Ma qual è il senso di ripresentare al pubblico un'opera di oltre cent'anni fa? Ostermann la scrisse nell'Italia post unitaria con lo spirito di ricondurre la saggezza popolare tipica di ogni regione ad un quadro più ampio, facendo vedere che, tutto sommato, molte tradizioni soprattutto contadine erano simili lungo tutto lo Stivale.
Ai giorni nostri, con la riscoperta di uno stile di vita che vuole rallentare i ritmi frenetici e riappropiarsi di alcune antiche usanze, e col ritorno di interesse per l'agricoltura e la riscoperta dell'erboristeria, l'opera dell'etnologo friulano risulta una raccolta di suggestioni che il lettore può leggere anche in maniera non schematica, saltabeccando di pagina in pagina e tra i vari argomenti facendosi guidare dalla curiosità.
Le singole sezioni, infatti, presentano le spiegazioni dei fenomeni, alternate a frammenti poetici popolari e una ricca serie di aneddoti che rende la lettura più piacevole e non pesante.
I dodici capitoli nei quali è divisa l'opera partono dalle usanze contadine, basate su tempi scanditi dal raccolto e dagli effetti atmosferici, e raccontano gli usi di agricoltori e allevatori, portando alla luce i benefici (o i malefici) causati da piante ed animali oltre che dai piatti tipici della gastronomia friulana.
Si passa poi alle usanze riguardanti la vita sociale e a tutte le sue sfaccettature (il bon ton degli innamorati, la vita coniugale e lavorativa, la crescita dei figli, la malattia e la morte).
Ricco il capitolo che racchiude tutte le credenze relative a Santi e Benandanti opposti a presenze demoniache, streghe, gnomi e alle tipiche divinità d'acqua ovvero le Agane. Particolare poi il caso delle "indemoniate di Verzegnis" che capitò pochi anni prima della scrittura dell'opera (esattamente nel 1878). In questo paesino della Carnia parecchie donne davano in escandescenze alla vista dei simboli sacri e le autorità furono costrette ad intervenire. Prima con un esorcismo di massa effettuato in quel di Clauzetto e poi addirittura con un indagine medica ordinata dal tribunale di Tomezzo al dottor Fernando Franzolini, che dopo attenta analisi diagnosticò un'epidemia di "istero-demonopatia".
Come scrive lo stesso Ostermann nell'incipit de “La vita in Friuli”: “Ho studiato con affetto profondo il mio caro Friuli e ho voluto mostrare francamente i pregi e i difetti di codeste forti popolazioni perchè tanto questi come quelli riescano d'esempio ad esse e ad altri. Mi dirò pago se i miei compatrioti apprezzeranno almeno il mio buon volere”. Un ottimo contributo che si unisce a quello dato da altri pionieristici studiosi che raccogliendo testimonianze di ricchi, poveri, borghesi e contadini, uomini e donne, cercano di fotografare in maniera precisa e realistica l'Italia appena unitasi. L'obiettivo sarà quello di riunire lingue, usanze, leggi per costruire un immaginario e una "lingua" comune. perchè, come diceva una massima attribuita a D'Azeglio "Fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani"
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