lunedì 15 gennaio 2018

La Terra del ferro e del fuoco - Cap. III - I migliori clienti erano quelli del mercoledì mattina

Il mercato del mercoledì è tradizionalmente il momento nel quale si scoprono le questioni importanti. Quindi, tra un pettegolezzo e l'altro, una partita di carte e un commento sulla situazione sportiva del Pordenone Calcio, possiamo anche saperne di più sulla scomparsa del Professor Battirani

 
I migliori clienti erano quelli del Mercoledì mattina


I migliori clienti erano quelli del Mercoledì mattina. Il Mercoledì mattina il centro storico di Pordenone veniva gioiosamente invaso dalle multicolori bancarelle del mercato.
Si vedevano convivere serenamente venditori cinesi di borsette low cost, senegalesi che proponevano prodotti artigianali e al loro fianco autentiche vecchiette carniche che reclamizzavano gli scuffons, tipiche calzature friulane, confezionate con le loro mani.
Le donne tra una pezza di formaggio ( " El me daghi quel bon, Gino, me racomando " ) e la ricerca della frutta e verdura al costo più conveniente, riuscivano a scambiarsi informazioni essenziali sui fatti della vita. In pole position c'erano gli eventi luttuosi:
" Hatu sentio dela Rosina? Puareta. La gera ancora zovene. La gaveva sol che ottantasinque ani…."
Non c'era da stupirsi. Storicamente la prima pagina del quotidiano che veniva letta dalle massaie pordenonesi era quella dei necrologi. Solo dopo aver scoperto che tra le macabre figurine non c'era il volto di qualche conoscente o parente, potevano dedicarsi allo svolgimento delle faccende domestiche.
Seguivano a ruota i torbidi intrighi sentimentali ( " Gò sempre dita mi che so mario gera un disgrassià….. " ), le gravidanze, specie se inaspettate ( " Savevitu che la fia de Bepi l'è restada piena ? " ) e i lamenti per i rincari degli alimentari ( " Mi no so eh ! Te parelo possibile che pago un melon tutti 'sti schei? " glissando sul fatto che a Novembre il melone non sia proprio un frutto che va alla maggiore tra le coltivazioni ).
In mezzo a questo microcosmo sguazzavano abitualmente i reporter dei quotidiani locali, sempre pronti ad intervistare e a sbattere in prima pagina sotto forma di santino, una ventina di personaggi abilmente reclutati tra questo esercito di informatori, che avrebbero fatto impallidire anche i sofisticati mezzi di Echelon.
I titoloni che ne conseguivano erano in genere apocalittici. Ogni giorno sembrava che Pordenone stesse scivolando a gran velocità verso la rovina economica. Quotidianamente si leggevano sfilze di percentuali in ribasso se si trattava di dati sulla produzione industriale. Viceversa le percentuali erano tutte in mostruoso rialzo quando si parlava di prezzi al consumo, senza escludere nessun settore merceologico dalle auto di lusso alla piccola utensileria.
Se per caso un alieno fosse atterrato a Pordenone e avesse letto uno dei suddetti giornali, si sarebbe allarmato e poi, impietosito per la sorte dei miseri abitanti del luogo, avrebbe avuto la tentazione di inviare vagonate di aiuti umanitari dal proprio pianeta, per alleviarne le sofferenze.
Mentre le consorti si dedicavano alle compere e ai pettegolezzi gli uomini affollavano le varie osterie o le più raffinate enoteche. Tra un ombra e un cicheto discutevano di politica, ma soprattutto di calcio. Oltre agli sfottò abituali tra tifosi di squadre di serie A, si era soliti parlare della triste sorte del Pordenone Calcio che dopo un passato pseudo glorioso era scivolato per problemi finanziari nelle secche dei campionati regionali.
Come da antico costume pordenonese più che a celebrare i propri eroi si tendeva a demonizzarli e a svilirli. Anche le attività che sembravano funzionare bene dovevano venir criticate, grazie alla convinzione, che alberga nel cuore di ogni vero naoniano, secondo la quale l'unica cosa fatta bene è quella che viene fatta di persona.
Anche i calciatori non venivano risparmiati, sia che si trattasse del terzino sinistro ( "L'è un broc! ") o del costosissimo centravanti, il cui acquisto non veniva visto di buon occhio dalla tifoseria ( " I gà ciapà un mus per un caval! " ).
Coloro che non si interessavano di avvenimenti sportivi si dedicavano ai giochi di carte.
Molti di questi individui erano allenati da anni di gioco nelle bettole. Lo svolgersi delle disfide a briscola, scopone o tresette era tutto un susseguirsi di aggrottar di ciglia, ammiccare, tossicchiare: tutti segni convenzionali che dovevano indicare al compagno quale fosse la carta migliore da giocare. A volte le comunicazioni non erano così fluide e quindi le giocate non andavano a buon fine.
Seguiva uno scambio di accuse da parte dei due, ormai ex, amici che si rimpallavano le responsabilità della vergognosa sconfitta. Nel migliore dei casi il colpevole poteva venire additato come insemenio , ma in caso di colpa grave veniva bollato in presunto italiano come un inguaribile collione. Ovviamente non riferiamo in questa sede la particolare e fantasiosa colonna sonora che accompagnava i giochi di carte. Basti sapere che era composta da svariate invocazioni teologiche che comparavano le divinità alle creature che abitano normalmente uno zoo, probabilmente per un'operazione di recupero delle usanze dell' Antico Egitto.
Comunque sia chi si macchiava del delitto di lesa maestà del giuoco delle carte, lasciava scornato la bettola e si trovava costretto ad inventarsi una nuova occupazione per il resto della mattinata. Visto che l'ipotesi di ricongiungersi con la dolce metà non era contemplata, l'individuo passeggiava tristemente guardando le vetrine dei negozi.
Finchè non giungeva nel noto vicoletto e, attratto dalle copertine multicolori dei libri e dal viso rassicurante di Martin, decideva di entrare in libreria.
Martin doveva ancora riprendersi dalla serata precedente. Dopo essere rincasato, si era rigirato a lungo nel letto, tentando vanamente di riuscire a prendere sonno. Era agitato. Si sentiva in colpa per essere stato sgarbato con la sua dolce metà. Aveva tentato per tutta la mattinata di telefonarle, ma senza successo. Conoscendo l'elevato grado di permalosità della ragazza, il riavvicinamento non sarebbe stato semplice. In più, durante la nottata gli era apparso in sogno il Professor Battirani con il suo maledettissimo manoscritto.
Per finire in gloria aveva deciso di affrontare un viaggio interstellare strettamente abbracciato all' astronavicella Ideal Standard dentro la quale aveva espulso le proprie frustrazioni, l'anima e anche tutte le delizie assunte in serata da Ciccio.
Aveva quindi tentato di lasciarsi alle spalle la sua condizione di straccio e riacquistare la parvenza di un essere umano, concedendosi una lunghissima doccia.
Rinfrancato si era diretto al lavoro, pronto ad affrontare gli strambi clienti del mercoledì mattina.
" Eccone uno ". - pensò scrutando il buffo ometto dalla faccia afflitta che lo guardava speranzoso dall' altro lato della vetrina.
Il vecchietto entrò con aria timorosa, quasi si sentisse a disagio in quel presunto tempio della cultura. Aveva i capelli scompigliati, la cravatta allentata attorno al collo. Da una tasca della giacca spuntava una copia del quotidiano locale. I pantaloni erano corti: arrivavano abbondantemente sopra la caviglia lasciando intravvedere un elegante calzino bordeaux in filo di scozia che faceva vezzosamente pendant con la cravatta.
In mano reggeva saldamente l'immancabile borsello
" Vecchietto con borsello. Potenzialmente una calamità " - si sorprese a meditare Martin.
Per vincere l'imbarazzo di chi si sente irrimediabilmente fuori posto il cliente aveva iniziato a sfogliare con sguardo attento ed interessato una copia commentata de La differenza fra il sistema fichtiano e il sistema schellinghiano, oscura opera minore di Hegel.
"Buongiorno, posso aiutarla " - intervennè Martin tentando di sbloccare la grottesca situazione di impasse.
" Buongiorno "
Lieve balbuzie. Sudorazione. Agitazione crescente
" Sa, mi voria un libro. "
Sollievo. La frase fatale era stata partorita.
" Certamente. Che genere di libro può interessarle? " - disse Martin, sollevato dal fatto che almeno non gli fossero stati richiesti degli attrezzi da officina.
" Ma no so. Un libro da leser… "



***

La pausa di metà mattina era un' istituzione alla quale anche gli operosi abitanti di quel margine orientale d'Italia, difficilmente rinunciavano.
Martin curava da anni con perizia quel singolare momento della giornata. Era stato introdotto a quella nobile arte dalla buonanima di suo nonno che fin da piccolo lo aveva portato con sé nelle sue peregrinazioni mattutine.
Per il piccolo Martin era inconcepibile che ogni singola passeggiata non si concludesse all' interno di un locale con l'attribuzione di un tramezzino ed una bibita come giusto premio per aver chiacchierato e camminato obbedientemente a lato del nonno.
In cambio Martin si era tacitamente impegnato a mentire spudoratamente alla nonna quando questa lo interrogava sulla quantità di ombre assunte dal marito nell'arco della mattinata.
Nel corso di queste camminate mattutine Martin aveva acquisito un occhio clinico ed era in grado di distinguere all'istante la qualità e i costi di caffè, aperitivi, cichetti e quant' altro, alll'interno di ogni singolo locale.
La Contrada Maggiore era tutto un pullulare di piccoli bar e localini graziosi che avevano fatto dell'aperitivo o del caffè di metà mattina un'arte ricercata.
Martin adorava bighellonare per i Corsi senza avere mete precise. Si sarebbe quindi seduto dove lo spingeva l'istinto. Ogni bar aveva le proprie specialità. Martin doveva solamente decidere se voleva dedicarsi al dolce o al salato. Questa era probabilmente l'unica decisione che era capace di prendere quotidianamente senza crearsi complessi o dubbi.
Quella mattina decise di accomodarsi mollemente sulle sedie en plen air di un minuscolo bar di Corso Vittorio Emanuele. Nessun motivo enogastronomico. Semplicemente la padrona era sempre gentile e premurosa e non lesinava sorrisi e consigli discreti.
Martin si sedette stando ben attento a posizionarsi in maniera da avere una visione completa degli indaffarati esseri che trafficavano lungo il corso. In quel momento oltre alle vecchiette che procedevano lentamente, oberate dal peso delle spese, passavano veloci liberi professionisti vestiti di tutto punto e muniti di valigetta d'ordinanza, professori con l'ora buca, operai che scaricavano merci nei negozi e fannulloni in genere. Quasi ipnotizzato da questo continuo flusso Martin si rilassò e chiuse gli occhi ben deciso a calamitare sul proprio volto lo splendido sole di inizio giugno che lo metteva in un'ottima disposizione d'animo.
" Ciao Martin. sempre attivo eh? "
A riscuoterlo era stata la voce baritonale e profonda del suo amico questurino Leo Merlo.
"Ciao Leo. Siediti " - disse meccanicamente Martin
" Già fatto"
Era vero. Martin accalappiò la giunonica padrona del locale e le ordinò uno spritz con l'Aperol mentre Leo optò per il folcloristico macchiatone, sorta di caffè macchiato potenziato che assumeva toni grotteschi quando veniva pronunciato con le classiche vocali aperte dai pordenonesi doc.
Lo spritz di Martin arrivò provvidenzialmente accompagnato da crostini con lardo e una buona dose di patatine da sgranocchiare.
Ora si poteva cominciare a discutere seriamente.
" Raccontami della scomparsa del Professor Battirani. "
" Ieri mattina abbiamo ricevuto la telefonata da parte della sua domestica. Era allarmata dal fatto che il padrone non fosse rincasato la sera e non l'avesse avvertita. Solitamente lo faceva nelle rare occasioni nelle quali non dormiva a casa. "
" Avete già contattato i parenti ? "
" Non ci risulta ne abbia. Almeno non in vita. Era vedovo e non aveva figli. La domestica ci ha detto che il professore era molto riservato. Non le ha mai parlato dei propri parenti negli oltre vent'anni nei quali ha prestato servizio presso di lui. È triste il destino dei nostri vecchi in una società così disattenta come la nostra "
" Ti prego, Leo. Mi sono già bastate le acute osservazioni in merito di De Luigi, ieri sera ".
" Hai ragione, scusa. Il fatto è che non riesco a capacitarmi di come una persona così stimata possa scomparire di punto in bianco senza nessun motivo apparente".
" De Luigi nel suo servizio menzionava un manoscritto. Un'opera letteraria o un saggio. Di cosa si tratta precisamente ? ".
" Sapevo che me lo avresti chiesto " - disse Leo con un sorriso complice e divertito - " Se n' è impadronito il mio collega Marcon che ha coraggiosamente deciso di leggerselo nella nottata. Dopo una attenta disamina ha deciso di bollarlo come un cumulo di farneticazioni psico - filo - pedagogiche. Da quel che so io l' ultimo libro che ha letto Marcon è stata una raccolta di Tex, quindi ho deciso di richiedere una consulenza ad un perito del settore "
Così dicendo fece scivolare sul tavolo un bustone giallo ocra. Martin aveva gli occhi che brillavano di riconoscenza nei confronti dell' amico. Elettrizzato, agguantò il contenitore e lo aprì con foga.
All' interno si trovava un voluminoso documento battuto con una vecchia macchina da scrivere, forse un Olivetti Lettera 22.
La carta usata era di qualità elevata, molto spessa.
Martin ficcò il naso all'interno del bustone e trasse un profondo respiro. Aveva questa strana e singolare consuetudine: che si trattasse di un piatto di pasta o di un bullone arrugginito, doveva far indagare anche le sue narici.
La profonda sniffata gli fece percepire sentori di tabacco e un delicato e floreale profumo di acqua di colonia, forse un dopobarba.
Nella sua mente la figura di Battirani si stava delineando: era quella classica del professore distinto, curato e carismatico, tipica dei romanzi.
Martin non lesse neanche il frontespizio del manoscrito. Leggere le nuove opere era un rito che andava santificato con una liturgia precisa. Il sacro rispetto di Martin gli imponeva di dedicare la massima attenzione all'operazione. Una volta rientrato a casa avrebbe dedicato a ciò tutto il tempo e la concentrazione necessarie.
" Battirani era un pedagogista, un maestro? " - chiese a Merlo che nel frattempo stava guardando interdetto l'amico.
" No. Ti sembrerà strano, ma era un fisico. "
"Un fisico ? " Martin era decisamente sconcertato. Non che fosse favorevole alle nette distinzioni tra cultura umanistica e scientifica, agli insegnamenti per compartimenti stagni, ma gli sembrava perlomeno inusuale che uno scienziato si dedicasse alla diffusione della pedagogia.
" Si. In realtà non siamo riusciti a ricostruire per intero la sua biografia. Sappiamo che è nato a Roma nel 1917 e qui si è laureato a pieni voti nel '38 presso l' Istituto di Fisica con una tesi sul bombardamento dei nuclei atomici per mezzo di neutroni lenti. Le notizie sul periodo della seconda guerra mondiale sono scarse e nebulose. Dal '47 si è stabilito con la moglie a Pordenone e qui ha svolto un' onorata carriera di professore in alcuni istituti superiori. I suoi ex studenti lo descrivono come una persona di grande forza morale, severo ed inflessibile quando necessario, ma anche dotato di grande umanità e simpatia. Da alcuni anni è vedovo. Sono quasi sessant'anni che abita nella stessa casa, nel quartiere di Torre. Sembra abbia sempre condotto una vita morigerata ed irreprensibile, quindi non ti posso stupire con aneddoti o episodi particolari. Questo è quanto. "
" Non ti pare strano che un fisico, come tu dici, così importante si sia rintanato nella nostra cittadina abbandonando ogni velleità di ricerca per dedicarsi all' insegnamento ? "
" Non più di tanto. Devi pensare che la situazione economica dopo la guerra non era così rosea. Magari aveva solo bisogno di tranquillità. e quale posto migliore di una anonima cittadina di provincia dove non succede mai nulla ? "
" Anche questo è vero. Però non riesco a capacitarmi del perché uno scienziato di quel genere abbia dedicato tempo ed energie per scrivere e promuovere un libro così lontano dal suo campo di studi. È strano…"
" Benvenuto nel mondo, caro Martin. Al giorno d'oggi non bisogna più stupirsi di nulla " - Leo stava infilandosi nel pericoloso tunnel delle frasi fatte, nel quale, talvolta, sguazzava beato. - " Dovresti vedere che casa particolare ha il nostro amico Battirani ! Sembra il museo delle scienze. A dirti la verità mi mette parecchio a disagio, anche perché non riesco a comprendere l'utilizzo e il significato della maggior parte degli strumenti e dei libri che la affollano. Se ti fa piacere puoi venire con me a fare un sopralluogo. Come stai messo a conoscenze scientifiche ? "
" Sinceramente " - rispose Martin, che in gioventù era stato ribatezzato dalla nonna come « nemico dei numeri » - " l' unica cosa che mi ricordo della fisica che ho studiato alle Superiori è la Legge di Gay - Lussac. Grazie al mio professore di Storia dell' Arte. "
" Storia dell' Arte ? " - ripete stupefatto Leo.
" Si ce ne aveva insegnata una versione, diciamo così, un po' particolare… "
Martin da bravo scolaretto la declamò e Leo, dopo essere arrossito come una pudibonda verginella, scoppiò in una grassa, omerica risata.

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