“La solitudine è un fiume” è il personale ed intimo diario della scrittrice, che racconta senza filtri come ha vissuto e quali erano i suoi pensieri ed emozioni nei giorni che vanno dal 21 Febbraio al 29 Aprile. Uno spaccato di vita quotidiana che va dalla presa di coscienza che un evento epocale sta per travolgere le vite di tutti, fino alla speranza di poter ricominciare una vita finalmente normale, anche se la sensazione è che niente sarà più come prima. E’ il racconto della quotidianità di una famiglia assolutamente ordinaria che deve fare i conti con le preoccupazioni per lo stop alle attività lavorative, scolastiche e anche alle interazioni sociali causato dall’avvento del lockdown attuato per contrastare la pandemia del virus Covid 19.
Luzzi, accogliendo l’invito dello scrittor Paolo Giordano, che dalle colonne di un quotidiano nazionale sosteneva che in un momento come quello attuale “sarebbe un delitto non prendere appunti”, si mette completamente in gioco facendo trasparire le proprie ansie, le preoccupazioni per il futuro della propria famiglia che vengono anche somatizzate anche tramite fastidiosa irritazione cutanea, e per i propri cari. C’è un costante pendolo tra la felicità data dalle piccole cose alla disperazione cupa indotta dai numeri ossessivi di contagi e morti. Tutto sembra difficile, anche scrivere o cercare di recuperare una certa socialità, perché le parole suonano spesso vuote. D’altro canto, anche se può suonare paradossale, i moderni mezzi di comunicazione e l’aumento del tempo libero da riempire favoriscono anche il riallacciarsi di rapporti con persone e amici che vivono lontani. Gli appuntamenti che scandivano le esistenze sono quasi scomparsi e l’unico punto fermo della giornata, anche se decisamente lugubre, sembra il consueto bollettino delle 18.00 della Protezione Civile.
Dopo aver esposto le proprie ansie e preoccupazioni Lisa Luzzi ha trovato una via per superare il proprio dolore e senso di inadeguatezza ed impotenza: proteggere la bellezza che è nel mondo e in noi stessi. Un po’ come faceva il Piccolo Principe di Saint Exupery con la sua rosa. E lo ha fatto dando forma di parole alle proprie emozioni. Un po’ per esorcizzare le proprie paure e un po’ per far capire a tutti che sentimenti e preoccupazioni sono una cosa comune a tutti
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