Due esistenze femminili, quelle di Maria e Rosa, madre e figlia, che fin dal primo
giorno paiono vivere in simbiosi. Ce le racconta Paola Cosolo Marangon,
formatrice e consulente educativa che ha già nel suo carnet altre opere di
narrativa come “La casa lungo la ferrovia” del quale il nuovo “Storia di Rosa”
(Forum Editrice) rappresenta l’ideale continuazione. “Storia di Rosa” è un
racconto a due voci, ambientato tra il secondo dopoguerra e gli anni Settanta.
In questo continuo contrappunto che mette in rapporto le vite di madre e figlia
otteniamo uno spaccato veritiero ed emozionale di come si viveva in quel
periodo in Friuli Venezia Giulia (nello specifico nel paese di Turriaco). Una narrazione che
si potrebbe definire pura, perché avviene con quelli che sono gli occhi di una
bambina appena entrata nella fase dell’adolescenza e che racconta di legami
familiari, come quello con il nonno materno, difficoltà di relazionarsi con un
mondo adulto, spesso complicato da capire, e piccole passioni.
Rosa ci racconta
del suo cammino di giovane donna alternando le gioie per le piccole cose, come
il ricamo, alle passioni e i sogni che nascono dalle letture e che la fanno
immaginare come donna matura ed indipendente a dispetto di una figura femminile
che in quegli anni pareva potesse venire relegata solo ed esclusivamente ai
lavori domestici. Rosa, pur nel suo carattere introverso, così diverso da
quello solare della sorella minore Elisabetta, riesce a ricostruire la tenera
storia d’amore tra i propri genitori e a raccontare con pudore e dignità
l’esperienza della malattia che segna profondamente la vita di sua madre Maria,
ma, inevitabilmente anche quella dell’intera famiglia. Lo scrivere e il
raccontare è anche un modo per elaborare il lutto e riuscire a non nascondersi la
realtà delle cose. Ci riesce Rosa, che da piccola era abituata a rifugiarsi nel
suo mondo privato sotto ad un tavolino e ci riesce meno suo padre Luigi che
tenta di nascondere fino all’ultimo le condizioni di salute della moglie, un
po’ per proteggere le giovani figlie e un po’ perché cerca di nascondere anche
a se stesso quello che ormai sarà inevitabile. A giungere in soccorso alla
piccola Rosa ci pensa anche Cesare Pavese, con ii versi di “Verrà la morte e
avrà i tuoi occhi” che la giovane ritiene quasi scritta per descrivere la
condizione di Maria. Ma, alla fine, per la ragazza l’importante sarà aver
vissuto intensamente, anche se per pochi anni con la madre, che le resterà
comunque sempre a fianco perché “in fondo la morte esiste solo per chi ci crede”.
E la piccola Rosa cercherà di sfidare la morte e la perdita di una persona
unica ed insostituibile contrapponendole tutta la propria voglia di vivere.
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