Sembra
impossibile ma anche al giorno d'oggi è possibile imbattersi in casi letterari
avvolti da un'ombra di mistero. E visto che il “caso” in questione è anche un
raffinato scrittore di racconti gotici che mischiano elementi alchemici e
sovrannaturali, l'intrigo assume contorni ancora più interessanti. Stiamo
parlando di Carlo Hakim De' Medici, che negli anni Venti dello scorso secolo
pubblicò diverse raccolte di racconti. Suo padre era un ricco banchiere ebreo
parigino, che nel 1899 con regio decreto fu autorizzato ad utilizzare anche il
cognome De' Medici, mentre il nonno era stato amministratore della
sinagoga Eliyahu Hanavi di Alessandria D'Egitto. Non è ancora chiaro cosa abbia
portato la famiglia a trasferirsi prima dall'Egitto alla Francia ma,
soprattutto, dalla capitale francese ad un piccolo paesotto ai margini
dell'impero Austro Ungarico come Gradisca D'Isonzo. In ogni caso nella
cittadina goriziana si trova ancora la villa della famiglia De' Medici e qui il
trentacinquenne Carlo iniziò la stesura de “I topi del cimitero” raccolta di
racconti che venne pubblicata nel 1924 dall'editore Bottega d'arte di Trieste e
che ora viene riproposta in un'edizione che contiene anche le illustrazioni
originali dell'autore, da Cliquot Edizioni.
La casa editrice romana ha riscoperto le opere (e anche la misteriosa biografia) dello scrittore gradiscano e ne ha pubblicato, tramite un'operazione dii crowdfunding, il primo romanzo “Gomoria”. Ora ripropone l'edizione de “I Topi del cimitero”. Si tratta di un'opera che riunisce diciotto racconti che, per stessa definizione dell'autore, sono “crudeli”. Si tratta di brevi componimenti, narrati in prima persona, che ripercorrono i classici stilemi del genere gotico: ambientazioni cupe, elementi sovranaturali ed irrazionali, terrore e ragionamenti su vita e morte. La lettura è interessante perchè la scrittura è scorrevole e le suggestioni sono sempre differenti e cariche di fascino. Dire che De' Medici fu una sorta di “Poe friulano” è un complimento, ma ne sminuisce anche la complessità perchè nei suoi scritti si respirano idee schopenaueriane e contatti con le avanguardie sue contemporanee come quelle che esploravano le neonate teorie psicanalitiche. Il pathos e lo stupore presenti nello scritto sono funzionali ad un'indagine introspettiva sulla condizione umana, spesso destinata alla sofferenza e ai sogni frustrati. Particolare anche l'utilizzo del termine “crudeltà” che quasi contemporaneamente veniva utilizzato da Antonin Artaud in Francia. Nelle teorizzazioni teatrali del transalpino la crudeltà era l'unico mezzo per liberarsi da opere troppo razionali per spostarsi verso il sogno, il mondo interiore, l'unico in grado di produrre un cambiamento reale. Lo stesso, moderno, tentativo di De' Medici che però non deve essere stato compreso dai suoi contemporanei, visto che lo scrittore, dopo aver sperperato la fortuna di famiglia, sparì nel nulla come uno dei suoi misteriosi personaggi.
La casa editrice romana ha riscoperto le opere (e anche la misteriosa biografia) dello scrittore gradiscano e ne ha pubblicato, tramite un'operazione dii crowdfunding, il primo romanzo “Gomoria”. Ora ripropone l'edizione de “I Topi del cimitero”. Si tratta di un'opera che riunisce diciotto racconti che, per stessa definizione dell'autore, sono “crudeli”. Si tratta di brevi componimenti, narrati in prima persona, che ripercorrono i classici stilemi del genere gotico: ambientazioni cupe, elementi sovranaturali ed irrazionali, terrore e ragionamenti su vita e morte. La lettura è interessante perchè la scrittura è scorrevole e le suggestioni sono sempre differenti e cariche di fascino. Dire che De' Medici fu una sorta di “Poe friulano” è un complimento, ma ne sminuisce anche la complessità perchè nei suoi scritti si respirano idee schopenaueriane e contatti con le avanguardie sue contemporanee come quelle che esploravano le neonate teorie psicanalitiche. Il pathos e lo stupore presenti nello scritto sono funzionali ad un'indagine introspettiva sulla condizione umana, spesso destinata alla sofferenza e ai sogni frustrati. Particolare anche l'utilizzo del termine “crudeltà” che quasi contemporaneamente veniva utilizzato da Antonin Artaud in Francia. Nelle teorizzazioni teatrali del transalpino la crudeltà era l'unico mezzo per liberarsi da opere troppo razionali per spostarsi verso il sogno, il mondo interiore, l'unico in grado di produrre un cambiamento reale. Lo stesso, moderno, tentativo di De' Medici che però non deve essere stato compreso dai suoi contemporanei, visto che lo scrittore, dopo aver sperperato la fortuna di famiglia, sparì nel nulla come uno dei suoi misteriosi personaggi.
Nessun commento:
Posta un commento