Da un lato Neto, Cjis e Lido. Dall'altro Bubi, Ciccio e Benito. Non sono i nomi di un
nuovo trio musicale o dei membri di una staffetta sportiva, ma, semplicemente i
protagonisti de “La Fuga Selvaggia”, romanzo del gemonese Renzo Brollo, edito
per i tipi delle Edizioni della Sera. La fuga è duplice: i primi tre,
ottuagenari con iniziali sintomi dell'Alzheimer, fuggono nottetempo da una casa
di riposo del Friuli Collinare per raggiungere la casa di Lido, in quel di
Rosticino Polesine. Obbiettivo: non cederla ai figli di quest'ultimo e non
perdere il carico di ricordi che l'abitazione porta con se. Nel contempo dal
canile di Ferrara, gestito dalla malvagia “Vecchia Bastarda” riescono ad
evadere anche i secondi, ovvero un molosso, un boxer e un bastardino senza
pedigree, stanchi di essere maltrattati e denutriti. Le storie di questi
particolari fuggitivi si intersecano: i tre vecchietti nella loro fuga, anelito
della libertà perduta, riusciranno a riscoprire, grazie a persone incontrate
casualmente nel loro cammino (il bonario agente di commercio Gino, il burbero
oste Quinto e la dolce figlia Manuela, il veterinario sui generis Pietro)
l'esistenza di affetto e calore umano che ormai i loro familiari, mossi solo da
interessi personali ed economici, non dedicano più loro. Mentre la “parte
canina” della storia ci fa vedere come talvolta sia molto più ferina e crudele
la natura umana piuttosto che quella animale. Nelle nebbie della Pianura Padana
le esistenze animale e umana si incontreranno, riconoscendosi come entrambe
bisognose d'affetto reciproco.
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