lunedì 8 gennaio 2018

La Terra del ferro e del Fuoco - Cap. II - Il declino della romanità

Ecco qua il secondo capitolo, nel quale avrete l'occasione di fare un bel ripassone di Storia Medievale (ehi! Non scappate!), essere introdotti nei misteri culinari della "Frasca Da Ciccio" e conoscere un po' meglio Martin!
Il declino della romanità


Il declino della romanità. L'impero romano era stato un impero di cittadini più che di militari ed il suo fondamento era dato dalle città. All' unita politica si accompagnavano larghe autonomie e soprattutto Pace. Risorsa principale era l'agricoltura.
Elementi di crisi:
  1. Anarchia militare (III° Sec.) per accapparrarsi il potere con devastazioni belliche
  2. Crisi Economica
  3. Crisi Monetaria, con rialzo dei prezzi e miseria per le masse popolari.
  4. Spopolamento dell' Impero.

Così ragionava il bacato cervello di Martin, mentre chiudeva la serranda della libreria al termine di una faticosa giornata di lavoro.
Era una serata di inizio giugno, ovviamente piovosa. La pioggia gli riportava alla mente le levatacce che aveva dovuto fare durante il periodo universitario. Nelle giornate d'esame, per raggiungere la sede della gloriosa Università Ca' Foscari di Venezia in tempo utile per l'appello, doveva uscire di casa ad orari assurdi e poi percorrere circa 3 chilometri per raggiungere la stazione ferroviaria. Ovviamente a piedi dato che i mezzi pubblici si rifiutavano di attivarsi ad un' ora così ridicola e visto che non possedeva un' auto. In quelle occasioni, puntualmente onorate da precipitazioni parecchio violente, Martin camminava per la città deserta declamando nella propria mente i propri personali appunti riguardanti la materia d'esame.
Per non perdere l'abitudine, anche a distanza di parecchi anni, Martin continuava a ripetere gli argomenti studiati ad ogni occasione propizia.
Quella serata di inizio giugno gli sembrò favorevole per un bel ripassone generale di Storia Medievale.
Percorse velocemente lo spazio aperto del caratteristico vicoletto nel quale si trovava la libreria e si pose in salvo sotto un accogliente portico.
Si guardò attorno. Nonostante fossero solo le otto di sera non c'era anima viva. La pioggia aveva fatto rintanare tutti nelle proprie abitazioni. Il deserto. Un'altra condizione ideale per il ripasso mentale. Si ricordò che nelle mattinate in cui l'attraversava deserta e silenziosa la città gli era apparsa più bella che mai. Ovattata. Rassicurante. Addirittura poetica. Anche gli operatori che raccoglievano la monnezza nella malfamata Piazza Risorgimento gli parevano ammantati da un' aura quasi carducciana. Ovviamente nel tragitto incontrava anche personaggi dal sapore più pasoliniano come fornai e giornalai che aprivano le loro attività o puttane e papponi che viceversa si ritiravano verso un giusto riposo. Quando poi raggiungeva Piazza XX Settembre veniva colto, ogni volta, da un fanciullesco stupore per l'effetto che avevano su di lui quei palazzi illuminati. A volte gli sembrava di attraversare cattedrali dorate. Altre volte si sentiva come un bambino imprigionato in un quadro metafisico di De Chirico.
Ad essere pignoli si poteva obbiettare che gran parte dei palazzi della Piazza potrebbero venire catalogati come orridi esemplari di architettura razionalista anni '60.
Ma a Martin delle classificazioni architettoniche non fregava nulla. A lui la piazza piaceva così.
Di notte.
Illuminata.
Silenziosa.
Deserta.
Il fato avrebbe benissimo potuto catapultarlo in un posto con spiagge, fenicotteri, ragazze formose in costume da bagno, poliziotti che viaggiano con Ferrari Testarossa Bianca (Mai visto Miami Vice ?). Al contrario aveva deciso di fargli trascorrere la prima parte della sua esistenza nel lembo più piovoso del Nord-Est italiano. Dove PIOVE la mattina quando ti svegli, PIOVE quando hai appena lavato la macchina (e, a quanto pare, qui la lavavano tutti spesso…), PIOVE anche dentro il magazzino della libreria, perché qualche geniale architetto ha deciso di costruire delle grondaie interne. Martin con buona pace di D'Annunzio, non ci trovava nulla di molto poetico in tutta quest'acqua, ma se l'oscuro disegno del destino aveva così deciso, vi si sarebbe assoggettato di buon grado. D'altronde prendere delle decisioni non era mai stato il suo forte.
In realtà aveva talvolta desiderato di poter vivere come il Commissario Montalbano. Nascostamente immerso nella lettura dei romanzi di Camilleri durante l'orario lavorativo, aveva spesso invidiato all' affascinante poliziotto, nell' ordine:
  1. La magnetica capacità di far cadere ai propri piedi le donne
  2. La proprietà di una villa sul mare
  3. La possibilità di fare ogni mattina una nuotata nel medesimo, appena alzati
  4. Un aiutante surreale come Catarella
  5. La cammarera Adelina e le sue specialità.
  6. La trattoria San Calogero
Si accorse di essersi fermato, imbambolato, davanti ad un palazzo, di recente restaurato della Contrada Maggiore. La facciata decorata con motivi geometrici rossi affrescati, lo aveva ipnotizzato.
Un brontoliò sospetto proveniente dalle sue cavità gastriche lo riportò a pensieri più terreni e meno filosofici.
Martin sapeva che i segnali subliminali non andavano sottovalutati.
" Calogero? Montalbano sei un dilettante… "
Felice e impaziente girò sui tacchi percorse a ritroso tutto Corso Vittorio Emanuele scalpicciando allegramente con le scarpe tra le pozzanghere.
Fece una reverenza alla nobile Loggia del Municipio ed entrò nel suo vetusto automezzo, parcheggiato pochi metri più avanti.
Partì facendo un tentativo di sgommata.
Destinazione?
La Frasca Da Ciccio.

***

L' incauto viaggiatore che volesse avventurarsi verso la Frasca Da Ciccio dovrebbe invero affrontare un periglioso cammino lungo l'argine del minaccioso torrente Brentella. Seguendo l'andamento del suddetto corso d'acqua giungerà in un loco ameno, dominato da un grigio fabbricone e da un continuo viavai di camion provenienti da tutte le parti del mondo.
L'unico segno di attività non industriale della zona era rappresentato appunto dalla Frasca del buon Ciccio.
Ma non si aspetti il nostro viaggiatore di trovare cartelli o indicazioni che indichino la retta via. La Frasca era un luogo da iniziati, alla quale si poteva venir ammessi solo per conoscenza diretta col capo del locale o tramite amici.
Le condizioni per l'ammissione erano essenzialmente due: non rivelarsi "malati " (ovvero astemi) e riuscire ad ingurgitare le monumentali porzioni servite, senza dare segni di cedimento.
Martin si era sempre dimostrato molto ferrato nelle materie gastronomiche ed era stato ammesso senza difficoltà nel club, diventandone in breve tempo uno dei più assidui frequentatori.
Appena giunto sul luogo aveva fatto scorrere, non senza fatica, l'arcigno e sferragliante cancello verde che immetteva sul giardinetto del locale.
Come di consueto, con l'approssimarsi della bella stagione Ciccio aveva approntato l' ala estiva del ristorante.
Gli avventori si potevano sistemare all'aperto, sotto un ampio gazebo circondato da caratteristici filari di vite. I tavolini erano decorati da addobbi floreali, mentre la comodità dei nobili fondoschiena era garantita da panchine in ferro battuto, simili a quelle che si trovano comunemente nei parchi pubblici, ammorbidite da soffici sedute ingentilite da una fantasia a righe verticali blu-nere che a Martin ricordavano stranamente i costumi da bagno in voga all' inizio del Novecento.
Giove Pluvio aveva deciso che per quella giornata aveva scaricato una dose sufficiente di acqua nel pordenonese e quindi Martin potè dirigersi tranquillamente e senza l'ausilio del suo pittoresco ombrello verso quello che egli riteneva il SUO posto. Si trattava di un tavolinetto appartato dal quale riusciva a vedere tutti gli altri clienti del locale e quindi dedicarsi ad uno dei suoi hobby preferiti. Martin si divertiva enormemente a scrutare gli altri individui che popolavano con lui il globo terracqueo e a cercare contemporaneamente di intuirne i pensieri, le preoccupazioni e le vicende private. Talvolta si sorprendeva ad inventare storie mirabolanti che avevano come ignari protagonisti i suoi vicini di tavolo. Divorzi, viaggi avventurosi, amanti segreti, desideri inconfessati: Martin faceva vivere delle vite eccitanti ed intricatissime a queste persone che diventavano delle sorta di marionette che si animavano tra i suoi disordinati neuroni. Allarmata la solita vocina interna gli sussurrava che questo gioco fosse dettato dal fatto che la sua esistenza scorreva, invece, piatta, monotona e senza sussulti. Martin per una volta si ritrovò d'accordo con questo subdolo Grillo Parlante personale. La stillettata che gli giungeva dal suo subconscio profondo era indiscutibilmente e tristemente vera.
Martin aveva da un pezzo cessato di credere a Leibniz. Non viveva nel migliore dei mondi possibili (neanche nel peggiore, doveva ammetterlo), ma doveva piegarsi alla realtà dei fatti. Anche se questo non gli impediva di continuare, per la maggior parte della giornata, a sognare ad occhi aperti.
" Per cosa vale la pena vivere, se non per tentare ogni giorno di realizzare i nostri sogni ?" - si chiedeva il filosofo Martin quando venne interrotto dalla mastodontica apparizione di Ciccio.
" Buonasera Martin. Il tavolo è quello consueto. E, a quanto pare anche le preoccupazioni…"
" Ormai questa panca ha preso la forma del mio sedere, Ciccio" - disse Martin tentando di far ritornare correttamente in funzione il proprio organismo, provato da voli troppo alti e filosofici - " Non sono preoccupato. Stavo solo riflettendo. Secondo te Ciccio viviamo nel migliore dei mondi possibili? "
" Dai Martin. Per fare filosofia è troppo presto e hai bevuto ancora troppo poco. Per riparare a questa tua gravissima mancanza ho pensato di portarti l'aperitivo della casa per preparare il tuo stomaco alla battaglia che dovrà affrontare stasera".
Appoggiò un voluminoso bicchierone da mezzo litro sul tavolo e se ne ritornò sornione verso la cucina.
Martin si guardò attorno. Il locale era pressochè deserto. Gli unici altri clienti erano due signori sulla cinquantina che non si erano mai scambiati una parola da quando Martin era entrato nel locale.
"Che triste. Perché rimanere insieme quando non si ha niente da dirsi? " pensava Martin in versione consulente matrimoniale. La coppia aveva un' espressione così triste che Martin non riusciva neanche a favoleggiare su di loro.
Deluso come un bambino al quale è stato sottratto il giocattolo preferito, decise di affrontare l'aperitivo della casa.
La composizione, come nelle migliori tradizioni era segreta, ma gli ingredienti più facilmente identificabili erano il ghiaccio, il Pernod e la Coca Cola. Il beverone aveva anche la simpatica caratteristica di sembrare leggero e scivolare tranquillamente lungo gli esofagi degli incauti bevitori. Che però venivano in seguito colti da allegria alcolica nel prosieguo della serata.
Nell' esatto momento in cui le bollicine del cocktail iniziarono a solleticare felicemente le papille gustative della lingua di Martin, Ciccio decise che era ora di mettere in funzione il monumentale maxischermo, che aveva comprato in occasione degli ultimi mondiali di calcio.
Stava per iniziare il telegiornale della sera nella più rinomata ( e unica ) tivù locale. Come di consueto era condotto dal più famoso anchorman cittadino, Toni De Luigi, del quale Ciccio era un franco ed entusiasta ammiratore.
Era uno spettacolo vedere Ciccio mentre guardava, anche se sarebbe stato più giusto dire, viveva, il telegiornale. Era tutta una sequela di pugni battuti sul bancone e di " Ben Detto! " , " Giusto!" , " I politici i magna tutti! " e altre espressioni colorite sui più svariati argomenti che andavano dall'immigrazione alla ristrutturazione dei tombini di Viale Dante.
Attorno all'amico giornalista si affollavano svariati e pittoreschi personaggi: dal politico locale, all'industrialotto, dal presidente della squadra di calcio al coltivatore diretto che organizzava l'immancabile sagra nello sperduto paesetto. Ognuno di loro aveva la democratica possibilità di esprimere le proprie idee in due pseudo warholiani minuti di celebrità. E non si contavano le volte in cui era capitato che due ospiti si trovassero in disaccordo e si insultassero, rigorosamente in dialetto.
Per dar spazio a tutti gli ospiti a volte il programma raggiungeva durate bibliche. Era l'unico tiggì che Martin conoscesse, che riusciva ad occupare quotidianamente circa tre ore di palinsesto per ogni edizione.
La popolazione naoniana era divisa nella valutazione della qualità del programma. C'era chi riteneva De Luigi un illuminato che non le mandava certo a dire e che se si fosse candidato come Presidente del Consiglio lo avrebbe incondizionatamente votato.
D'altro canto c'era chi esprimeva dissenso nei suoi confronti. Non era infrequente sentirlo nominato col gentile appellativo di "Tonimona" , ovviamente pronunciato tutto d' un fiato. Il fonema non si riferiva ovviamente ad una fantomatica isoletta polinesiana, ma metteva in evidenza le presunte scarse facoltà intellettuali di De Luigi.
Di sicuro non era un discepolo di Michael Moore e non doveva aver recepito gli ammonimenti contenuti in Last Bowling in Columbine e Fahrenheit 9/11 sui danni prodotti dall' allarmismo nei programmi televisivi.
Martin guardava quasi in trance il tubo catodico. Il gusto di anice e Coca gli riempiva piacevolmente il palato. Sullo schermo l' apertura del telegiornale:
Immagini di clandestini.
Sottofondo musicale: "Fin che la barca va" (Orietta Berti).
Immagini di prostitute lungo un vialone (Di certo non pordenonese)
Poliziotti che procedono ad arresti.
L'intuitivo ed eizensteiniano montaggio mirava a mettere in guardia gli inermi cittadini locali sui pericoli collegati all'immigrazione.
L'unico allarme che scattò in Martin era quello lanciato dal suo fegato, preoccupato di non venire innaffiato in maniera troppo pesante da materiale alcolico.
I centri del pensiero di Martin erano invece impegnati in altre e più gravi riflessioni
" Chissà quale fantastica acconciatura sfoggerà stasera De Luigi? "
"Maledetto Pernod "- commentò la solita vocina.
A risollevare le miserie dei discorsi interiori di Martin ci pensò Ciccio, servendogli una porzione da reggimento di una delle sue specialità: la pasta ai formaggi. Inutile domandarsi di quali formaggi si trattasse. Ciccio non avrebbe svelato la ricetta neanche sotto tortura. Martin non intendeva indagare a riguardo. A lui bastava raggiungere le vette paradisiache del gusto facendosi trasportare da quel Caronte friulano che in più lo traghetto su un Acheronte di vino rosso casalingo.
Tra un boccone e l'altro Martin captava frammenti sonori di notiziario
" Ospitiamo ora il Presidente della Provincia…. "
" Ebbene cari telespettatori "
" …. nani, ballerine e quant'altro, amici miei. E quant'altro…"
La pasta di Ciccio era così buona che a Martin sembrava sempre finisse troppo presto, nonostante con un semplice calcolo si potesse dedurre che ne aveva ingurgitati svariati etti.
Ma l'oste non lo deluse. Appena gli mise sotto il naso il fegato alla Veneziana con polenta che aveva preparato come secondo gli occhi di Martin iniziarono a brillare di gratitudine.
Fedele al ritornello che recitava "Se i mari fossi tocio e le montagne polenta" Martin iniziò un suo personale giro turistico.
Sapeva che il soffritto di cipolla che copriva abbondantemente il piatto lo avrebbe reso inavvicinabile per qualche ora, ma procedette meticolosamente e scrupolosamente all'occultamento delle prove.
Stava battagliando contro un fegatino che non si voleva piegare al volere della sua mascella quando, quasi a tradimento, la sua attenzione venne calamitata dal televisore.
" Il mondo della scuola è in subbuglio e si sta misteriosamente interrogando"
Martin fece segno a Ciccio di alzare il volume.
" Da alcuni giorni lo stimato Professore Bruno Battirani, maestro di intere generazioni di pordenonesi, non da più notizie di sé. "
Il cellulare di Martin iniziò a vibrare. Era la sua fidanzata che lo cercava. Anche se sapeva che così si sarebbe imbufalita, Martin non esitò un secondo a premere il tasto rosso e a chiudere il telefono. Si trincerò dietro la simpatica vocina registrata che avrebbe informato la sua interlocutrice che c'era la concreta possibilità che l'utente da lei chiamato avesse il telefono spento o non raggiungibile.
" Ad accorgersi della scomparsa del Battirani è stata Agata, la domestica del Professore. Non vedendo ritornare a casa il padrone, l'anziana signora si è allarmata e ha allertato gli organi di polizia. Attualmente gli investigatori stanno setacciando le carte del professore alla ricerca di utili indizi. Non si esclude nessuna ipotesi, nemmeno quella tragica di un suicidio "
" Positivo come al solito " - pensò Martin.
" Pare infatti che il Professor Battirani, da parecchi anni ritiratosi in pensione, attraversasse un periodo di depressione, causato apparentemente dal rifiuto di vari editori di pubblicare una sua opera saggistico - letteraria. Noi, personalmente confidiamo nel ritrovamento del Professore, anche nel caso si sia compiuto un destino tragico ed avverso. Nei prossimi giorni vi terremo costantemente informati sugli sviluppi della vicenda. "
Seguiva poi una tirata sulle tristi condizioni degli anziani che vivono in solitudine, maltrattati ed abbandonati dalla crudele e spietata società contemporanea.
Martin solleticato dalla storia appena udita non ascoltò il predicozzo conclusivo di De Luigi. I suoi fertili e curiosi ingranaggi cerebrali avevano iniziato a fantasticare sulla vita, sicuramente affascinante, del Professor Battirani.
" Avrà trascorso un'ordinaria vita da professorino ? Chissà quali persone hanno vissuto attorno a lui? Magari ci ha lasciato un testamento spirituale nella sua opera letteraria. Mi piacerebbe proprio leggere quel libro. " - L'adrenalina scorreva nelle sue vene, sollecitata anche dal glucosio somministratogli da Ciccio sotto forma di Tiramisù, farcito da pregevoli tocchi di cioccolata fondente extralusso.
Martin segnò un appunto nella sua agenda mentale. All'indomani al risveglio avrebbe telefonato al suo amico Leo Merlo, attivo agente della Squadra Mobile, che si sarebbe sicuramente occupato della scomparsa del Professore. Voleva assolutamente leggere quel libro. Ormai si era incaponito che quello scritto contenesse rivelazioni fondamentali. Per dimostrare la sua ostinazione ingurgitò tutto d'un fiato il digestivo che silenziosamente aveva fatto la comparsa sul tavolo.
Bruciore. Stordimento. Adrenalina che va e viene. Martin raggiunse barcollante la sua auto dopo aver debitamente salutato e ringraziato Ciccio.
Seduto al posto di guida tentò di riprendersi dalla battaglia enogastronomica. Pensò che quello sarebbe stato il momento ideale per rifugiarsi nel rassicurante abbraccio di Jamila, la sua fidanzata. Poi venne colpitò da una scheggia di memoria che gli riportò alla mente il fatto che non più tardi di un' ora prima le aveva brutalmente sbattuto il telefono in faccia.
Tutta la stanchezza della giornata lavorativa si riversò improvvisamente sulle membra di Martin.
E fece capolino un maestoso, terrificante, stordente mal di testa.

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