Brutti,sporchi e cattivi. Come in un film di Ettore Scola ecco che arrivano i Ros, protagonisti
de “La Valle dei Ros” (Bottega Errante), ultima fatica della storica dell’arte
e appassionata narratrice tolmezzina Raffaella Cargnelutti. Il vecchio Ros, col
suo capello rosso, l’occhio spiritato, l’odore acre e una grande resistenza
all’alcool è quasi un personaggio verghiano: non solo per l’esteriorità alla
“Rosso Malpelo” ma, soprattutto perché in lui c’è l’ossessione per la “roba”
come nel Mazzarò della famosa novella e soprattutto perché lui e il figlio
Sisto pur essendo potenti e temuti sono destinati alla sconfitta, alla
distruzione e alla solitudine. In ogni caso il Ros grazie alla sua bravura come
malgaro, ma soprattutto per i fiorenti traffici da contrabbandiere che è
riuscito a organizzare ad inizio Novecento, si ritrova le tasche piene di
palanche e decide di acquistare pezzo per pezzo un’intera valle carnica.
Approfitta delle difficoltà dei valligiani per diventare il padrone incontrastato
della località, che presto acquisirà pure il suo nome. Assieme al figlio
spadroneggerà per oltre un cinquantennio, passando indenne e anzi aumentando il
proprio prestigio durante i due conflitti mondiali e mettendo in mostra il
proprio carattere di approfittatore violento e senza scrupoli, con un debole
per le donne, considerate alla stregua di oggetti da possedere. Per entrambi i
Ros il concetto di famiglia si riduce al dominio, da rimarcare tramite sonore
bastonate, su moglie e figli che sono forza lavoro gratuita da sfruttare.
Tuttavia pur potendo fare vita da signori sia padre che figlio sono dei
lavoratori infaticabili quasi maniacali. Ma “La valle dei Ros” non è solo la
storia dei Ros. Cargnelutti costruisce abilmente in ogni capitolo la storia di un
valligiano, che si connette con le esistenze di tutti gli altri. Come in ogni
paese anche nella Valle ci sono personaggi singolari, quasi da leggenda.
Conosciamo volentieri le storie della cartomante Dirce, dell’oste Oreste, di
Mario il monco, del partigiano Branko, di Don Carlo e del becchino Rino e di
molti altri. Vite difficili, colme di tragedie, minate da guerre, carestie e occupazioni straniere. Storie di migrazioni
per cercare lavoro e cambiare prospettiva rispetto a quell, ristretta, della
Valle. E poi vogliamo sapere anche come va a finire la vicenda che, alla fine,
si tinge anche di giallo. A risolverla viene chiamato dalla lontana Sicilia,
terra verghiana non a caso, il brigadiere Santalucia. Per lui in premio un
trasferimento in quel di Belluno. Per la Valle, priva ormai di padroni, dove la
natura è contemporaneamente madre e matrigna e da da vivere, ma causa anche
difficoltà, c’è un ultimo scossone: la terra decide di iniziare a tremare
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