Sono trentatrè piccoli gioielli di scrittura quelli che vanno a comporre il corpus
di racconti “Memorie della foresta” di Damir Karakas (Bottega Errante Editore).
Piccole narrazioni che con un linguaggio fresco, ma non banale, ci raccontano
una sorta di romanzo di formazione, spezzettato in piccoli quadri. Damir Karakaš
è stato reporter di guerra in Croazia, Bosnia e Kosovo. Ha vissuto per cinque
anni a Parigi, dove si è mantenuto suonando la fisarmonica. E’ partito dalla
Lika, regione povera e montuosa della Croazia che ha dato i natali anche a
Nikola Tesla, composta di villaggi rurali, dalla forte impronta patriarcale. E’
proprio da un piccolo villaggio di quella zona che Karakas parte per
raccontarci le sue storie. Quelle che hanno per protagonista un ragazzino, con
un misterioso problema al cuore, che scopre pian piano la vita.
Una vita
complicata, quella degli anni ’70 in quella parte arretrata di Croazia dove la
vita quotidiana parla di faticosi lavori agricoli e di gestione del bestiame e
dove anche “essere il più veloce a parcheggiare le vacche in retromarcia” può
essere considerato come una medaglia al valore. Ci sono poi i sogni, che
accomunano tutti gli adolescenti del mondo. Quello di una carriera militare che
faccia uscire dal piccolo villaggio, oppure quella sportiva, anche se gli
esempi presenti in loco sono tuttaltro che fulgidi. Basti pensare al Tartaruga,
rispettato nel villaggio e idolo dei ragazzini per le proprie capacità
atletiche, ma in realtà ultima delle riserve nella squadra di calcio del paese.
Fortunatamente ci sono le amicizie e le zingarate da compiere con i compagni di
sempre come Nenad, Pejo e Mali, e la saggezza dei vecchi del paese come nonno
Mile dal quale si può andare ad ascoltare la partita di calcio alla radio. Un
bel modo per affrancarsi da un padre oppressivo, ossessionato dal fatto di
avere un figlio tutto sommato difettoso e dal quale potrà ottenere rispetto
solo dopo aver dimostrato una certa prestanza fisica. Nel villaggio oltre
all’inquietante presenza di un orso irrompe anche la tecnologia. I lussi sono
quelli di avere un boiler in casa o l’ultimo modello di tv, che con abili
stratagemmi può diventare anche a colori. E non c’è soddisfazione maggiore di
una lunga scarpinata per raggiungere il cinema più vicino e guardare un film
facendosi solleticare il palato da una Coca Cola. Il racconto potrebbe
benissimo ricordare quello che si viveva nelle zone rurali del Friuli del
secondo dopoguerra. Ma tutto sommato la vita in quel piccolo villaggio della
Lika è semplice, dura e con sentimenti rudi perché l’importante rimane pur
sempre sopravvivere. Se, invece, si vuole crescere ed evolvere è necessario
armarsi di coraggio, andare via e attraversare una foresta dentro la quale si
sfida l’ignoto.
Nessun commento:
Posta un commento