Sono da qualche giorno ritornato in possesso del Project Work che ho presentato al corso allenatori di Terzo Grado Fipav, tenutosi a Cavalese nell'estate del 2014. Era andato perso dopo che l'HD del PC si era inopinatamente fritto. Ora che l'ho recuperato lo condivido in maniera informatica, in modo da averne una copia virtuale. Anche perchè è il ricordo non solo di 10 giorni passati con altri colleghi più o meno famosi (e quando ti ricapita più di palleggiare nella stessa palestra con NIkola Grbic?), ma anche l'inizio di una indimenticabile esperienza in palestra culminata con la disputa delle Final Four di Coppa Italia e la promozione in A2
Il lavoro evidenzia l'importanza della Fase Break (e di quelle che sono le fasi propriamente dette di transizione). Nello specifico si sviluppa un microciclo settimanale e si esamina nel dettaglio una delle sedute, inserendo il tutto nel contesto di una programmazione annuale. Il lavoro originale era corredato da 5 brevi video esplicativi, ma quelli sono andati irrimediabilmente perduti.
Chi avesse voglia e pazienza di leggersi il tutto lo può trovare QUI
Mi piace concludere riportando qui, a beneficio anche di coloro che non vorranno leggersi tutto il malloppone, i ringraziamenti finali:
"Sono conscio che il livello scientifico ed accademico possa essere probabilmente più elevato in altri lavori, ma ho preferito illustrare i criteri che guidano il mio modo di allenare e di stare in palestra, piuttosto che scimmiottare il lavoro di altri.
Questo non significa che mi ritenga arrivato e non perfettibile. Tuttaltro. Penso, infatti, che una delle doti che non deve mai mancare a nessun allenatore sia quella di studiare, aggiornarsi e migliorare andando costantemente ad imparare da chi è più bravo, più esperto o, semplicemente, fa le cose in maniera differente. Sta ad ognuno di noi, poi, cercare di cogliere le cose che riteniamo più utili da riportare nel nostro lavoro quotidiano con gli atleti. In questi ultimi quindici anni, che mi hanno portato ad allenare in tutte le serie dalla 1^ Divisione alla B1, passando per play off e Finali Nazionali
Giovanili, ho imparato che c'è sempre da imparare e che la miglior operazione è sempre quella di investire tempo e risorse scegliendosi dei buoni maestri.
Il miglioramento e l'apprendimento di nuove metodologie, la conoscenza della pallavolo in tutte le sue ampie sfaccettature è stato il motivo principale della decisione di partecipare al Corso di Terzo Grado di Cavalese e posso dirmi pienamente soddisfatto dell'esperienza.
L'altra cosa che penso di aver capito è che ogni stagione è un'avventura a sé. Ogni gruppo è formato da persone con caratteri, abitudini ed esigenze tecniche sempre differenti. Perciò non è possibile appiattirsi, ma bisogna sempre fare un lavoro di ricerca quotidiano per adeguarsi al proprio gruppo. Ma quando si trova la chiave di volta le soddisfazioni ripagano tutta la fatica fatta fino a quel momento, sia dal lato tecnico che da quello personale.
E senza il fondamentale contributo di alcune persone questo testo non avrebbe mai potuto essere stato scritto. Il virus pallavolistico mi è stato instillato dal babbo, dirigente pallavolistico di lungo corso (anche se tutti e due conveniamo che la vera esperta pallavolistica in casa sia mia madre!). Dopo una lunghissima teoria di partite viste e la convinzione che la pallavolo giocata avrebbe esultato dopo il mio ritiro agonistico, ho deciso di intraprendere la carriera di allenatore. Senza l'intervento di Melania Sera e Carlo Zanoni e le infinite serate a parlare dei massimi sistemi tecnici della pallavolo mondiale, si sarebbe probabilmente fermata subito. E senza tutti coloro che mi hanno tenuto con sé in palestra per “imparare il mestiere” sarei molto meno ricco sia dal lato tecnico che da quello umano. Ci sono poi le atlete. Quelle che, ormai, da bambine del minivolley sono diventate mamme e quelle che mi hanno sopportato per anni. Quelle che hanno smesso di giocare e quelle che giocano o hanno giocato in Serie A. Spero di aver lasciato a tutte qualcosa. Io sono fortunato: ho preso molto.
Ultimi, ma non meno importanti. Tutto lo staff che mi sopporta e supporta in questo anno agonistico. In primis ovviamente le atlete. Quindi, gli insostituibili dirigenti della Polisportiva San Giorgio Porcia, il mio assistente Ivan Marotta, il preparatore atletico, ma anche mentore e consigliere principe, Carlo Zanoni, i due uomini delle statistiche Diego Pizzol e Thomas Buosi e la fisioterapista Monica Frata.
Senza il preziosissimo lavoro di questa squadra, spesso invisibile, anche il mio sarebbe
poco efficace"
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Questo non significa che mi ritenga arrivato e non perfettibile. Tuttaltro. Penso, infatti, che una delle doti che non deve mai mancare a nessun allenatore sia quella di studiare, aggiornarsi e migliorare andando costantemente ad imparare da chi è più bravo, più esperto o, semplicemente, fa le cose in maniera differente. Sta ad ognuno di noi, poi, cercare di cogliere le cose che riteniamo più utili da riportare nel nostro lavoro quotidiano con gli atleti. In questi ultimi quindici anni, che mi hanno portato ad allenare in tutte le serie dalla 1^ Divisione alla B1, passando per play off e Finali Nazionali
Giovanili, ho imparato che c'è sempre da imparare e che la miglior operazione è sempre quella di investire tempo e risorse scegliendosi dei buoni maestri.
Il miglioramento e l'apprendimento di nuove metodologie, la conoscenza della pallavolo in tutte le sue ampie sfaccettature è stato il motivo principale della decisione di partecipare al Corso di Terzo Grado di Cavalese e posso dirmi pienamente soddisfatto dell'esperienza.
L'altra cosa che penso di aver capito è che ogni stagione è un'avventura a sé. Ogni gruppo è formato da persone con caratteri, abitudini ed esigenze tecniche sempre differenti. Perciò non è possibile appiattirsi, ma bisogna sempre fare un lavoro di ricerca quotidiano per adeguarsi al proprio gruppo. Ma quando si trova la chiave di volta le soddisfazioni ripagano tutta la fatica fatta fino a quel momento, sia dal lato tecnico che da quello personale.
E senza il fondamentale contributo di alcune persone questo testo non avrebbe mai potuto essere stato scritto. Il virus pallavolistico mi è stato instillato dal babbo, dirigente pallavolistico di lungo corso (anche se tutti e due conveniamo che la vera esperta pallavolistica in casa sia mia madre!). Dopo una lunghissima teoria di partite viste e la convinzione che la pallavolo giocata avrebbe esultato dopo il mio ritiro agonistico, ho deciso di intraprendere la carriera di allenatore. Senza l'intervento di Melania Sera e Carlo Zanoni e le infinite serate a parlare dei massimi sistemi tecnici della pallavolo mondiale, si sarebbe probabilmente fermata subito. E senza tutti coloro che mi hanno tenuto con sé in palestra per “imparare il mestiere” sarei molto meno ricco sia dal lato tecnico che da quello umano. Ci sono poi le atlete. Quelle che, ormai, da bambine del minivolley sono diventate mamme e quelle che mi hanno sopportato per anni. Quelle che hanno smesso di giocare e quelle che giocano o hanno giocato in Serie A. Spero di aver lasciato a tutte qualcosa. Io sono fortunato: ho preso molto.
Ultimi, ma non meno importanti. Tutto lo staff che mi sopporta e supporta in questo anno agonistico. In primis ovviamente le atlete. Quindi, gli insostituibili dirigenti della Polisportiva San Giorgio Porcia, il mio assistente Ivan Marotta, il preparatore atletico, ma anche mentore e consigliere principe, Carlo Zanoni, i due uomini delle statistiche Diego Pizzol e Thomas Buosi e la fisioterapista Monica Frata.
Senza il preziosissimo lavoro di questa squadra, spesso invisibile, anche il mio sarebbe
poco efficace"
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