Robert Capa |
Fino al 19 Gennaio Villa Manin di Passariano ospita la bellissima mostra "La Realtà di Fronte", ovvero una retrospettiva sul primo vero fotoreporter, Robert Capa, in occasione del centenario della sua nascita.
La mostra ripercorre l'avventurosa vita di Capa attraverso gli scatti dei suoi reportage.
Giramondo per necessità, ma anche per vocazione l'ungherese di origine ebraiche Capa (al secolo Endre Friedmann) è un autentico globetrotter. La sua carriera fotografica inizia in Germania, ma nel '33 con l'avvento del nazismo è costretto ad emigrare in Francia. Qui documenta i tumulti parigini che precedono le elezioni e conosce altri colleghi con i quali nel Dopoguerra fonderà la celeberrima agenzia fotografica Magnum. Nel '36 si reca in Spagna a documentare la guerra civile. Qui scatta quella che forse è la sua foto più celebre ovvero il "Miliziano colpito a morte", ma nello stesso periodo subisce anche la perdita della fidanzata/collega Gerda Taro, schiacciata da un carroarmato. D'altronde uno dei capisaldi della filosofia di Capa è che "Se le vostre foto non sono sufficientemente buone, vuol dire che non siete andati abbastanza vicino". Una filosofia di vita che lo porta ad essere in prima linea a documentare ogni conflittto. Passa dal fronte dell'Africa Orientale a quello dell' Italia del Sud. Dalla Londra distrutta dai bombardamenti a Berlino. Dalla Francia occupata al D-Day in Normandia. Dello sbarco in Normandia rimangono solo 11 negativi (chiamati i "Magnificent Eleven") che hanno ispirato Steven Spielberg nella realizzazione di "Salvate il Soldato Ryan". Doris Dowling e Silvana Mangano in "Riso Amaro" |
Dopo la guerra documenta la nascita dello Stato di Israele e fa un viaggio-reportage nella Russia Sovietica con l'amico John Steinbeck. Quindi, diventato ormai cittadino americano, e grazie alle amicizie con John Huston, Gary Cooper e soprattutto alla liason con l'attrice Ingrid Bergman inizia a frequentare il mondo di Hollywood, con funzioni di fotografo di scena. Le foto più belle del periodo sono quelle nelle quali ritrae gli amici (tra gli altri anche Matisse e Picasso) mentre le foto di backstage (almeno a chi scrive) appaiono prive della forza espressiva ed emotiva di quelle realizzate al fronte. Anche se ci sono esempi di immagini riuscite perfettamente come, ad esempio, quella che ritrae Doris Dowling e Silvana Mangano sul set di "Riso Amaro". Capa in questo periodo si circonda di amici e si da a quella che si può chiamare "la bella vita" dimostrando un carattere estroverso e socievole. Ma la sua vera vocazione rimane quella di documentare fedelmente i teatri di guerra. E, infatti, appena se ne presenta l'occasione, parte per l'Indocina. Purtroppo il suo sarà un viaggio senza ritorno. Muore infatti nel 1954, esplodendo su una mina antiuomo.
Quello che colpisce nelle foto presenti a Villa Manin è la forza emozionale che riescono a convogliare nel fruitore. Solitamente siamo infatti abituati ad essere bombardati quotidianamente da un gran numero di immagini anche cruente che però non riescono a toccarci così nell'intimo.
Capa invece ha la capacità, senza mai cadere nel brutale e nel granguignolesco, di farci vivere sofferenze ed emozioni molto forti attraverso volti e corpi, senza produrre immagini macabre e splatter.
E' un racconto emotivo sull'essere in guerra che parte dalle storie, dalla quotidianità e dalle emozioni di persone comuni, intrappolate in un contesto, purtroppo per loro, bellico.
Una grande lezione per tutti coloro che vogliono raccontare il mondo che li circonda senza fronzoli e ampollosità. Un fotogramma che vale più di mille parole
Mostra "Robert Capa - La realtà di Fronte"
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