Da autrice di libri per ragazzi sente una responsabilità, come se dovesse, in qualche modo, aiutarli a scoprire sia le loro emozioni che poi quella che sarà la loro vita da adulti?
Se c’è un responsabilità, allora è quella di offrire loro delle belle storie, avendo cura per le parole con cui si raccontano e tenendo sempre in grande considerazione la loro intelligenza e la loro capacità di sentire. Ma immagino che sia lo stesso impegno e lo stesso rispetto che si richiede a qualunque scrittore, a prescindere dall’età dei suoi lettori. Astrid Lindgren, a chi le chiedeva come deve essere un buon libro per bambini, replicava: “Dopo molte lunghe riflessioni posso solo rispondere: deve essere un buon libro.” Si dice che gli italiani siano un popolo di scrittori piuttosto che di lettori?
Lei oltre a scriverli è una lettrice di romanzi per ragazzi? Secondo lei come si è sviluppato il genere negli ultimi anni? Quali sono le storie che la appassionano maggiormente?
Ho cominciato a scrivere per ragazzi proprio perché ero immersa quotidianamente nei libri destinati a loro, grazie agli incontri di promozione della lettura condotti nelle biblioteche: ho scoperto storie indimenticabili e autori meravigliosi. Personalmente, mi attirano di più le storie che si agganciano a eventi realmente accaduti. Ma rimango curiosa, e mi interessa raccogliere anche i consigli di lettura che mi danno i ragazzi: mi piace lasciare che una storia mi sorprenda.
“Nella tua pelle” ha vinto il Premio Campiello. Cosa l’ha spinta a
raccontare una storia molto documentata su una vicenda, quella dei figli della
Guerra, che potrebbe sembrare distante dagli adolescenti di oggi?
“Spingere” è la parola giusta, perché quando mi capita di incontrare una storia
interessante, che chiede di essere raccontata, è proprio come se mi sentissi
costretta da una forza maggiore ad affrontare il lungo periodo di dedizione che
richiede la scrittura di un romanzo. Nel caso di “Nella tua pelle” mi hanno
conquistato e commosso le storie vere dei ragazzini accolti dall’Istituto San
Filippo Neri di Portogruaro alla fine della prima guerra mondiale, ma il
romanzo alla fine non è altro che la storia di un fortissima amicizia, e della
sintonia che può nascere tra le persone anche al di là dei legami familiari.
Sono ingredienti umani, che non hanno età.
Tra i recenti libri per ragazzi me ne segnala uno italiano e uno straniero
che a suo parere meritano attenzione? Per quale motivo?
Tra gli
stranieri, “Albero. Tavolo. Libro.” di Lois Lowry, una storia in cui le parole
(e la loro perdita) sono sigillo e grimaldello. Tra gli italiani, “Quando la
sera la luna ci parla” di Nicola Cinquetti: perché nei libri non ci sono solo
storie, ma anche (come in questo caso) bellissime poesie.
Qual è la cosa più difficile nello scrivere per una fascia d’età che sta
ancora nel guado tra fanciullezza e vita adulta?
Per quanto mi riguarda, scrivo anche
per quella fascia di età. E non lo trovo difficile, semplicemente perché penso
che sia un momento della vita tremendamente interessante da raccontare.
E quali sono state le maggiori soddisfazioni che ha ottenuto nel rapporto coi suoi lettori?Incontrando le classi, ogni tanto mi capita che un ragazzo o una ragazza mi si avvicini alla fine dell’incontro per confessarmi di non essere un forte lettore, ma di aver cambiato idea sui libri grazie alla lettura di uno dei miei romanzi. Credo che non esista una soddisfazione paragonabile!
Nessun commento:
Posta un commento