che è capitato a lei. Quindi eviterò ogni sorta di paragone ".
Battirani dentro di sé tirò un sospiro di sollievo. Il ragazzino non era così sprovveduto. Forse avrebbe potuto fidarsi.
" Il fatto è che " - riprese Martin - " anch'io ho una fidanzata".
Battirani stava quasi per ricredersi. Che razza di rivelazione era mai questa?
" Il particolare " - concluse Martin, con aria un po' teatrale - " sta nel fatto che è araba, caratteristica che non va propriamente per la maggiore nell' evoluto, progressista e tollerante Nordest, specie di questi tempi. Mi creda, conosco perfettamente la sensazione che descrive: il sentirsi gli occhi puntati addosso, i discorsi e i pettegolezzi a mezza voce. La donna della tua vita che viene marchiata come un soggetto pericoloso e criminale senza ragione alcuna. Fortunatamente, nel mio caso, gli amici veri sono al mio fianco ed ho imparato tranquillamente a farmi scivolare di dosso le malvagità piovute dalle altre persone. I primi tempi ci stavo veramente male, quasi che amare una persona fosse una colpa terribile. Ora ho imparato a fregarmene e le assicuro che vivo benissimo".
Battirani sorrise.
" Sentire queste parole mi apre veramente il cuore. Penso che questa empatia faciliterà le comunicazioni tra di noi."
La frase risultò criptica per Martin che già aveva esercitato un grosso sforzo lirico per riuscire a descrivere adeguatamente i sentimenti e le emozioni che albergavano nel suo animo.
Era poi profondamente curioso di venire a conoscenza degli eventi che avevano visto protagonista il Professore durante gli anni di guerra. C'era da colmare un gap di una decina d'anni. Martin si era interrogato più volte, e come al solito, aveva fantasticato, sulla vita di Battirani in quegli anni. Una ridda di ipotesi, spesso francamente assurde, aveva affollato i centri del suo pensiero ed ora aspettava come il discepolo di un santone, la Rivelazione.
Il vecchio doveva aver intuito questa sorta di conflitto intellettuale che sconvolgeva la mente di Martin e se la rideva divertito.
" Immagino che lei ora voglia sapere cosa mi ha trascinato fin qui e quello che è successo in seguito "
Potere dell' empatia. Proprio la domanda che avrebbe voluto formulare Martin. Purtoppo la cosa non gli riusci molto bene a causa di una certa agitazione che lo coglieva quando si trattava di esprimersi nei momenti decisivi.
Fortunatamente il professore lo cavò di impiccio e proseguì il proprio racconto.
" La situazione a Roma si fece sempre più insostenibile e le pressioni continue. Nel dicembre del '38, decisi di approfittare delle vacanze natalizie per abbandonare Roma. Partimmo di notte, come i peggiori criminali, portando con noi solo pochi bagagli. Soprattutto ricordi di quella che sarebbe stata la nostra vita passata".
Martin ascoltava attento e rapito.
"Grazie all'aiuto di uno dei pochi amici rimasti fedeli, riuscimmo a raggiungere il Cadore, dopo un viaggio che non esiterei a definire allucinante. Le risparmio i particolari, ma le assicuro che mi vengono ancora i brividi quando ci ripenso".

***

Brividi. Pelle d'oca. Disgusto. Disgusto estremo. Come si poteva decidere consapevolmente di assassinare le proprie cellule epatiche con un liquido tanto ripugnante?
Appollaiato su una delle (invero scomode) sedie plastificate presenti sulla verandina del Rododendro, Martin squadrava con sguardo rassegnato il bicchiere di liquido prodotto per la prima volta a Lynchburg nel Tenessee dallo Stimato Jack Daniel.
"Non poteva, quel maledetto, continuare a giocare con i tappi di sughero delle botti?"
"Non potevi prendere un'acqua minerale?" - gli suggerì la solita insopportabile vocina interna.
Nel frattempo una schiera di giovani mocciosi giocavano con lo scassato calcetto lì presente e si guardavano bene dall'inserire ogni volta le monetine necessarie.
Il trucco era semplice: bastava tenere sempre aperta l'uscita delle palline, bloccando la manopola con uno stecco. Martin da bimbo lo aveva fatto un sacco di volte.
Sorrise ripensandoci e gettò uno sguardo al professore che si stava dedicando con profitto a svuotare la bottiglia dell'ambrato liquore.
" Le piacciono i bambini?" - buttò lì Battirani, che si era accorto delle occhiate che gli stava lanciando Martin.
" In che senso " domandò Martin con espressione inebetita
" Oh che tempi!"- fece il Professore in preda ad un accesso ciceroniano - " Anche la domanda più innocente può venire equivocata! Amico mio, volevo solo chiederle se ama osservare i bambini che giocano oppure li detesta in quanto portatori di confusione, stress e cattivi odori…"
"Si, beh, mi piacciono…" bofonchiò imbarazzato Martin.
" Quando vivevo qua mi sedevo sempre a questo tavolo ad osservare la nuova generazione che giocava. Teneri ed inconsapevoli delle cose più grandi di loro che stavano accadendo nel mondo"
Fece una pausa ed inghiotti un largo sorso di whisky, quasi a scacciare il groppo che aveva in gola.
" Non era tempo quello per mettere al mondo nuove creature. Almeno non per me. Che microcosmo laido e vuoto avrebbe conosciuto e quali privazioni avrebbe dovuto sopportare"
Battirani era sull'orlo delle lacrime e Martin, con abile mossa strategica tentò di deviare il corso della conversazione
" Come avete fatto lei e sua moglie a sopravvivere in questo paesetto per tutti quegli anni?"
Non era proprio il massimo, si disse Martin, ma almeno era un tentativo.
"Come le ho detto prima la gente di montagna sa essere molto ospitale, ma anche riservata. Io e Sara siamo vissuti all'interno di un tabià, una di quelle particolari costruzioni di legno che vede disseminate lungo le stradine del paese. Sono una via di mezzo tra un granaio ed una stalla, ma sono stati la nostra casa. Per quasi tre anni."
" Per tre anni? Pensavo foste rimasti qua fino alla fine della guerra"
" Pensava male. Per quasi tre anni io e mia moglie siamo stati parte di questa comunità. Aiutavamo gli abitanti nelle loro occupazioni quotidiane e i loro figli con quelle che al giorno d'oggi si sarebbero chiamate ripetizioni"
"Non avete mai avuto problemi con i fascisti del luogo? Intendo dire, mai nessun timore di venire scoperti?"
"No. Il podestà più vicino era ad una trentina di chilometri e veniva raramente fin quassù. E poi la gente non faceva troppe domande. Penso che molti di loro non sapessero neanche chi fossimo. Probabilmente apparivamo come due persone affidabili. E tanto bastava"
" E poi cosa accadde?" domandò Martin, incuriosito.
"Forse lei non ci ha fatto caso, ma, questo paesetto è sempre squassato da impetuose folate di vento"
Beh si, certo. Ci aveva fatto caso. Ma cosa c'entrava col discorso? Martin ipotizzava già terribili catastrofi naturali.
" Qui, quando cessa il vento succede sempre qualcosa"
Martin era sulle spine. Forse per una volta aveva azzeccato le previsioni
" Di solito piove, o peggio, grandina. Ma quella mattina dell' Ottobre 1942 successe qualcosa di imprevisto "
Ovvero? Perché doveva essere così maledettamente difficile portare a termine un discorso. Martin si torturava i palmi delle mani, impaziente di sapere
" Mi ricordo ancora la scena " - fece con aria teatrale Battirani - " Stavo seduto sugli scalini del tabià. Davanti a me c'eraun enorme spiazzo di erba mal curata e ghiaino. Assenza assoluta di vento. Non una foglia che si muovesse. Il cielo era scuro, carico, minaccioso. Seduta al mio fianco Sara mi teneva la mano e nel frattempo leggeva. Un libro interessante, sa? "L'idiota" di Dostoevskij. L'ha mai letto?"
Ma era possibile? Uno spot per la letteratura russa nel bel mezzo del racconto… Martin che aveva sempre odiato le interruzioni pubblicitarie si trattenne a fatica.
" In ogni caso, improvvisamente, si creò una sorta di vento artificiale. Io e Sara alzammo simultaneamente gli occhi al cielo e ci accorgemmo che si trattava…"
"… di alieni!" concluse trionfante Martin.
" Ah ma allora è proprio un vizio di voi pordenonesi. Alieni, ma mi faccia il piacere"
Martin desiderò profondamente di venir fagocitato all'istante dal terreno sottostante.
" Si trattava semplicemente di un elicottero. E l'equipaggio cercava proprio noi. Salimmo a bordo"
" E la destinazione? "
"Allora non la conoscevamo. Salimmo a bordo e ci abbracciammo"

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