Trieste è certamente una città strana e contraddittoria, ma forse, proprio per questo, estremamente
affascinante. Ed è la città dove i genitori di Alma, protagonista eponima del
romanzo di Federica Manzon, edito da Feltrinelli e vincitore del Premio
Campiello 2024, decidono di crescere la propria figlia. Una dicotomia quella
che in un breve fazzoletto di terra ti mette di fronte al mare Adriatico e subito
dopo all’asprezza del Carso che si riflette immancabilmente anche sui caratteri
e le vite delle persone.La mamma di Alma è nata respirando area di Austria Ungheria con gli austeri
genitori che l’hanno cresciuta tra le rassicuranti comodità del colle di San
Vito, la cucina mitteleuropea e la cultura dell’impero Asburgico. Forse per
questo, per la perfezione che soffoca, nella sua vita da adulta ha deciso che
sarebbe stato il disordine creativo la sua cifra distintiva e ha scoperto di
avere un talento: capire le persone alla Città dei Matti, rivoluzione
copernicana favorita proprio in città dall’avvento dello psichiatra Franco
Basaglia. Ma Trieste è città di confine è il papà di Alma viene da “di là”
ovvero da oltre confine: sono gli anni ’70 ed è ancora la Jugolslavia di Tito
per il quale il giovane idealista dall’animo zingaro lavora. Alma quindi
respira l’aria di “Unione e fratellanza” come recita il motto della Jugoslavia
titina, specie quando va nell’isola di Brioni, di fronte a Pola, che il
Maresciallo vestito di bianco e dagli occhi di vipera ha eletto come sua
residenza ufficiale, tra improbabili animali esotici portati là appositamente.
Il padre di Alma scrive i discorsi per il Maresciallo e spesso sparisce
oltreconfine lasciando moglie e figlia da sole in attesa sulla casa nel Carso.
Alma è un’anima lunga, intelligente ed un giorno si trova a dover convivere con
Vili, figlio di dissidenti serbi che suo padre prende in casa con loro. Nasce
un rapporto fortissimo di odio e amore, come quello che solo coloro costretti
loro malgrado alla convivenza possono provare. Tramite Alma e Vili Fedrica
Manzon ci porta a scoprire la sfaccettata e contraddittoria anima triestina, in
un puzzle di luoghi che richiamano l’incredibile storia di questa città di
frontiera. Che sia il magazzino 18 in Porto Vecchio, piuttosto che i Topolini a
Barcola, per finire al Bagno Ausonia sulle rive i luoghi raccontano storie. E
Alma e Vili pure apparentemente evitandosi lasciano parlare i loro corpi per
consolidare il loro rapporto. Poi ci sarà l’evento che cambierà tutte le loro
vite: la guerra che porterà alla dissoluzione della Jugoslavia. Vili tornerà a
Belgrado e Alma diventata giornalista lo inseguirà scoprendo e raccontando gli
orrori di una guerra fratricida. I due non si vedranno per una trentina d’anni.
Nel frattempo Alma si è trasferita a Roma e dovrebbe raccontare un’altra guerra
che viene dall’est, quella Ucraina. Ma la morte del padre, rimasto per gli
ultimi decenni della sua vita traumatizzato per la dissoluzione di quello che
era il suo mondo e anche dalle atrocità viste a Vukovar, la costringe a tornare
a Trieste per recuperare una fantomatica eredità, rivedere Vili e fare i conti
col proprio passato.
Manzon è brava a raccontare una città partendo da luoghi che conosce e riesce a trasferirne l’aura ai propri lettori. Chi ha vissuto in città sa perfettamente di cosa si parla, ma, credo, che anche chi non ha mai messo piede a Trieste possa capirne l’essenza. Le vite di Alma e Vili sono irrimediabilmente immerse in quelle che il padre di Alma chiama la Storia e la Geografia e ne sono influenzate inevitabilmente. Riannodando i fili della sua esistenza, un’esistenza che spesso l’ha fatta sentire straniera in tutti i luoghi, anche a casa, Alma ci permette di riflettere nuovamente sull’immane tragedia che si è consumata a pochi chilometri dalla nostra regione, e, nello stesso tempo, sui concetti di famiglia, appartenenza e memoria.
Manzon è brava a raccontare una città partendo da luoghi che conosce e riesce a trasferirne l’aura ai propri lettori. Chi ha vissuto in città sa perfettamente di cosa si parla, ma, credo, che anche chi non ha mai messo piede a Trieste possa capirne l’essenza. Le vite di Alma e Vili sono irrimediabilmente immerse in quelle che il padre di Alma chiama la Storia e la Geografia e ne sono influenzate inevitabilmente. Riannodando i fili della sua esistenza, un’esistenza che spesso l’ha fatta sentire straniera in tutti i luoghi, anche a casa, Alma ci permette di riflettere nuovamente sull’immane tragedia che si è consumata a pochi chilometri dalla nostra regione, e, nello stesso tempo, sui concetti di famiglia, appartenenza e memoria.
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