“Come avrà fatto il miglior servizio segreto al mondo a non accorgersi che il 7 Ottobre 2023 Hamas
stava attaccando Israele?” La domanda è più che legittima leggendo come viene
descritto il servizio segreto israeliano in “Mossad. Una notte a Teheran” di
Michael Sfaradi. Spesso nelle pagine di questa spy story che parte da fatti
reali, infatti, si sottolinea come il lavoro di questo servizio segreto sia
riconoscibile per efficienza, capacità di prevedere i fatti e soprattutto
pulizia. Il romanzo ruota attorno all’operazione segreta — ispirata alla
sottrazione di archivi iraniani resa pubblica da Benjamin Netanyahu nel 2018 —
in cui agenti dell’intelligence israeliana recuperano documenti sul programma
nucleare iraniano. Sfaradi costruisce attorno a questo nucleo una narrazione
serrata che intreccia pianificazione, infiltrazioni, imprevisti sul terreno e
le tensioni politiche e morali che accompagnano un’azione di spionaggio di
portata eccezionale. Il testo privilegia la ricostruzione logistica
dell’operazione e la psicologia degli agenti coinvolti, piuttosto che inseguire
scene spettacolari di azione: molte sequenze sono basate su decisioni tattiche,
silenzi, attese e piccoli gesti che determinano il successo o il fallimento.E letto come opera di fiction il romanzo di Sfaradi funziona veramente bene. E’
congegnato con precisione, mantiene bene la tensione e soprattutto ha
personaggi interessanti, a partire dal protagonista, ovvero l’agente Ilan
Ghorbani, reclutato con altri undici e spedito sotto copertura in Iran, grazie
alla sua conoscenza del farsi, derivata dal fatto che la sua famiglia iraniana
lo era davvero ed era fuggita dal paese degli Ayatollah dopo che questi avevano
spodestato lo Scia Reza Palhavi. Visto il numero questi agenti infiltrati non
possono che essere “Apostoli” e Ghorbani è Apostolo 04. Il nostro eroe giunge
in Iran dopo che nel suo primo incarico, a Berlino, era stato testimone dell’uccisione
di un tecnico della Siemens da parte di un arabo. Ma prima della tragedia aveva
colto un interessante conversazione riguardante progetti di centrifughe per
l’arricchimento dell’uranio. E da qui si dipana la lunga tela del giallo.
Che porterà Ghorbani a rischiare più volte la pelle, ad avere a che fare con i
servizi segreti non solo iraniani, ma anche tedeschi e a conoscere faccendieri
che sguazzano in questo ambiente carico di morti e tensioni e si arricchiscono
come il misterioso belga Andrè Van De Velde. Perché da quelle parti non si
vuole fare business solo con la Gaza Riviera, ma sono anni che i trafficanti d’armi
ingrossano il portafogli a spese di poveri civili.
E con questo James Bond in salsa ebraica non può mancare neanche la canonica Bond-Girl ovvero la sua ex insegnante Saman Yeganeh con la quale intreccerà una delicata love story. Però la trama scorre ed è affascinante, i personaggi sono dettagliati e tutto sommato interessanti e lo stile narrativo quasi cinematografico funziona. Resta sempre la domanda di partenza, facendo la tara sul fatto che si tratti comunque di un’opera di finzione. Come fa un servizio segreto che riesce a sequestrare oltre mezza tonnellata di materiale riservato in casa del nemico a non accorgersi che un manipolo di 200 persone sta entrando nel suo territorio spesso con mezzi di fortuna?
E con questo James Bond in salsa ebraica non può mancare neanche la canonica Bond-Girl ovvero la sua ex insegnante Saman Yeganeh con la quale intreccerà una delicata love story. Però la trama scorre ed è affascinante, i personaggi sono dettagliati e tutto sommato interessanti e lo stile narrativo quasi cinematografico funziona. Resta sempre la domanda di partenza, facendo la tara sul fatto che si tratti comunque di un’opera di finzione. Come fa un servizio segreto che riesce a sequestrare oltre mezza tonnellata di materiale riservato in casa del nemico a non accorgersi che un manipolo di 200 persone sta entrando nel suo territorio spesso con mezzi di fortuna?
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