A febbraio 2022 il teatro di Casarsa aveva ospitato un evento teatrale “L’altro Pasolini. Guido, Pier
Paolo, Porzûs e...” nel quale lo storico
e saggista Andrea Zannini - professore ordinario di Storia moderna
all’Università di Udine, dove dirige il Dipartimento di studi umanistici e del
patrimonio culturale - accompagnato dall’attore Massimo Somaglino raccontava il
rapporto tra i due fratelli Pasolini utilizzando documenti, lettere e materiale
poetico. In seguito Zannini ha pubblicato per i tipi di Marsilio “ L’altro Pasolini.
Guido, Pier Paolo, Porzùs e i Turchi”. Si tratta di un racconto circostanziato
che non solo indaga i rapporti tra i due fratelli, ma anche e soprattutto la
rielaborazione psicologica, morale e politica che Pier Paolo farà sulla
Resistenza, sull’uccisione del fratello e dell’eccidio di Porzus, dove Guido
verrà assassinato per mano di un commando di gappisti, guidati da Mario
Toffanin “Giacca”. E cerca di farlo ricostruendo anche la genesi dei “Turcs Tal
Friul” , capolavoro teatrale di Pier Paolo che l’intellettuale, fin quando in
vita non volle mai vedere pubblicato.Il libro ricostruisce la vita (e la
morte) di Guido partendo da due filoni: quanto scritto dagli studiosi di PPP e
quanto scritto dagli studiosi di Porzus. I due fratelli hanno carattere molto
diverso. Guido, che è di tre anni più giovane è più focoso, si lancia in
spericolate imprese con l’amico Renato Lena, ruba armi, fa sabotaggi. Non a
caso i due di fronte alle scelte durissime da compiere durante il periodo
resistenziale, prenderanno strade diverse. Pier Paolo, come avrà modo di dire,
farà la resistenza con le armi della
poesia, mentre Guido abbraccerà quelle reali, unendosi alla Brigata Osoppo e
prendendo il nome di battaglia di Ermes. Qui Zannini ci porta a conoscere le
dinamiche che intercorrevano tra gli osovani e i partigiani comunisti della
Brigata Garibaldi. Guido è critico con sloveni e garibaldini che ritiene
arrendevoli in situazioni che mettono in difficoltà l’Osoppo. In più i rapporti
si fanno tesi quando li paragona ai fascisti perché sostituiscono un pensiero
unico ad un altro pensiero unico, ancora prima che la Garibaldi venga inglobata
nel IX Corpus Jugoslavo. Vuole
combattere “per il tricolore e non per uno straccio rosso”. Da un lato gli
osovani, quasi tutti di formazione borghese avevano visto le atrocità fatte
dagli italiani in Jugoslavia, ma non si fidavano degli slavi. Dall’altro i
garibaldini tutti proletari vedevano un nuovo modo di vivere che poteva
affermarsi. Il terzo elemento era quello slavo che aveva già iniziato ad
avanzare pretese territoriali: Trieste, Gorizia, ma anche aree più interne dove
c’erano comunità slavofone come le Valli del Natisone e il Collio e un confine
ideale che andava dal medio Tagliamento all’Isonzo nella sua parte meridionale. Lo studioso ci spiega le varie linee
interpretative date all’eccidio: regolamento di conti per antipatie personali,
modo per spianare la strada alle rivendicazioni slave sulle terre di confine
friulane e perfino, è l’ipotesi sostenuta ad esempio da Alessandra Kersevan,
l’eccidio come strumento che grazie all’Osoppo e ai serivzi segreti americani
avrebbe squalificato la Resistenza e reso più forte l’atlantismo. A sostegno di
questa tesi si sottolineanoi rapporti che gli osovani ebbero con gli occupanti
tedeschi e altri collaborazionisti che la termine della guerra sarebbero
entrati in Gladio e Stay Behind. Ma in tutto questo come affronto dolore ed
ideologia Pier Paolo? Sostanzialmente sostenendo la separazione tra la memoria
individuale e la storia generale. I responsabili sono sicuramente tra le fila
del PCI e quindi suoi compagni di quel periodo. Allo stesso tempo cerca di non
sminuire il valore della Resistenza, all’interno della quale Porzus fu un
episodio, una macchia indelebile e tragica, ma un episodio. E i “Turcs Tal
Friul” si inseriscono proprio in questo dissidio umano e filosofico perché
probabilmente scritti dopo la morte di Guido. I Turchi che vennero
effettivamente a Casarsa nel 1499 erano in realtà slavi del sud e appare
evidente l’analogia con i “moderni” jugoslavi. Guido è come l’eroe Meni che li
affronta, Pauli come i casarsesi e lo
stesso PPP che si rinchiudono in chiesa in attesa di miracolo. Perché allora
non pubblicarla visto che lo stesso Pier Paolo la riteneva un’opera riuscita?
Probabilmente col tempo gli apparve come un’opera superata e nazionalista. In
questa maniera Pier Paolo riuscì a tenere insieme le tragedie della guerra e la
luce della Resistenza, la memoria di Guido e la storia di Ermes.
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